Autorizzazioni bloccate, ultimatum Eni a Taranto
BARI — Il mega-investimento dell'Eni a Taranto - un miliardo per raddoppiare la raffineria - rischia di saltare e di essere dirottato all'estero. Le conseguenze? Andrebbero in fumo mille posti di lavoro in tre anni e 160 unità aggiuntive alle 420 attualmente applicate nel plesso jonico. Il tutto in un contesto di criticità che contraddistingue le «casse» e il futuro della città.
A recepire la pessima notizia (non ufficialmente formalizzata), è Confindustria Taranto che in occasione del tradizionale scambio d'auguri con il colosso dell'energia ha recepito i malumori del management.
L'Eni, che a inizio del 2007 aveva deciso di includere i lavori nello stabilimento di Taranto tra le linee del piano d'espansione fino al 2010 (4 miliardi), si è dovuta scontrare con resistenze e vincoli burocratici. Nelle intenzioni della multinazionale italiana, infatti, l'iter autorizzativo si sarebbe dovuto sbloccare dopo la pausa estiva, ma a pochi giorni dall'inizio del 2008 tutto è ancora fermo. Ciò ha messo in allarme l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, che in tempo di caro-petrolio è concentrato nel potenziamento della fase di trasformazione della materia prima. «Come tutti i grandi investimenti proposti a Taranto - afferma Luigi Sportelli, presidente della sezione locale di Confindustria - anche quello dell'Eni rischia di non vedere la luce. Il tutto a danno dell'economia locale in cui l'occupazione e la ricchezza continuano a diminuire. E le aziende a scappare perché non c'è certezza nei tempi d'attuazione».
Sportelli, che è il capo degli imprenditori jonici (l'Eni aderisce alla sezione territoriale di Confindustria), vuole vederci chiaro e al ritorno dalla pausa natalizia volerà a Roma per un faccia a faccia con il gruppo energetico. «Taranto - prosegue Sportelli - deve darsi una scossa.
I grandi investimenti continuano e essere in una fase d'agonia che si ripercuote negativamente sulla nostra comunità. In panne è anche il rigassificatore della Gas Natural, la costruzione del Distripark e il dragaggio dei fondali del porto. Non si vogliono gli ipermercati e si fa solo populismo». I lavori di ammodernamento della raffineria prevedono anche la costruzione di due oleodotti (Nola e Brindisi) per chiudere il ciclo della lavorazione: estrazione in Val d'Agri, raffinazione a Taranto e trasformazione a Brindisi (con l'apporto della Polimeri).
A tal fine era stato predisposto il cambio di tecnologia con il rinnovo degli impianti. Per verificare l'impatto ambientale del raddoppio l'Arpa (agenzia regionale) aveva stilato una lista di 56 quesiti che l'Eni pare abbia già definito. «Ma ora - conclude Sportelli è il tempo dei fatti».
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