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Benzene cancerogeno nel quartiere Tamburi di Taranto

Il 17 giugno l'ad Lucia Morselli (ArcelorMittal Italia) ha dichiarato a Bruno Vespa: "Dobbiamo essere tutti orgogliosi di questo impianto, il più bell'impianto d'Europa, il più moderno, il più potente, tutti ce lo invidiano". Intanto il benzene della cokeria faceva impennare le centraline.
19 giugno 2020
Associazione PeaceLink

ILVA di notte

Il benzene continua ad aumentare in questi giorni nel quartiere Tamburi di Taranto, nonostante la produzione dello stabilimento ILVA sia ai minimi storici.

Ricordiamo che il benzene è un cancerogeno certo, classificato dalla IARC nel Gruppo 1.

Il 17 giugno il benzene in via Orsini, nel quartiere Tamburi, è arrivato a 5,7 microgrammi a metro cubo (mcg/m3), valore elevato se si considera la serie storica dei valori rilevati in quel Quartiere (si vedano i grafici di seguito riportati). A tale valore non si arrivava facilmente neanche ai tempi dei Riva. 

Sull’origine del benzene non sembrano esserci dubbi: più ci si avvicina all’Ilva e più i valori salgono. Saliva ieri per il benzene a 6,3 mcg/m3 al muro di cinta dell’ILVA (centralina Meteo-Parchi) e arrivava a 28 mcg/m3 in cokeria. Mentre nella centralina di via Machiavelli (Tamburi), più distante rispetto a quella di via Orsini, il valore era 2,6 microgrammi a metro cubo. Vi è quindi una netta progressione nella traiettoria che congiunge le quattro centraline di monitoraggio (in parte Arpa e in parte Ispra): via Machiavelli, via Orsini, Meteo-Parchi e cokeria. 

Siamo in presenza di un fenomeno anomalo che può avere una spiegazione: la trascuratezza nell’attuale gestione degli impianti dello stabilimento siderurgico. Non è spiegabile altrimenti, visto che a una produzione ridotta si assiste a un inquinamento aumentato per parametri così delicati come il benzene.

Di fronte a questi dati non possiamo che dire una cosa: purtroppo lo stabilimento risulta pericoloso anche a bassi livelli produttivi in queste condizioni di gestione. Ragion per cui il fermo degli impianti appare l’unico modo per tutelare la salute pubblica. La riduzione della produzione non garantisce infatti, con questa gestione degli impianti, una riduzione delle emissioni cancerogene, come il benzene. E pertanto rinnoviamo la richiesta di fermare questi impianti (sotto sequestro ma con facoltà d’uso) che non garantiscono una compatibilità con il territorio neppure a livelli produttivi minimi come quelli attuali.

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