La settimana di quattro giorni

È ora della flessibilità radicale

Sono in molti a sognare la settimana di quattro giorni, lo dimostrano le reazioni alla falsa notizia che arriva dalla Finlandia. Per cominciare sarebbero già d’aiuto orari di lavoro meno rigidi
13 gennaio 2020
Carla Baum
Tradotto da Stefano Porreca per PeaceLink
Fonte: Zeit Online - 09 gennaio 2020

Lavoratori berlinesi che prendono la metropolitana per recarsi sul posto di lavoro

La notizia era troppo bella per essere vera: il nuovo capo del Governo finlandese, Sanna Marin, propone la settimana di quattro giorni e di sole sei ore a giornata. A inizio settimana, il presunto piano della coalizione finlandese si è diffuso velocissimamente sui social media. Una madre di 34 anni, il più giovane capo di governo del mondo porta una ventata di aria fresca non solo nella politica, ma anche nel mondo del lavoro. Il che calzava a pennello. Ma non era vero. Poco dopo, su Twitter il Governo finlandese chiarisce che la settimana lavorativa di quattro giorni non fa parte del nuovo programma di governo, ma è solo un’idea che Marin ha esposto lo scorso agosto durante una tavola rotonda.

L’entusiasmo che questa fake news ha generato può essere spiegato come il sintomo di un’aspirazione sociale a tutto campo: avere più tempo, più opportunità di svago, una quotidianità che non sia costituita soltanto dal lavoro e da un riposo serale spesso colmo di stress organizzativo.

Alla base del desiderio della settimana lavorativa di quattro giorni, naturalmente, c’è il sogno di disporre di maggior tempo libero. Tuttavia, non tutti i lavoratori vogliono o possono lavorare di meno. A tanti basterebbe già essere più flessibili. Lavorare, infatti, spesso significa dalle nove alle cinque, dal lunedì al venerdì. Alle 7.15 suona la sveglia, alle 7.25 ci si fa la doccia, alle 7.50 un caffè in velocità, alle 8.11 parte la metropolitana. Cinque giorni alla settimana, 250 all’anno, ogni mattina il collega saluta con la voglia di chiacchierare.

Il mondo del lavoro digitalizzato del XXI secolo, per la verità, consente di evadere da queste rigide costruzioni. L’ora di una maggiore flessibilità è giunta da molto tempo. Le imprese, tuttavia, tentennano troppo a dare seguito a questo desiderio. È vero che molte di queste reclutano con una politica a sostegno delle famiglie e con orari di lavoro flessibili, ma in realtà si limitano a regolamenti sulla flessibilità oraria e a pochi giorni di lavoro a domicilio l’anno. Fino ad oggi la settimana lavorativa di quattro giorni è una realtà soltanto in qualche piccola azienda, perlopiù giovane, e per alcuni dipendenti di grandi imprese tecnologiche come Google, Amazon e Microsoft.

Fiducia anziché controllo

Che i datori di lavoro disposti a tentare qualcosa del genere non siano molti di più, da una parte si spiega con il fatto che questi rimangono ancorati alle vecchie strutture. La conferenza alle 8 del mattino? Qui abbiamo sempre fatto così. Molti rapporti di lavoro, inoltre, si basano sul controllo: se i dipendenti siedono alla loro scrivania in orari prestabiliti, in ogni momento il capo può controllare se il signor Özcan preferisca chiacchierare prendendo il caffè, anziché telefonare al cliente.

Dai superiori la flessibilizzazione esige che questi ripongano fiducia nei loro dipendenti. Dopotutto, non conta di certo quanto a lungo la signora Friedrich faccia la pausa sigaretta, ma che, come da programma, abbia fatto l’ordinazione entro mercoledì pomeriggio. Uno studio dell’Institut der deutschen Wirtschaft (Istituto economico tedesco), politicamente vicino ai datori di lavoro, ha dimostrato che orari e rapporti di lavoro flessibili, caratterizzati dalla fiducia, rendono i dipendenti non solo più soddisfatti, bensì anche più produttivi. Al contempo, sono i dirigenti stessi a dover dare un esempio tangibile di flessibilità. Se il capo si siede alla scrivania sempre alle otto e lascia l’ufficio sempre per ultimo – chi osa portare a termine i suoi compiti in quattro giorni e rimanere a casa al venerdì?

Quali settori sarebbero adatti a orari di lavoro flessibili?

Le dipendenti e i dipendenti dovrebbero poter realmente suddividere il loro tempo come vogliono. Molte cose sarebbero possibili perfino nei rapporti di lavoro a tempo pieno: ogni due settimane un venerdì libero, in cambio quattro giornate prolungate da dieci ore ciascuna. O un’alternanza tra giornate in cui si continua a lavorare dopo cena e quelle con il pomeriggio libero. Forse, c’è perfino qualcuno che alla domenica sera si siede volentieri al computer quando la famiglia guarda un noioso episodio di Tatort.

Non in tutti i settori è possibile attuare una tale flessibilità. Di mattina un’insegnante di scuola primaria non può prima recarsi a fare yoga e alle 11 essere in classe, se le lezioni iniziano alle 8. Il giovedì sera un infermiere non può lavare così tante persone e occuparsi di dar loro da mangiare da riuscire il venerdì mattina ad andare al parco per leggersi un libro. E un’operaia che lavora a turni non può lasciare per un’ora il suo posto di lavoro per riprendere, in modo flessibile, le sue mansioni in un secondo momento. A ciò si aggiunge che, quanti più sono i contratti collettivi all’interno di un'impresa, tanto più è difficile applicare regolamenti individuali.

Chiedete e sperimentate

Eppure, all’incirca metà degli impiegati tedeschi lavora al computer, e la tendenza è al rialzo. Spesso, ad essi spettano compiti prestabiliti che devono essere eseguiti entro una certa data. È in questi campi, per esempio, che si potrebbe iniziare - e sperimentare orari di lavoro flessibili. Ai loro dipendenti i superiori potrebbero chiedere quali orari desiderino. Quale sia il momento in cui sono più produttivi, quando siano i loro momenti critici, quali siano per loro le scadenze più importanti da rispettare in team. E a partire da ciò condurre un test per un periodo di tempo limitato: cosa succede se per un mese tutti sono presenti in ufficio dal lunedì al giovedì? Come funziona l’attività lavorativa quotidiana se il signor Özcan arriva già alle 7.30 e va via prima, mentre la signora Friedrich si fa una bella dormita e resta fino alle 20? Nel peggiore dei casi l’esperimento è un’evasione caotica dal solito tran tran - che potrebbe però rivelarsi anche una boccata d’aria fresca. Nel migliore dei casi nascono dei modelli da cui tutti traggono profitto.

Tradotto da Stefano Porreca per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: "Es ist Zeit für radikale Flexibilität"

Per consultare il profilo completo del traduttore, cliccare qui:
www.linkedin.com/in/stefano-porreca
www.proz.com/profile/2546108

Articoli correlati

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.15 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)