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Legambiente presenta una denuncia alla Magistratura perché siano appurate le responsabilità

Scempio ambientale a Punta Rondinella

Circa un mese fa la Polizia Provinciale ed il Noe dei Carabinieri hanno sospeso i lavori per la realizzazione di un deposito per lo stoccaggio di idrocarburi a Punta Rondinella, area sottoposta a vincoli paesaggistici
30 novembre 2007
Fonte: TarantoSera

Legambiente Circolo di Taranto Fermiamo lo scempio a Punta Rondinella. Questo il grido di allarme che lancia Legambiente, e passa dalle parole ai fatti sottoponendo all’attenzione della Magistratura una denuncia, affinché vengano appurate le responsabilità di chi ha permesso che venisse cementificata un’area sottoposta a vincoli paesaggistici.

«Circa un mese fa la Polizia Provinciale ed il Noe dei Carabinieri hanno sospeso i lavori per la realizzazione di un deposito per lo stoccaggio di idrocarburi a Punta Rondinella - racconta Leo Corvace, responsabile provinciale di Legambiente, che questa mattina ha esposto il caso alla stampa in una conferenza - Al proprietario della struttura, che aveva ricevuto la concessione edilizia dal Comune di Taranto nel 2005, con la vecchia Giunta Di Bello, i militari hanno contestato la mancanza del Piano di caratterizzazione.

Taranto infatti rientra nei siti di interesse nazionale per le bonifiche. In più è stato riscontrato il mancato smaltimento dei materiali inerti». Legambiente ha però deciso di andare oltre nella vicenda, ed indagando, in particolare sulle modalità che hanno portato al rilascio della concessione edilizia in un’area in cui è prevista invece la salvaguardia del paesaggio, ha riscontrato pesanti anomalie. E’ per questo motivo che adesso chiede che sia la Magistratura a fare luce sulla vicenda, a verificare se ci siano state mancanze e responsabilità, e ad appurare a chi effettivamente appartengano. La denuncia presentata, oltre a quella di Legambiente, porta anche la sottoscrizione delle diverse associazioni ambientaliste che operano sul nostro territorio.

«Abbiamo riscontrato innanzitutto che il rilascio della licenza edilizia da parte del dirigente comunale è avvenuta senza la valutazione di impatto ambientale - continua Leo Corvace - cosa invece prevista dalla Legge regionale numero 11 del 2001. Sebbene la capienza del deposito di idrocarburi non superi i 40 mila metri cubi previsti per legge, non è stata considerata la rilevanza ambientale della zona, che automaticamente fa abbassare la soglia di un terzo, portandola a 28mila metri cubi. Il capannone ne ha invece 36mila e 500. In questa mancanza noi riteniamo che anche il dirigente regionale abbia mancato di attenersi alle regole».

Ma una grossa responsabilità in quanto avvenuto Legambiente l’addossa alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Puglia, che non avrebbe affrontato la vicenda come doveva. «La Soprintendenza, che in un primo momento aveva dato la sospensiva ai lavori, e che pure poteva facilmente spuntarla nel ricorso presentato al Tar dalla società che impugnava il provvedimento, alla fine non ha presentato la documentazione necessaria a dimostrare l’inedificabilità della zona. L’aria in questione è caratterizzata invece dalla presenza di vincoli paesaggistici, e dai vincoli imposti dal Putt, il Piano urbanistico tematico territoriale, che annovera quella zona nella classe C e D, e quindi ad alto valore di salvaguardia».

Non va inoltre dimenticato che a Punta Rondinella sono presenti aree di interesse archeologico e storico. Proprio per erigere il deposito sono state demolite delle palazzine militari vecchie di oltre cinquant’anni, “senza che ne fosse esaminato preventivamente il valore storico”. Infine, è stato approvato da poco il Piano urbanistico del Porto, in cui Punta Rondinella è inclusa, che va in netta controtendenza alla cementificazione a cui si vuole dar luogo. Adesso toccherà alla Magistratura fare il suo corso, ed appurare se, e di chi, siano state le colpe di quanto accaduto.

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