«Tarantini, volete chiudere l’Ilva?»
Per questo ha costituito, insieme ad un gruppo base di quindici persone, il Comitato referendario per la tutela della salute e del lavoro “Taranto futura”. Il comitato, pronto ad intraprendere una vera e propria battaglia contro l’inquinamento è stato presentato mercoledì sera, insieme al referendum che intende proporre ai tarantini. I suoi membri hanno ideato una campagna volta alla raccolta di firme tra i cittadini per sondare la volontà di chiudere lo stabilimento siderurgico del quartiere Tamburi. «Constatati i livelli di inquinamento prodotti dall’Ilva - spiega l’avv. Russo - e pensando, ad esempio, ai dati riferiti al PM 10 rilevato dalle centraline dell’Arpa del quartiere Tamburi, abbiamo deciso di chiamare a raccolta la cittadinanza».
Il primo passo, dopo la presentazione del comitato, sarà la raccolta delle firme tra i cittadini. «Presso le sedi istituzionali ma anche attraverso banchetti in diverse zone della città raccoglieremo le firme. Poi, una volta raggiunto il numero previsto dal regolamento comunale - cinquemila firme - le consegneremo al sindaco affinché indica la consultazione referendaria».
Il primo obiettivo di “Taranto Futura” sarà quello di destare dal torpore la classe politica locale. «Vogliamo sollecitare le istituzioni - continua Russo. Impegnare la politica. I politici per quarant’anni sono stati a guardare. E’ arrivato il momento di dire basta. «Ai tarantini porremo due semplici quesiti. Il primo più netto. Testualmente si chiede: “Volete voi, cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute e quella dei lavoratori contro l’inquinamento, la chiusura dell’Ilva con l’impegno del Governo a tutelare l’occupazione impegnando i lavoratori per la bonifica dell’area e per lo sviluppo di altre attività non inquinanti, nonché per lo sviluppo del porto. O - in alternativa - volete solo la chiusura dell’area di lavorazione a caldo dell’Ilva con lo smantellamento dei parchi minerari?”».
Al dubbio sollevato sulla fattibilità della proposta l’avv. Russo risponde «Non si tratta di qualunquismo, ma della volontà di impegnare i politici». Russo tiene a sottolineare soprattutto un aspetto. «Noi non chiediamo solo la chiusura dell’Ilva. Ma ci teniamo alla tutela del lavoro. E, infatti, il quesito è unito all’impegno del governo ad impiegare gli operai nell’opera di bonifica dell’area dove oggi sorgono le attività industriali. E lì c’è da lavorare almeno per altri quarant’anni.
L’impegno del Governo chiediamo sia diretto anche allo viluppo di attività produttive non inquinamenti. Il futuro di Taranto è il suo porto. E’ al porto che bisogna guardare. Perché a Taranto dovremmo essere rassegnati a morire di tumore? La nostra proposta non è utopica. Pensiamo agli esempi che provengono da Bagnoli e Cornigliano dove è stata chiusa l’area a caldo. La politica non può dire che a Taranto si può morire di tumore. Troppe sono le vittime tra i lavoratori e i cittadini. La corte costituzionale ha sancito il primato della tutela della salute sul lavoro. Noi vogliamo tutelare invece anche il lavoro. Per noi è un aspetto importante della questione. E’ ai lavoratori che pensiamo. Dopo quarant’anni di lavoro all’interno dell’industria, quali sono le ripercussioni sulla salute? I lavoratori sono i più danneggiati, affetti da malattie polmonari».
Tra i professionisti che affiancano l’avv. Russo in questa avventura anche l’ematologo Patrizio Mazza. Del comitato base fanno parte anche Franco Conte, Claudio Monteduro, Ida Morales, Clara Fornaro, Aldo Tomai, Leo Corvace, Nevio Conte, Luca Piccione, Maria Carmela Siliberto, Pietro Velluzzi, Giuseppe Carlucci e Emma Bellucci.
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