La retorica che offende la memoria di Paolo Borsellino

Basta lacrime inutili, portate avanti la lotta di mio fratello

E' l'amaro sfogo di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.
25 luglio 2007

"E' ora di smettere di piangere per Paolo, e' ora di finirla con le commemorazioni, fatte spesso da chi ha contribuito a farlo morire, e' l'ora invece di dimenticare le lacrime, e' l'ora di lottare per Paolo, lottare fino alla fine delle nostre forze, fino a che Paolo e i suoi ragazzi non saranno vendicati e gridare, gridare, gridare finchè avremo voce per pretendere la verità, costringere a ricordare chi non ricorda." Sono le prime parole con le quali comincia l'amaro sfogo di Salvatore Borsellino consegnato ai giornali e alle Tv in occasione dell'anniversario della strage di Via D'Amelio. Ma, al contrario delle parole di Napolitano, Marini e di tutta la classe politicante, quelle di Salvatore non finiranno in prima pagina su Repubblica o tra le prime notizie del Tg1. Ed è un dato che fa riflettere. Lo sfogo di Salvatore Borsellino, le sue parole amare e arrabbiate, si va ad aggiungere a tante altre simili in questi anni. Ricordate l'anniversario della strage di Nassyria a novembre? Stesso copione, retorica su retorica dai palazzi e nessuno spazio per il ricordo, quello si reale(ma cosa possono ricordare i politici? hanno mai conosciuto chi è morto? hanno mai visto il loro volto illuminarsi di un sorriso o piangere commossi? NO! E allora di che cianciano?) e per la loro amarezza per essere stati abbandonati dagli imbonitori di palazzo. Nel luglio di due anni fa parole simili a quelle di Salvatore Borsellino furono pronunciate da Manfredo, figlio di Paolo. Allora Manfredo parlò apertamente di connivenze, ossequi ai potenti e raccomandazioni. Lo zio oggi è ancora più duro e mette letteralmente in riga i tanti, tantissimi che in questi anni hanno taciuto, permettendo che l'esperienza del pool di Caponnetto e di quella stagione antimafia sia andata perduta.
"Dove sono le migliaia di persone che cacciarono e presero a schiaffi i politici che, scacciati dai funerali di Paolo, avevano osato di andare nella Cattedrale di Palermo, davanti alle bare dei ragazzi morti insieme a lui, a fingere cordoglio e disputarsi i posti più in vista nei banchi della chiesa?[...]
Dove sono le migliaia di giovani, di gente di tutte le età, che ai funerali di Paolo continuavano a gridare il suo nome, Paolo, Paolo, Paolo e costrinsero i politici che avevano permesso che quella strage a stare lontani dalla sua bara anche quando lo andammo a seppellire?"

Queste sono forse le parole più dure di Salvatore, parole che sembrano ricalcare quelle dei Vangeli. "Non chi urla Signore Signore è mio discepolo ma chi realizza le opere del Padre Mio". Non chi ha mostrato l'indignazione di un momento, non chi ha seppellito Paolo con le parole ne ha degnamente servito la memoria, ma chi in questi anni ha continuato, con coraggio e determinazione, la sua opera. Non possiamo tacere è il grido della famiglia Borsellino. Non possiamo tacere perché, continua Salvatore, "non ci può essere una democrazia fondata sul sangue, fondata sui ricatti incrociati legati alla sparizione di un'agenda rossa e delle memorie di un computer e a quello che può esserci scritto o registrato. Ricordate che non basta cambiare nome ad un partito [...] Ricordate che non basta cambiare il numero d'ordine di una repubblica [...]" concludendo amaramente "Ricordate, soprattutto voi giovani, che il futuro è vostro e che ve lo
stanno rubando"
. E alcuni giovani questi stessi pensieri li fanno da due anni, sono giovani che stanno mettendo in gioco la loro vita e i loro volti. Si sono mobilitati dopo l'omicidio, ad opera della 'ndrangheta calabrese, di Francesco Fortugno, politico calabrese. I giovani di Ammazzateci tutti(http://www.ammazzatecitutti.org) il loro futuro non vogliono che venga rubato da nessuno. I commemoratori di oggi però, quelli che si stanno riempiendo la bocca con i nomi di Falcone e Borsellino, non soltanto hanno abbandonato i giovani della Locride, ma li hanno addirittua boicottati, intralciati e infamati. Basta rileggersi l'articolo pubblicato su PeaceLink nel dicembre scorso "Nessuno di noi è una pecora" (http://italy.peacelink.org/sociale/articles/art_19892.html) per rendersi conto di come uno tra i principali partiti nazionali abbia scatenato contro Ammazzateci tutti una vera campagna denigratoria e di odio. Ma tante, tantissime sono le domande che andrebbero fatte ai campioni della retorica, a coloro che hanno sempre grandi paroloni davanti ai microfoni e alle telecamere. Il documentario trasmesso l'altra sera su RAI3 (menzionato da Salvatore Borsellino tra l'altro) si intitolava "In un altro paese". Il titolo non è casuale e non ha riferimenti a occulti significati esoterici. Quel titolo è un atto d'accusa, un'accusa pesantissima che nessun giornalista italiano è stato capace di sollevare in questi anni. E' dovuto venire dagli Stati Uniti Stille per ricordarci l'infamante realtà: negli Anni 80, nel pieno della lotta alla mafia, Borsellino e Falcone furono condannati, giudicati, infanganti dall'Italia intera, a partire dalla sua classe politica. Dov'erano allora Marini, Prodi, Amato, Napolitano, Bertinotti e tutto il carrozzone politicante? Tacevano quando non patteggiavano per i corrotti, i conniventi e i perbenisti che insultavano i due magistrati. Ma il silenzio omertoso in questi anni è andato avanti e continua. Chi, ancora oggi, impedisce al tg1 di trasmettere, da dieci anni, l'intervista a Rita Borsellino dove lei, parlando del fratello, afferma che stava indagando sugli intrecci tra alta finanza e politica? Chi impedisce ancora oggi di trasmettere l'ultima intervista di Paolo Borsellino ad un giornalista francece, facendo così credere che l'ultima sia quella a Sposini del Tg5? Quanti ancora in questi anni hanno affossato, insabbiato, boicottato le indagini e i risultati del gruppo di
Caponnetto? Quanti in questi anni hanno impedito di scoprire la verità sui mandanti "a volto coperto" delle stragi? E come mai ancora oggi non sappiamo perché in via D'Amelio nessuno, nonostante varie richieste, ha deliberato il divieto di sosta? Chi e perché non l'ha fatto? Come è possibile che gli unici indagati siano stati gli unici che in quegli anni hanno veramente lottato, dopo le stragi, contro la mafia, cioè il capitano Ultimo e il suo superiore diretto Mario Mori?

Queste domande restano, insieme a tantissime altre sulla strage di Via D'Amelio e sul sacrificio di Paolo Borsellino e della sua scorta, senza risposta. Non le sentirete in prima serata sui grandi Tg così come non li leggerete sui giornali della grande stampa. E i politicanti, i tromboni della retorica che oggi inzuppano mielosamente le labbra, mai daranno risposta. Quando tutte queste domande avranno risposte, quando mandanti, boicottatori, profittatori, conniventi, corrotti, perbenisti, insabbiatori e incapaci saranno scoperti e non saranno più protagonisti dell'italico teatrino, allora, solo allora potremo tornare a commemorare Borsellino e Falcone, solo allora.
Nel frattempo speriamo solo che ci sia sempre qualcuno che continui a bussare alle loro porte, per ricordargli che "anche se si sentono assolti sono per sempre coinvolti".

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