Il movimento pacifista ha il compito di dare voce ai quattro mondi della tragedia

I quattro mondi della guerra in Ucraina

Sono quattro i mondi che vengono popolati dalla sofferenza. Il mondo di chi combatte, di chi diserta, di chi è stato cancellato e di chi sarà vittima del disturbo post-traumatico. Ogni giorno che passa, questi mondi continuano a crescere, a espandersi, a inghiottire sempre più vite.
27 febbraio 2025

La guerra in Ucraina: i quattro mondi del conflitto
I quadro mondi della guerra

La guerra in Ucraina, giunta ormai a una fase che sembra non avere fine, ha generato quattro mondi distinti, ciascuno intrappolato in un girone infernale che lascia poco spazio alla speranza. È una realtà frammentata, una tragedia che non riguarda solo il presente ma che si proietta con violenza nel futuro.

Il primo mondo: chi combatte
Il primo mondo è popolato da circa un milione di persone che, volenti o nolenti, si trovano a combattere. Sotto le due opposte bandiere, i soldati vengono inghiottiti dalla macchina della guerra, spesso spinti da obblighi militari, ideologie, o dalla disperazione economica. Per molti di loro non c'è scelta: o il fronte o la repressione. Vivono ogni giorno in un limbo di violenza, paura, rabbia e alienazione.  Sono destinati a trasformarsi in protagonisti di una tragedia collettiva che si chiama vittoria. O sconfitta. 

Il secondo mondo: chi si sottrae
Il secondo mondo è composto da chi ha deciso di dire "no" alla guerra. È il mondo dei renitenti, dei disertori e di coloro che sono riusciti a sottrarsi al conflitto in vario modo. Anche loro sono un milione: uomini che hanno scelto la fuga, spesso pagando un prezzo altissimo in termini di isolamento, persecuzione o esilio. Questo mondo ci parla di un coraggio diverso, quello di opporsi alla logica del conflitto armato, e ci ricorda che esiste un’alternativa, anche se difficile, alla brutalità della guerra. Non sono considerati eroi, come nel primo mondo, ma la storia li riabiliterà e le loro vite, oggi oscure, diventeranno luminose.

Il terzo mondo: le vittime
Poi c'è il terzo mondo, quello del dolore e della disperazione. È il mondo dei morti, dei mutilati, degli invalidi e dei feriti che sono stati congedati: corpi "fuori uso", o "non più idonei al combattimento", come li definisce la fredda burocrazia della guerra. È un altro milione di persone, travolte dalla violenza, le cui vite sono state spezzate o irreparabilmente trasformate. Questo mondo è il più silenzioso, ma anche il più eloquente nella sua sofferenza. Ogni vita recisa è una denuncia contro l’insensatezza del conflitto bellico. Ogni vita schiacciata è un grido di dolore, un vuoto di senso, una ferita permanente per i progetti di futuro. 

Il quarto mondo: l'eredità del trauma
Infine, c'è il quarto mondo, quello che sta crescendo nell'ombra e che esploderà con tutta la sua forza devastante nei decenni a venire. È il mondo del disturbo post-traumatico da stress (PTSD), che già ora ingrossa le fila di un'umanità dolente. È fatto di suicidi, follia e sofferenza psicologica, che colpiranno almeno un milione di persone se si ripeterà la dinamica statistica osservata dopo la guerra in Vietnam. Questo mondo raccoglierà i resti del primo quando la guerra sarà finita. Ingloberà lo shock permanente della brutalità. Segnerà per generazioni sia la Russia che l'Ucraina. Sarà un monito vivente degli orrori della guerra, incapace di guarire.

Un futuro segnato dal dolore
Questi quattro mondi sono l'eredità del conflitto mortale in Ucraina, una guerra che non è solo un problema geopolitico, ma una catastrofe umana di proporzioni inimmaginabili. Mentre i leader discutono di strategie e alleanze, milioni di vite sono già state distrutte o sono in bilico. E, ogni giorno che passa, questi mondi continuano a crescere, a espandersi, a inghiottire sempre più vite.

Il movimento pacifista ha il dovere di illuminare queste realtà, di denunciare l'assurdità della guerra e di lottare per dare voce a chi soffre. Non possiamo permettere che queste storie vengano dimenticate. Abbiamo la necessità vitale di porre fine subito a questo abisso di sofferenza.

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