Così il procuratore Gratteri definisce in TV il testo della ministra Cartabia

"La peggiore riforma della giustizia che abbia mai visto"

E c'è il rischio di applicare il principio di retroattività della legge penale più favorevole: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.
2 agosto 2021
Redazione PeaceLink

Riforma della giustizia e tempi dei processi

Sul testo di riforma della giustizia della ministra Cartabia (in discussione adesso in Parlamento) il Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri a La7 dice: “Uno dei punti della riforma è l’improcedibilità dell’azione penale". E poi: “Una tagliola devastante. La peggiore riforma della giustizia da quando io sono in magistratura. Serve solo a buttare al macero i processi in appello, per cui la faranno franca migliaia di imputati già condannati in primo grado”. 

Pasquale Bronzo, docente di Procedura penale alla Sapienza, teme che della norma dell'improcedibilità dell'azione penale penale si possano avvalere anche gli imputati per processi precedenti all'intrata in vigore della legge e dice: "Qualsiasi avvocato solleverà la questione". E poi: "Dal punto di vista costituzionale, quella norma è piuttosto pericolante".

La regola fondamentale da cui parte il ragionamento è quella dell’articolo 2, quarto comma del codice penale, il principio di retroattività della legge penale più favorevole: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.

Ed è stata la Corte Costituzionale a sancire: “La regola dell’applicazione retroattiva della lex mitior (la legge meno severa, ndr) in materia penale”, si legge, “non è sprovvista di fondamento costituzionale: fondamento che la costante giurisprudenza di questa Corte ravvisa anzitutto nel principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., che impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della norma".

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