Tv svizzera, video su Quattrocchi al lavoro a Baghdad

Tv svizzera, video su Quattrocchi al lavoro a Baghdad E' armato, perlustra, non parla. Parla l'arruolatore Simeoni: «Sì siamo mercenari, anche se è una parolaccia»
25 maggio 2004
Gianni Beretta
Fonte: Il Manifesto

Fanno una certa impressione le immagini di Fabrizio Quattrocchi in piena azione in Iraq come guardia di sicurezza pochi giorni prima del suo sequestro e della sua esecuzione. Mentre Paolo Simeone, che lo aveva ingaggiato, alla domanda se si consideri un mercenario risponde: «Mercenario mi sembra un pò una parolaccia; ma è quello che siamo; ìanche se è una parolaccia, secondo il dizionario è una persona che svolge un'attività militare contro pagamento; ed è quello che noi facciamo». Le sequenze di Quattrocchi armato che scruta Baghdad con un cannocchiale e l'intervista in inglese di Simeone, in attività di pattugliamento insieme a lui, sono la parte finale di un lungo documentario realizzato dalla Televisione svizzera francese dal titolo «Guerrieri affittansi», andato in onda qualche giorno fa in contemporanea sulla Televisione svizzera italiana.

Per la verità un flash di quelle immagini di Quattrocchi era stato trasmesso da Canale 5 che le avrebbe piratate con tanto di logo svizzero da anticipazioni del tg di Ginevra (mentre il documentario era ancora in lavorazione); tant'è che fra Mediaset e la televisione romanda è nata una controversia.

Nel video Quattrocchi non parla mai, anzi è definito nel documentario «il più discreto» rispetto a Simeone e all'altro collega Luigi (rientrato poi in Italia) ripresi in macchina mentre stanno pattugliando le strade della capitale irachena. E' solo Paolo Simeone a farsi intervistare; in fin dei conti è lui il capo: «Bisogna essere molto discreti, ma anche essere abbondantemente armati; per noi il problema è questo; è difficile nascondere un fucile d'assalto o una mitraglietta».
E nel caso di attacco: «A volte rispondiamo al fuoco; altre fuggiamo; dipende; sparare ad esempio in una situazione come questa è assaibpericoloso perché ci sono molti civili; o identifichi molto bene il bersaglio e sei sicuro di te, oppure è meglio fuggire perché si corre il rischio di uccidere degli innocenti; e noi non ne abbiamo il diritto».

In «Guerrieri affittansi» il 32enne Simeone è presentato come il responsabile della compagnia Presidium, al servizio di grossi clienti statunitensi sia come guardaspalle che nella protezione di infrastrutture. Mostra il fucile svizzero SIG 543 che ha in mano, dicendo di averlo trovato al mercato nero. E quando gli viene chiesto cosa gli piaccia di questo mestiere, risponde: «Mi piace viaggiare per il mondo, l'adrenalina; amo questo lavoro perché posso applicare tutte le mie conoscenze in situazioni reali». E sull'adrenalina precisa: «Mi riferisco al rischio; è questo che ci motiva tutti a fare il nostro lavoro, a cercare il pericolo; mettere la nostra vita in pericolo è il cuore del nostro business».

Ma non è tutto qui: in «Poveri eroi» la televisione svizzera esibisce copia della e-mail di proposta di reclutamento in Iraq inviata da Simeone all'«agente di sicurezza» Davide Giordano (amico di Quattrocchi) che gli aveva mandato il suo curriculum vitae da Genova. Si parla di «training alla polizia locale»; di servizio di body-guard a «Vip locali (politici o giudici) e italiani (personale dell'ambasciata, di ditte e organizzazioni)»; e infine di «controllo armato a pipelines e linee elettriche»; per «un salario di seimila euro al mese, più vitto e alloggio»; con un addestramento sul posto di tre giorni a sei tipi di armi (specificate). Nella e-mail da Bagdad Simeone aggiunge: «Mi hanno dato carta bianca per la scelta del personale, non tanto perché si fidino di me ma perché il personale è finito, e posso prendere specialisti dal mercato dei free-lances». Per sua fortuna, a differenza di Paolo Quattrocchi, alla fine Davide Giordano decise di non arruolarsi.

A nessuna televisione italiana è venuto in mente di comprare i diritti per mandare in onda almeno la parte del documentario svizzero che riguarda le guardie private italiane, soprattutto per quanto si riferisce alle dichiarazioni di Simeone, che oggi risuonano alquanto sinistre; neppure a Ballarò di Rai 3, che pure la settimana precedente aveva chiesto in visione (senza poi acquistarlo) il servizio «Poveri eroi» di produzione della televisione ticinese, nel quale si anticipava la seguente dichiarazione di Simeone ai romandi: «E' difficile lavorare qui; bisogna mantenere un profilo molto basso; ma nello stesso tempo
occorre essere armati fino ai denti e pronti a sparare; oggi l'Iraq è il centro degli affari per chi si occupa di sicurezza; parliamoci francamente: questo è il posto giusto e il momento giusto per far soldi; il business è davvero grande; sono molte le agenzie di sicurezza venute ad operare qui, e circola molto denaro; non potevo rinunciare; anche se ho tanta paura».

Note: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Maggio-2004/art34.html

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