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Le basi militari statunitensi sono le maggiori responsabili dell'inquinamento mondiale

La Stazione Navale di Virginia Beach ha riversato circa 350 metri cubi di carburante per jet in un vicino corso d’acqua, a meno di un chilometro e mezzo dall’Oceano Atlantico: questo è solo un esempio
2 settembre 2019
Whitney Webb
Tradotto da Fiorenza Merati per PeaceLink
Fonte: Ecowatch - 15 maggio 2017

La base aeronautica abbandonata in Groenlandia

La scorsa settimana, poca risonanza è stata data dai media al fatto che la Stazione Navale di Virginia Beach ha riversato circa 350 metri cubi di carburante per jet in un vicino corso d’acqua, a meno di un chilometro e mezzo dall’Oceano Atlantico.

Sebbene l’incidente non sia stato catastrofico come altri sversamenti, l’episodio sottolinea un fatto importante ma ancora poco conosciuto, e cioè che il Dipartimento della Difesa statunitense è il maggiore responsabile dell’inquinamento, sia della nazione che del mondo intero.

Producendo più rifiuti pericolosi delle cinque più importanti compagnie chimiche statunitensi messe insieme, il Dipartimento della Difesa ha lasciato la sua eredità tossica in giro per il mondo in forma di uranio impoverito, petrolio, carburante per jet, pesticidi, defolianti come l'Agente Arancio e piombo, per citarne solo alcuni.

Nel 2014, l’allora capo del Programma Ambientale del Pentagono, comunicò al Newsweek che il suo ufficio doveva vedersela con 39.000 aree contaminate distribuite su 19 milioni di acri di terreno solo negli Stati Uniti.

Le basi militari statunitensi, sia su territorio nazionale che su territorio straniero, vengono costantemente classificate come le aree maggiormente inquinate del mondo, a causa del perclorato e di altri componenti del carburante di jet e razzi contaminano sorgenti di acqua potabile, falde acquifere e il suolo. Centinaia di basi militari rientrano nella lista del Programma Superfund dell’Agenzia per la Protezione Ambientale U.S. (EPA), che dovrebbe garantire la bonifica di questi siti da parte del governo statunitense.

Quasi 900 dei circa 1,200 siti inclusi nella lista del Programma Superfund sono strutture o aree abbandonate che supportano le necessità delle basi militari, senza contare le basi militari stesse.

“Quasi ogni base militare in questo Paese occupa un sito seriamente contaminato" ha dichiarato al Newsweek nel 2014 John D. Dingell, membro del Congresso e veterano di guerra. Camp Lejeune a Jacksonville, in North Carolina è una di questi siti. La contaminazione di Camp Lejeune diventò molto diffusa e anche mortale dopo che il suo sottosuolo venne inquinato con una considerevole quantità di sostanze cancerogene tra il 1953 e il 1987.

Nonostante ciò, solo a febbraio di quest'anno il Governo ha permesso alle persone esposte agli inquinanti chimici di Camp Lejeune di fare richiesta di risarcimento. Anche all'estero numerose basi militari hanno contaminato le forniture di acqua potabile, il caso più eclatante è quello della base aeronautica di Kadena a Okinawa.

Tra il 1946 e il 1958, gli Stati Uniti hanno sperimentato 66 armi nucleari vicino all'atollo Bikini. La popolazione che abitava la vicina isola di Marshall è stata esposta a livelli misurabili di radiazioni da questi test

Inoltre, gli Stati Uniti, essendo la nazione che ha condotto più test sulle armi nucleari di tutte le altre nazioni messe insieme, sono anche responsabili dell'enorme quantità di radiazioni che continua a contaminare diverse isole dell’Oceano Pacifico. Le Marshall Islands, dove gli Stati Uniti hanno sganciato più di 60 armi nucleari tra il 1946 e il 1958, rappresentano un esempio rimarchevole. Gli abitanti delle Marshall Islands e della vicina isola di Guam, continuano a registrare un livello di incidenza di tumori particolarmente alto.

Gli stati del Sud Est americano sono stati anch’essi oggetto di numerosi test su armi nucleari che hanno contaminato ampie aree di terreno. Le riserve degli indiani Navajo sono state inquinate da miniere di uranio, ora abbandonate da lungo tempo, da cui i costruttori delle armi nucleari ricavavano le materie prime.

Una delle più recenti testimonianze degli orrendi record ambientali degli Stati Uniti è rappresentata dall'Iraq. Le azioni dei militari statunitensi hanno portato alla desertificazione del 90% del territorio iracheno, paralizzando l’agricoltura del paese e costringendolo a importare più dell'80% del cibo necessario alla popolazione. L'uso dell'uranio impoverito da parte degli Stati Uniti durante la Guerra del Golfo ha causato un onere ambientale davvero pesante per gli iracheni. Ancora, la politica dell’esercito americano di utilizzare discariche a cielo aperto dove stoccare i loro rifiuti dal momento del loro arrivo nel 2003, ha causato un’ondata di incidenza di tumori sia tra gli addetti alla manutenzione statunitensi che tra i cittadini iracheni.

Il passato del comportamento ambientale dell'esercito statunitense fa pensare che la sua politica attuale sia insostenibile, di fatto non ha dissuaso l'esercito statunitense dal pianificare apertamente future contaminazioni ambientali attraverso imprudenti sforzi di smaltimento di rifiuti. Lo scorso novembre, la Marina Militare statunitense ha annunciato il suo programma di rilasciare nell’ambiente circa 20000 ton di “stressor” ambientali, inclusi metalli pesanti e esplosivi, nelle acque costiere del nord ovest del Pacifico nel corso di quest'anno.

Il programma, steso nella Dichiarazione sulle esercitazioni e test dell'impatto ambientale della Marina Militare del Nord Ovest statunitense (Navy's Northwest Training and Testing  Environmental Impact Statement), omette di menzionare che questi “stressor" sono descritti dall’EPA come rischi noti, molti dei quali sono altamente tossici sia a livelli acuti che a livelli cronici.

Le 20,000 tonnellate di “stressor" menzionate nella Dichiarazione di Impatto Ambientale, non considera le ulteriori da 4.7 a 14 tonnellate di “metalli con potenziale tossicità” che la Marina Militare ha in programma di rilasciare annualmente, d’ora in avanti, nelle acque interne allo Stretto di Puget nello stato di Washington.

In risposta alle preoccupazioni su questo programma, una portavoce della Marina Militare ha dichiarato che metalli pesanti e uranio impoverito non sono più pericolosi di qualunque altro metallo, una dichiarazione che rappresenta un chiaro rifiuto delle evidenze scientifiche. Sembrerebbe che le forti intenzioni dell’esercito statunitense di “mantenere gli Americani al sicuro" abbiano un costo molto maggiore rispetto a quello di quello che pensa la maggior parte della popolazione. Un costo che graverà su diverse generazioni in futuro, sia statunitensi, sia di altre Nazioni.

Tradotto da Fiorenza Merati per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: U.S. Military Is World’s Biggest Polluter

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