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Il suo ospedale è a Kimbau in Congo

"Io, passero con un'ala spezzata continuo a curare gli ultimi"

La sfida di Chiara Castellani, medico dei più bisognosi, dal Nicaragua all'Africa. Il progetto è sostenuto dall'Aifo (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) http://www.aifo.it
10 luglio 2004
Serena Zoli
Fonte: Corriere della Sera - 23 maggio 2004

La dottoressa di Parma condivide il dolore dei suoi pazienti: ha perso un braccio ne '92 e soffre di malaria. Dall'ateismo ai voti di missionaria In Nicaragua la chiamavano, Doctora Clarita, in Congo la chiamano Mama Clara. In Italia, da dove è partita subito dopo la laurea e il matrimordo, nel 1983, è Chiar Castellani, medico, nata a Parma nel 1956. Ma in Italia è raro vederla: viene una volta l'anno, va dalla famiglia che sta a Roma, corre da un convegno alla sede di un'associazione per trovare fondi per il suo lavoro di medico di frontiera in un posto che non si può definire «abbandonato da Dio» solo per rispetto alla sua fede. Si è talmente calata nel servizio per gli «ultimi» da condividerne persino le sofferenze più dure. Le mutilazioni: nel 1992 la sua jeep si capovolse imprigionandole il braccio destro, l'unica strada fu l'amputazione. E la malattia: è afflitta da una malaria che non riesce a debellare. Ma nulla la ferma. «Ora sono un passero con un'ala spezzata», scrive, ma la mia potenzialità di medico non diminuisce. Facile citare Gino Strada. Ma è proprio questa mutilazione sottolinea lei a segnare la differenza nel rapporto e nella comprensione del dolore. E l'essere donna, in un Africa dove diventa ancora più difficile farsi accettare, Chiara Castellani ritornerà in Italia venerdì prossimo, tre giorni dopo che la sua storia «bella e terribile» sarà arrivata in libreria col titolo «Una lampadina per Kimbau” (Mondadori, pp. 220, euro 15). Un volume che lei - ammette - non ha avuto certo il tempo di scrivere. A parlare sono le sue lettere e la penna di Mariapia Bonanate. La Bonanate, giornalista e scrittrice, in contatto e «comunione spirituale» con la Castellani da oltre dieci anni, si è offerta di cucire insieme parte delle sue missive «perchè non si può non far conoscere una persona, così straordinaria». Le lettere. sono quelle che Chiara scrive nella savana, a lume di candela, su una vecchia Olivetti, e che fortunosamente riesce a far arrivare in Italia. Dov'è lei dal '91, a Kimbau, 500 chilometri dalla capitale Kinshasa, non c'è acqua, non c'è luce, solo un ponte radio. Altre lettere risalgono al suo primo volontariato internazionale in Nicaragua, quando imperversava la guerra tra sandinisti e contras. Era partita col marito, anch'egli medico col Movimento Laici America Latina (Mlal). Da dieci anni progettavano un impegno a favore «degli ultimi fra gli ultimi». Chiara si era specializzata in ostetricia, ma presto dovette specializzarsi anche in chirurgia: «E per sette anni, io che volevo aiutare a dar la vita, ho amputato, amputato, amputato». Bambini, giovani, vecchi, donne, tutti devastati dalle mine anti-uomo, ordigni micidiali che non rispettano tregue e continuano a uccidere per decenni. Anche lei denuncia: nelle guerre di oggi i morti sono al novanta per cento civili. Rivedrà gli stessi orrori, se possibili peggiorati, in Africa, nella guerra tra Mobuto e Kabila, un «liberatore» che non libera i poveri, i senza-diritti. Un anno dopo l'arrivo in Nicaragua, il marito la lascia. Chiara torna in Italia, soffre fin sull'orlo del suicidio e della follia, poi vuole tornare. E' più dura, ovviamente, ma lì in un avamposto della guerra dove arriva gente che non ha mai visto un medico «ritrova un senso alla sua vita». Poi l'Africa. La sognava da sempre. A raccontare della sua vocazione tanto precoce e del suo eroismo quotidiano così estremo si rischia di dipingere un santino. Ma Chiara Castellani non ama le agiografe e rifiuta questi ritratti. E' vero però che a sette anni disse alla madre: «diventerò medico e andrò in Africa a curare quelli di cui nessuno si occupa». Così è stato. Nel 1991 è l'Aifo, l'associazione fondata da Raoul Follereau originariamente contro la lebbra, che rispondendo alla richiesta del vescovo di Kenge in Zaire, poi Congo, la invia nell'ospedaletto di Kimbau dove sono rimaste solo due suore e qualche infermieree locale. Sarà la responsabile per un territorio con 150 mila persone. A leggere della sua vita qui, delle vittorie che riesce a ottenere con pochi mezzi (al posto dell'incubatrice, una borsa d'acqua calda), della scuola per infermieri che crea, degli spostamenti avventurosi sia per le cattive condizioni di una sorta di ambulanza, sia per le buche tremende sia per i continui cattivi incontri con gente armata, e di quella solitudine in un ospedaletto in condizioni primordiali con quattrocento malati viene in mente il dottor Sehweitzer a Lambarenè. Ma forse non è il caso di far confronti. Di speciale c'è la forza con cui Chiara Castellani affronta l'incidente e la mutilazione. Viene salvata per miracolo: il primo ospedale è a sette ore di distanza. Non si arrende e impara a far tutto con la sinistra, tranne a operare. E con una protesi torna in Africa, dove, quando non si tratta di mine, saccheggi, stupri, da una lettera all'altra si vedono avanzare Aids, colera, Ebola, malaria, meningite, ma basta anche un'epidemia di morbillo a far «morire come mosche» i bambini. E le morti la fanno piangere - non si abitua, non vuole abituarsi - come ogni «resurrezione» insperata la fa ridere, ridere. Da dove viene la forza? Da Nzambi, Dio in lingua kikongo. Se nel 1985 lei scrive: «Io non credo in Dio. Spero solo che esista» e nel 1997 «se Dio esiste, è della povera gente, di chi porta la sua croce e spesso ci crepa sopra», nel 2002 prende i voti missionari di povertà e di obbedienza davanti al vescovo di Kenge, monsignor Mudiso, «questo colto biblista che parla almeno dieci lingue e che ha deciso di andare fino in fondo nella difesa dei diritti degli ultimi». Stando in quel suo terribile avamposto la Castellani ha scoperto non solo Dio, ma anche chi sono gli dei terreni che creano tante ingiustizie e massacri: sono i ricchi del Nord, che «in spaziosi uffici con l'aria condizionata» a Miami o Washington decidono stanziamenti di miliardi di dollari che si traducono in campi agricoli devastati, in mitraglie e bombe, e in «morti nel segreto della brousse che non gridano abbastanza foite per far- si sentire». Allora cerca di gridare lei. Il 30 sarh a Mantova al- la «Giornata deipiritti umani», il 7 giugno a Milano nel centro dei missionari Pime, il 9 a Verona col Mlal Nzambi aiutando, è certa che «sarà un esercito di paria, sq, e disarmato che saprà trasformare la lotta per la sopravvivenza in lotta per la libertà e la democrazia». Una politica? «Per forza, ma di una politica che nasce da una realtà intollerabile vista e condivisa», risponde Mariapia Bonanate. E avvicina Chiara Castellani alla figura di Annalisa Tonelli, la dottoressa assassinata in Somalia: «In tutto il pianeta le donne stanno diventando uno dei ”soggetti politici” più importanti, a volte l'unico, a difendere i diritti fondamentali della persona, denunciare le violenze e lavorare per la pace».

Note: PER CONOSCERE LE INIZIATIVE DI CHIARA CASTELLANI CLICCA SU
http://italy.peacelink.org/kimbau

Altre informazioni:
http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=11650&H=%2BChiara+%2BCastellani
http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=10593&H=%2BChiara+%2BCastellani
http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=28634&H=%2BChiara+%2BCastellani
http://www.altrameta.it/archivio_news/1106chiaracastellani_scriveFallaci.htm
http://digilander.libero.it/fuoridalmuro/Numero4/AppuntiDiViaggio_1.htm
http://digilander.libero.it/fuoridalmuro/Numero4/TestimoniDiPace.htm
http://www.librimondadori.it/libri/sezioni/vetrine/vetrina.jsp?poss=8&vet=VSA#
http://www.vita.it/comunicati/index.php3?COMID=1097
http://www.chioggiasottomarina.it/chioggia2/clic2/page2.html
http://www.cuoreamico.org/pre/2000.html

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