People’s Peace Summit di Gerusalemme, 8 e 9 maggio. Ma di che pace stiamo parlando?

"Ma di che pace stiamo parlando?" è la domanda che sorge spontanea in queste ore in cui ci prepariamo ad assistere con il fiato sospeso alla scomparsa della Palestina.
9 maggio 2025
Daniela Bezzi

People’s Peace Summit di Gerusalemme, 8 e 9 maggio. Ma di che pace stiamo parlando?

Siamo arrivati alla definitiva resa dei conti su ogni possibile fronte, con l’annunciata (già da giorni, in effetti) offensiva di terra nella Striscia di Gaza, la popolazione palestinese già stremata dal blocco degli aiuti e dalla fame dopo 18 mesi di guerra, che dovrebbe secondo i piani ammassarsi nell’ennesimo campo profughi a sud della striscia, alla mercé degli aiuti elargiti dall’IDF, per poi lasciarsi deportare chissà dove e da chi.

E dunque: siamo alla pulizia etnica non più solo denunciata dalle varie corti internazionali, ma chiaramente strombazzata a reti unificate e pazienza se ciò significherà il sacrificio degli ostaggi, questo è il prezzo che Netanyahu sta infliggendo alla società israeliana per la propria sopravvivenza politica. Riservisti richiamati a migliaia per lo scontro finale, negoziati interrotti perché non c’è più niente da negoziare, cieli dichiarati no-fly zone… E tutti noi che possiamo solo restare a guardare, i nostri governi totalmente complici dell’apocalisse in diretta, con gli appelli, le iniziative di solidarietà, le luci che si spengono, le raccolte firme, i post che ci scambiamo per placare l’angoscia, dare fiato all’indignazione, esprimere vicinanza a Gaza… ben sapendo che non servirà a nulla, che i giochi sono fatti, nulla potrà scongiurare la mattanza, il progetto della Grande Israele si sta compiendo, con il sostegno più che mai “interessato” di Donald Trump.

Sullo sfondo di tutto questo ecco che oggi si inaugura questo People’s Peace Summit di Gerusalemme che, progettato mesi fa, ha un che di surreale. Pace: parola ormai così svuotata di senso, così facilmente ridicolizzata (come hanno sottolineato le tre co-organizzatrici Mika Almog, May Pundak e Maya Savir nella recente intervista che potete rileggere qui). E sarà pur vero che la proposta di cessate il fuoco sta guadagnando favore finalmente all’interno della società israeliana (o così dicono i sondaggi, per esempio questo diffuso da aChord Institute). Ma quanto alla riconciliazione? Chissà per quanto tempo la sola idea resterà indigeribile per quell’”altra parte” che ci piacerebbe immaginare coinvolta nella progettazione del giorno “che verrà dopo la fine della guerra” – quei sette milioni di palestinesi che semplicemente dovrebbero sparire. Cosa potrà mai significare per loro questo People’s Peace Summit rutilante di eventi, proposte, ottime intenzioni, che si inaugura oggi a Gerusalemme…

Me lo chiedo mentre sul cellulare mi arriva un ultimo post di Maoz Inon, tra i più convinti promotori dell’iniziativa, che così recita: “…mentre la guerra infuria con sempre maggiore violenza su Gaza, già da tempo priva di aiuti umanitari e persino di cibo, il movimento israelo-palestinese rifiuta di restare in silenzio (…) Di fronte a questo orrore migliaia di israeliani e palestinesi  stanno per raggiungere Gerusalemme, per dire (in grassetto nel testo):  E’ ora! E’ ora di fermare il massacro. E’ ora di finirla con l’assedio. E’ ora di scegliere la giustizia, l’uguaglianza, e la pace – per tutti. (…) Oggi e domani, Gerusalemme sarà teatro  del più grande evento contro la guerra e per la pace mai organizzato in Medio Oriente. (…) Esci dal silenzio,  unisciti al nostro programma d’azione, partecipa oppure sintonizzati … ”

E quindi vietato scoraggiarsi, senz’altro proseguiamo nel nostro intento di avvicinamento, esplorazione, ascolto, rispetto a questo mirabile “campo di pace” che è andato crescendo con grande coesione interna e maturità nei mesi scorsi, e che si ripresenta oggi come da programma, e anzi ha già avuto alcune belle anticipazione in varie città del mondo.

San Francisco, Los Angeles, Londra, Sidney, Seattle, Boston, Baltimora: grazie al formidabile networking messo in moto dal movimento israelo-palestinese Standing Together (tra i più attivi della coalizione di 60 organizzazioni promotrici) ecco una bella carrellata di foto delle iniziative che già da domenica scorsa, 4 maggio, si sono mobilitate in sostegno di questo Peace Summit, ahimè così ignorato dal mainstream, e invece più che mai importante e necessario adesso.

E passiamo quindi al programma, davvero ricchissimo, dei dibattiti, seminari, incontri, momenti anche ricreativi, che riempiranno questa due-giorni di Gerusalemme: elenco troppo lungo per essere riportato integralmente, per cui limitiamoci a segnalare i focus tematici più significativi.

Per quanto riguarda la giornata di oggi, succede tutto nel pomeriggio e il palinsesto è articolato tra diverse sedi ospitanti sparse in tutta la città (elenco dettagliato degli appuntamenti a questo link:  https://www.timeisnow.co.il/thursday-english

Cinematheque Sam Spiegel, Willy Brandt Center, Smadar Project, FeelBeit, Muslala, Hamiffal, Mizkaka, YMCA, una quantità di locations che ben rappresentano una Gerusalemme in movimento e disposta non solo a ospitare, ma a mettersi in gioco – e ad accettarne i rischi, se pensiamo alle sempre più frequenti aggressioni nei confronti del fronte pacifista da parte delle squadracce di fondamentalisti, con il beneplacito delle forze del'ordine.

Tra i vari appuntamenti, quello forse più importante sarà alle 18 al Cinemateque per la proiezione del film “Wave Goodbye to Dinosaurs” di Eimhear O’Neill, che racconta il processo di pace nell’Irlanda del Nord avvenuto soprattutto grazie a quella bellissima Coalizione di Donne dell’Irlanda del nord, dal fronte sia cattolico che protestante. E subito dopo il film è previsto infatti un confronto con due delle protagoniste, Monica McWilliams e Avila Kilmurray in dialogo con Yael Brouda-Bahat, fondatrice (insieme alla compianta Vivien Silver, vittima dei miliziani il 7 ottobre) e co-direttrice del movimento Women Wage Peace, che conta la bellezza di oltre 50 mila associate in Israele, in partnership con le palestinesi Women of the Sun.

Ma già da prima, h 16 allo spazio Mizkaka, ci saranno Maoz Inon e Aziz Abu Sarah che abbiamo intervistato qui e qui, che oltre a rievocare la storia della loro fraterna amicizia sul fronte della pace, offriranno alcune semplici ‘ricette’ perché la speranza possa diventare azione, che è poi lo slogan dell’intero progetto: hope is a verbla speranza è una cosa che si fa.

Tralasciamo di descrivere nei dettagli le altre proiezioni (di corto e lungometraggi), i laboratori creativi (molti per bambini), le performances (per esempio quella dell’artista Idith Kishinovsky, specializzata in “tecniche affettive e da clown” per volgere in cambiamento le situazioni di conflitto), i momenti di preghiera (per esempio con l’Ensemble Eretz, che vedrà in scena artisti israeliani e palestinesi diretti da Yonatan Konda), il Peace and Ecology Festival dalle 14 in poi al Muslala’s Terrace, la mostra in tema di “Arte Politica” al Museum on the Seam e del previsto incontro con il curatore/artista/attivista Chen Shapira che avverrà sul tetto del Museo medesimo (tutti i dettagli al link di cui sopra…) E senz’altro segnaliamo l’importante mostra all’YMCA dal titolo “Foundations” che attraverso i lavori di Anisa Askar e Daphna Tal esplora gli elementi fondamentali dell’islamismo.

E infine verso le 8 di sera ci sarà l’evento “Seekers of Peace” presso l’Hadar Institute, che proverà a “immaginare un futuro migliore per tutti gli abitanti di questa terra, nonostante la dolorosa realtà in cui ci troviamo”. Tra gli organizzatori/speakers riconosciamo il nome di May Pundak, fondatrice e co-direttrice di A Land for All (che abbiamo intervistato qui), e di vari attivisti del movimento Rabbini per i diritti umani.

Bellissime le proposte-tour: dalle 9 del mattino fino al tramonto vari percorsi “tematici” per le strade di Gerusalemme, guidati dalle varie organizzazioni coinvolte nel progetto, fra cui Ir Amim,  Zochrot, Peace Now, la stessa Mejdi Tours fondata da Aziz Abu Sarah, con la doppia narrazione di due diverse voci-guida, israeliana e palestinese, “per andare alla scoperta non solo dei trascorsi problematici di questa città, ma anche delle successive opportunità di intersezione e dialogo, tappa per tappa”. La giornata si concluderà con una Silent Peace Walk: momento meditativo “ispirato dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, di Martin Luther King, del Rabbino Abraham Joshua Heschel e molti altri.

E veniamo alla giornata principale, ossia il 9 maggio da mattina a sera presso il Jerusalem International Convention Center, lo stesso che un annetto e mezzo fa ospitò quella mega e molto minacciosa assemblea di coloni e rappresentanti del peggior fondamentalismo sionista, che in qualche modo ispirò l’urgenza di questa iniziativa, all’insegna proprio del Diamoci Una Mossa… è ora!

Dopo l’evento di apertura (dalle ore 9 in Italia, fruibile in streaming sui canali Facebook e You Tube di It’s Time: https://www.youtube.com/live/DIs8F5iwN5w) che avrà la funzione di passare in rassegna le principali organizzazioni coinvolte e riassumere un po’ tutti gli eventi e filoni tematici della due-giorni, la giornata proseguirà con vari programmi distribuiti in 14 sale, con dibattiti, una fiera informativa, spettacoli musicali, programmi per bambini, installazioni artistiche: “L’idea è creare qualcosa che parli alla testa, al cuore e anche alla pancia” ha spiegato Mika Almog alla testata Haaretz.

L’elenco sarebbe troppo lungo da riprodurre e quindi anche per la giornata del 9 maggio vi rimandiamo al link https://www.timeisnow.co.il/friday-english

Intanto godiamoci la carrellata degli eventi già successi o che stanno per succedere in giro per il mondo, in sostegno a questo bellissimo, compatto, determinato ‘campo di pace’ israelo-palestinese che si metterà in scena tra oggi e domani a Gerusalemme.

Maggiori informazioni circa il People’s Peace Summit all’indirizzo www.timeisnow.co.il.

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