Il “mostro” Ilva inghiotte un’altra vita
Primo agosto tragico in Puglia. A distanza di poche ore 3 uomini, 3 operai hanno perso la vita sul lavoro. È passato poco più di un mese dalla morte di un operaio 19enne nell’indotto dell’Ilva di Taranto e il siderurgico tarantino è tornato nell’occhio del ciclone con un nuovo, sconvolgente, infortunio mortale. Anche questa volta la vittima è un giovanissimo tarantino: Domenico Occhinegro, 26 anni, di Palagiano. Per cause in corso d’accertamento, è stato colpito alla testa da un grosso tubo, nel reparto “Tubificio2”, durante le fasi di lavorazione, ed è stato subito soccorso dai compagni di lavoro. Trasportato all’ospedale “SS.Annunziata”, è morto cinque ore dopo il ricovero senza riprendere conoscenza. Lavorava per Riva da tre anni, conosceva bene il suo lavoro, sapeva come muoversi per non farsi male. Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sull’infortunio sono state avviate due inchieste, una dell’Ispettorato del Lavoro, l’altra da parte dell’azienda. Fino alle sette di questa mattina i colleghi di reparto sciopereranno: ieri si sono radunati sotto la Prefettura, in attesa che sindacati e vertici aziendali incontrassero il Prefetto per rimettere in moto la macchina amministrativa e accelerare le pratiche di insediamento del Nucleo Operativo di Vigilanza.
«Ormai siamo di fronte ad una vera e propria emergenza sicurezza nel più grande stabilimento siderurgico d’Europa e nella più grande realtà produttiva della Puglia - ha commentato Mimmo Pantaleo, segretario generale Cgil Puglia - le parole non bastano più ed è intollerabile che l’Azienda per l’ennesima volta tenta di scaricare le proprie responsabilità». Altissimo il bilancio degli infortuni mortali negli ultimi 17 anni: una quarantina di morti. Sei morti e decine di ferite solo negli ultimi due anni, secondo i dati raccolti dalla Uilm. «E’ una vera ecatombe - commenta il segretario provinciale del sindacato dei metalmeccanici, Rocco Palombella - quattro delle sei vittime degli ultimi due anni lavoravano per ditte dell’appalto, due alle dirette dipendenze dell’Ilva».
«Siamo stanchi - ha attaccato ancora Pantaleo - di ascoltare parole e denunce sulla situazione in Ilva e poi non succede mai nulla. Tutti sono consapevoli dei rischi che corrono i lavoratori in quello stabilimento, basti leggere i documenti delle commissioni d’inchiesta parlamentari, ma nessuno e’ in grado di imporre all’Ilva una netta inversione nel modo di concepire la vita dei propri dipendenti concepita come un puro costo da ridurre».
A Palagiano, cittadina di origine del 26enne, è stato proclamato il lutto cittadino: la morte di Domenico ha colpito tutti. Davanti al cancello di casa si formano montagnette di fiori lasciate dai passanti. I bigliettini recitano: «Non si può morire lavorando».
Le altre due vittime sono Andrea Sindaco, 34 anni, dipendente di una ditta di movimento terra di Otranto, rimasto schiacciato dal braccio meccanico di una macchina per il trasporto del cemento. E Cosimo Perrino, 60 anni, di Crispiano (Taranto), morto in un cantiere del rione Bozzano del capoluogo dove è in corso la realizzazione di un multisala.
Posto di lavoro come trincea di guerra – “Tre operai morti in un solo iorno nella nostra regione. Tre morti che si aggiungono alla strage quotidiana che, in tutta Italia, trasforma il posto di lavoro in una trincea di guerra”. A parlare è il presidente della regione Puglia Nichi Vendola che, nell’esprimere il “cordoglio di tutti i pugliesi per queste tre vite spezzate, e la solidarietà ai loro parenti” si rivolge al Parlamento affinché completi “rapidamente l’iter di approvazione della nuova legge sulla sicurezza sul lavoro”.
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