Cari europarlamentari: quando direte "not in my name"?
Cari parlamentari europei,
avrete letto la recente dichiarazione del portavoce per gli Affari Esteri dell'Unione Europea, Peter Stano, in cui si esprime il sostegno ufficiale dell'UE all'offensiva terrestre lanciata dall'Ucraina su territorio russo in quanto l'Ucraina, così ha dichiarato, "ha il diritto di colpire il nemico anche sul suo territorio".

Ma fino a ora non si leggono prese di posizione che dicano "not in my name", ossia che l'Unione Europea ha rilasciato una dichiarazione impegnativa ma senza dibattito e senza consenso.
E' giusto chiedervi: questo sostegno ufficiale dell'UE all'offensiva in territorio russo riflette anche il vostro pensiero? Peter Stano parla a nome vostro?
Se non siete d'accordo ditelo, non rimanete in silenzio.
Abbiamo preparato un testo: "not in may name". Lo potrete utilizzare o adattare come ritenete opportuno. Trasformatelo in un bel comunicato. Utilizzatene gli argomenti di fondo anche se non siete pacifisti perché, a leggerlo bene, ci troverete tutti i principi per cui alcuni di voi hanno approvato la guerra e l'invio delle armi.
L'Europa ha bisogno di voci coraggiose e ciò significa prendere anche posizioni scomode.
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
NOT IN MY NAME
L'attacco dell'esercito ucraino su suolo russo ha aperto un nuovo ambiguo capitolo nella guerra in corso. Infatti l'Ucraina, dal punto di vista del diritto internazionale, non sta obbedendo al principio di legittima difesa.
Nel corso degli ultimi anni, l'Ucraina ha ottenuto un sostegno quasi unanime da parte dell'Occidente. Di fronte a un'invasione brutale, Kiev ha saputo incanalare la simpatia internazionale, delineando un quadro chiaro: una nazione aggredita che resiste all'aggressore.
Chi è l'aggredito? Chi è l'aggressore?
Chi è che attacca? Chi è che si difende?
Con queste semplici domande venivano stabiliti i termini del problema e si chiariva che il principio di autodifesa era il cardine dell'azione militare legittima.
Tuttavia, con l'attuazione a sorpresa di attacchi sul territorio russo, tutto cambia. In passato gli sconfinamenti in territorio russo sono stati compiuti da formazioni irregolari, senza dichiarazioni ufficiali di Kiev. Venivano presentate come azioni per provocare una sollevazione delle popolazioni russe sottomesse al giogo di Putin. Ma non hanno suscitato alcun effetto sperato, anche perché le formazioni paramilitari promotrici degli sconfinamenti in territorio russo si richiamavano all'estrema destra.
Oggi una guerra di difesa non può trasformarsi in guerra di attacco senza cambiare la sua "legittimità" dal punto di vista del diritto internazionale.
Inoltre questa escalation potrebbe motivare ritorsioni da parte russa. L'attacco odierno offrirebbe a Putin un pretesto per imporre una guerra a oltranza fino alla "demilitarizzazione" dell'Ucraina e, in buona sostanza, alla sua capitolazione.
Oggi l'Europa dovrebbe mostrare coerenza: sostenere l'Ucraina nella sua legittima difesa ma richiamarla al rispetto delle regole e dei principi che l'Occidente dice di promuovere.
In questo contesto, la posizione della Casa Bianca appare significativamente diversa e più cauta rispetto a quella dell'Unione Europea. Gli Stati Uniti, sebbene siano stati tra i principali sostenitori dell'Ucraina, hanno espresso più volte la loro perplessità riguardo agli attacchi sul suolo russo. Questa cautela riflette non solo preoccupazioni strategiche, ma anche una profonda consapevolezza dei rischi legati a una possibile escalation. L'Europa invece va per conto suo lasciando spazio a una strategia militare pericolosa che può solo alimentare ulteriori tensioni.
L'atteggiamento dell'Europa potrebbe quindi trasformarsi in un boomerang. Dare ragione incondizionata all'Ucraina anche quando attacca la Russia significa non solo offuscare i "principi difensivi" della guerra ma significa anche sostenere una condotta militare che sacrifica uomini e mezzi in azioni spesso suicide e prive di prospettive di vittoria. Non solo: significa sguarnire le difese nelle trincee, farsi distruggere mezzi ben più utili per difendere le città ucraine e usare le armi occidentali per scopi diversi per quelli dichiarati.
Questo attacco sul suolo russo va a ritorcersi contro gli stessi valori occidentali. Se l'Occidente vuole mantenere la sua credibilità, deve saper dire "no" anche agli amici, quando necessario. Non si tratta di abbandonare l'Ucraina, ma di guidarla verso una strategia che, pur essendo ferma, non tradisca i principi su cui è fondata la sua stessa legittimità.
L'Unione Europea ha preso posizione a favore dell'attacco terrestre, ma è una posizione che non è condivisibile: non in my name.
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