Diritti di brevetto o diritti del paziente?

Il caso Novartis diventa emblematico di un sistema che deve cambiare
16 luglio 2007
Satya Sivaraman (Human Rights Law Network)
Fonte: da Persona a Persona 8/07 (www.pangeaonlus.org) - 01 settembre 2007
REUTERS-Sukree Sukplang È uno dei rari aspetti della globalizzazione che stranamente ha portato benefici per alcuni tra i più poveri del mondo. La produzione e l’esportazione di medicinali generici da parte delle aziende di Paesi in via di sviluppo, come l’India, la Thailandia e il Brasile, ha ridotto il costo di decine di farmaci essenziali e li ha resi accessibili a milioni di disperati che non possono permettersi l’acquisto dello stesso farmaco prodotto dalle multinazionali.
L’impatto è stato particolarmente forte nel caso degli antiretrovirali, vitali per i pazienti affetti da HIV. Tra il 2000 e il 2003, ad esempio, il costo del cocktail antiretrovirale è sceso da $10.000 a $600 all’anno, grazie alla vigorosa campagna mondiale per l’accesso ai farmaci per l’HIV. Mentre le multinazionali farmaceutiche non sono ancora riuscite a bloccare l’inesorabile abbassamento dei prezzi, negli ultimi anni hanno tentato di sfidare il diritto delle aziende di produrre farmaci generici, accusandole di violare la tutela dei brevetti.
Una di queste battaglie ad alto profilo è attualmente in corso in India con la multinazionale farmaceutica svizzera, Novartis AG, che ha citato in giudizio presso l’Alta Corte di Chennai, il Governo indiano, la Cancer Patients Aid Association (CPAA) e quattro aziende farmaceutiche indiane: Natco, Cipla, Hetero and Ranbaxy. Il ricorso va contro il rifiuto dell’Ufficio Brevetti di Chennai di consentire la registrazione del marchio del farmaco antitumorale Gleevec da parte della compagnia e richiede che la Sezione 3(d) della Legge Indiana sui brevetti, Patents Act, 1970, che ha fornito uno dei motivi del rifiuto, sia dichiarata “illegale e anticostituzionale”.
Nel marzo 2005, il governo indiano, nonostante le proteste popolari, ha emendato il Patents Act (Decreto sui Brevetti) per adeguarlo all’accordo sul Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights del WTO del 1995. La vecchia legge consentiva la tutela del brevetto solo sui processi produttivi e non sui prodotti stessi, permettendo così alle compagnie farmaceutiche indiane di produrre medicinali costosi a prezzi molto bassi. La Patent Law ora emendata stabilisce 20 anni di protezione del brevetto per le medicine innovative, ma consente alcune misure di protezione della salute pubblica, come quella inclusa nella Sezione 3(d), attualmente contestata da Novartis, la quale afferma che il brevetto non viene riconosciuto per nuove forme, usi o modifiche minori di medicinali esistenti, a meno che sia provata una maggiore efficacia rispetto al passato.
Nel 1997 la Novartis aveva avanzato all’Ufficio Brevetti di Chennai una richiesta di tutela del brevetto per l’imatinib mesilato – conosciuto con il nome di Gleevec – affermando che il mesilato, alla base dell’imatinib, fosse una nuova invenzione. Nel 2003 aveva ottenuto l’esclusiva sul mercato indiano, costringendo le aziende indiane produttrici di farmaci generici a ritirare il loro prodotto dal mercato.
Nel 2005 la CPAA e le aziende di farmaci generici hanno contestato in giudizio la sentenza prima della concessione del brevetto: sulla base della Sezione 3(d) della Legge, il farmaco non poteva essere brevettato poiché si trattava di una sostanza già nota, ora in forma di sale, che non presentava miglioramenti dal punto di vista dell’efficacia. Questa sostanza era la molecola attiva imatinib, già brevettata nel 1993. A gennaio 2006, l’Assistant Controller Patents and Designs (Chennai) ha affermato che il brevetto del 1993 tutelava sia la base imatinib sia la sua forma in sale, il mesilato. Poiché la Novartis non era stata in grado di dimostrare un incremento dell’efficacia, il Gleevec non era pertanto brevettabile.
Sulla base di questa sentenza, le aziende produttrici di farmaci generici hanno ripreso la produzione del farmaco e la sua commercializzazione a un prezzo 10 volte inferiore rispetto a quello della Novartis. A maggio 2006 la Novartis ha contestato in giudizio l’ordine dell’Assistant Controller, affermando tra l’altro che i test di laboratorio eseguiti dai proprii scienziati sulle cavie hanno dimostrato un aumento del 30% dell’efficacia, come necessario per ottenere il brevetto secondo la Sezione 3(d).
Il CPAA e le aziende farmaceutiche hanno obiettato che la Novartis non è riuscita a dimostrare che l’imatinib mesilato differisce in maniera significativa da altre forme di imatinib, mettendo in dubbio l’indipendenza delle analisi effettuate per dimostrare un aumento della sua efficacia. Inoltre, hanno sottolineato che la Novartis ha fornito solo il 10% delle risorse necessarie per le ricerche atte a sviluppare il farmaco. Il dr.Brian Drucker dell’Oregon Health and Science University, il cui laboratorio ha identificato il composto, ha ricevuto il 50% dei fondi dal National Cancer Institute (del Governo USA), il 30% dalla Leukemia and Lymphoma Society (un’ONG statunitense) e il 10% dall’Oregon Health and Science Institute. La CPAA e le aziende generiche hanno contestato l’accusa di violare la Costituzione Indiana e hanno sottolineato che il 3(d) è un atto introdotto per combattere il problema degli “evergreening”, una tecnica utilizzata dalle aziende per estendere il loro monopolio, evitando l’ingresso sul mercato di concorrenti che producono farmaci generici. Così facendo, le medicine restano fuori dalla portata della maggioranza degli indiani, in contrapposizione all’Articolo 21 della Costituzione e ad altre convenzioni internazionali sul diritto alla salute.
Il caso Novartis all’Alta Corte di Chennai ha suscitato la condanna da parte degli attivisti della salute e di gruppi della società civile in tutto il mondo. Alla sbarra non è solo la possibilità di acquistare il Gleevec, ma decine di altri farmaci che potrebbero diventare improvvisamente molto cari, se l’azienda svizzera dovesse vincere il caso. “Migliaia di quanti vivono con l’HIV sono persone poverissime e qualsiasi aumento del costo dei farmaci equivarrebbe a una sentenza di morte nei loro confronti”, ha affermato Manohar, un attivista di un gruppo di sostegno all’HIV di Bangalore.
Oltre la metà dei farmaci utilizzati nei Paesi in via di sviluppo nel trattamento contro l’AIDS provengono da aziende generiche indiane. Circa un 250.000 persone da 150 paesi hanno firmato una petizione in cui esprimono preoccupazione sull’impatto negativo che l’azione della Novartis potrebbe avere sul terzo mondo.
Il caso della Novartis è solo uno delle molte sfide che le multinazionali farmaceutiche hanno lanciato ai governi nazionali che cercano di proteggere la salute dei propri cittadini. È ancora presto per prevedere chi vincerà la partita tra le multinazionali – alla continua ricerca del massimo profitto – e i governi dei Paesi in via di sviluppo che tentano di proteggere gli interessi della loro popolazione. È fuor di dubbio, comunque, che la battaglia determinerà il futuro della salute dei poveri del pianeta.
Note: da Persona a Persona - Fondazione Pangea Onlus

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