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La UIL di Taranto fa parte del comitato locale contro il rigassificatore

Impianto di rigassificazione: le ragioni del NO della UIL di Taranto per la sua istallazione sul territorio tarantino

Relazione presentata il 31 gennaio 2008 alla Commissione VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) della Regione Puglia
15 febbraio 2008
UIL Taranto

1) E' STATO MINIMIZZATO IL RISCHIO

Francesco Sorrentino (al centro) e il Comitato contro il rigassificatore di Taranto
Si è puntato su un territorio già martoriato e che si riteneva, erroneamente, assuefatto ad alti rischi. Il sito individuato per il rigassificatore è compreso nell'area dichiarata "Area ad elevato rischio di crisi ambientale" nel novembre 1990.

Tale dichiarazione è stata reiterata nel luglio 1997. Con decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998 è stato approvato il "Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto".

E' significativo il fatto che cercando con il computer sull'intero file contenente l'ultimo Studio sull'effetto domino (commissionato da Gas Natural ad un consorzio interuniversitario) non si trovi mai la sequenza di parole “area ad elevato rischio di crisi ambientale”.

Pertanto riteniamo che tale studio commissionato dalla Gas Natural sia sostanzialmente finalizzato a minimizzare il rischio.

2) MANCA L'INFORMAZIONE AI LAVORATORI

Ciò che balza agli occhi nell'ultimo Studio sull'effetto domino commissionato dalla Gas Natural è che vengono citate informazioni relative al rischio di incidente rilevante nell'area tarantina. Tali informazioni dovrebbero essere di pubblico dominio. Ma noi come sindacato non ne conosciamo l'esistenza né siamo stati mai informati con comunicazioni formali.

Ad esempio a p. 6 sono citate le “schede di informazione sui rischi di incidente rilevante per i cittadini ed i lavoratori” (allegato V al D.Lgs. 334/99) da cui vengono tratte informazioni per verificare il rischio di effetto domino.

Appare in tutta la sua evidenza che la comunicazione dell'informazione ai lavoratori, ai cittadini e alle stesse organizzazioni sindacali è non solo carente ma del tutto assente su questioni cruciali quali sono quelle relative alla sicurezza e al rischio di incidente rilevante.

Inoltre và ricordato che Taranto è un porto militare autorizzato al transito di sottomarini a propulsione nucleare ed è stato adottato un piano di emergenza nucleare, il porto di Taranto è pèrtanto soggetto alle cautele del decreto Legislativo 230/95 (attuazione delle direttive 89/618 Euratom in materie di radiazioni ionizzanti), considerato un traffico ( di circa 110 metaniere all’anno) va rilevato che non può essere esclusa una collisione tra una unità a propulsione nucleare ed una metaniera, evento di eccezionale gravità

Stesso discorso vale per il Piano di emergenza nell'area industriale.

La situazione è tale che oggi le informazioni ai lavoratori e ai cittadini non sono affisse in alcuna bacheca pubblica né comunicate su Internet né comunicate ai cittadini e alle organizzazioni sindacali per lettera, per radio o TV. Non è noto alcun piano di evacuazione e protezione della cittadinanza. L'assenza di informazione pubblica sul rischio di incidente rilevante – occorre sottolinearlo con forza - è totale. Collocare un ulteriore rischio in questo quadro è un azzardo che nessuna persona ragionevole può permettersi. E' diritto della popolazione opporsi a progetti che incrementino il rischio futuro quando manca l'informazione ai lavoratori e ai cittadini su quello attuale.

3) LA STRATEGIA DEI RIGASSIFICATORI NON PORTA VERO SVILUPPO

Pertanto riteniamo che la strada da seguire sia quella del risanamento del territorio, con politiche di occupazione che si congiungano alla tutela dell'ambiente e al suo risanamento così come prevede la legge.

Riteniamo che questa prospettiva di risanamento ambientale consenta di occupare ben più delle 80 unità lavorative previste per il rigassificatore, le cui competenze spesso vengono importate da aziende specializzate non presenti sul territorio fornendo un contributo occupazionale quasi nullo.
Riteniamo inoltre che la prospettiva del risparmio energetico consenta un indotto occupazionale superiore rispetto al semplice aumento e spreco delle risorse energetiche impiegate. Basti pensare alle unità lavorative utilizzabili nell'isolamento dei palazzi mediante un piano sistematico che porti a dotare gli edifici di infissi ad alta capacità isolante. La diffusione di pannelli solari termici e fotovoltaici consentirebbe l'attivazione di un nuovo settore economico in città che potrebbe dare lavoro a decine di giovani. La certificazione energetica degli edifici (così come già avviene in città come Bolzano e così come richiesto dalle recenti normative) consente di definire nuovi standard di consumo tali da abbassare fino ad un decimo il fabbisogno energetico civile (parliamo ad esempio delle cosiddette “case passive”). E anche nel settore industriale il protocollo di Kyoto impone una riduzione delle emissioni che dovrà tradursi in nuove tecnologie del risparmio energetico in ambito produttivo.

L'attuale strategia energetica punta invece ad incrementare quanto più possibile la disponibilità di gas prescindendo da un piano energetico nazionale e quindi senza una programmazione che definisce l'effettivo fabbisogno alla luce delle possibilità di risparmio consentite da nuove tecnologie e nuove strategie che, lo ripetiamo, hanno un indotto occupazionale in quanto richiedono know how, innovazione e ricerca.

Ed è per queste ragioni che riteniamo che, anche da un punto di vista sindacale, sarebbe miope abbracciare una strategia dello spreco e dell'incremento energetico. Questo porta a cumulare, così come sta avvenendo in Puglia, impianti su impianti, con effetti cumulativi sia dell'inquinamento sia del rischio tecnologico.

Il piano dei rigassificatori italiani quindi non ha finalità di mera importazione, ma si colloca in una logica di esportazione, puntando a fare dell'Italia un "hub" (ossia un punto di snodo della fornitura energetica dell'intera Europa). Ciò non ha nulla ha a che fare con l'autosufficienza energetica della nostra nazione e appare invece un progetto in cui la politica diventa piattaforma per gli affari.

Per di più tale piano sposterebbe nel sud dell'Italia una parte considerevole di quel rischio tecnologico altrove viene rifiutato.
E a Taranto viene proposto appunto un rigassificatore altrove rifiutato: se fosse un'occasione di sviluppo non capiamo perché altrove venga accolta con proteste popolari.

4) ESISTE UN RISCHIO ESPLOSIONE DELL'AREA INDUSTRIALE

Intendiamo tralasciare la riproposizione delle osservazioni e controdeduzioni tecniche sull'effetto domino elaborate dal Comitato contro il rigassificatore e dal Comune di Taranto, di cui condividiamo il contenuto.
Sono questioni di tale rilevanza che la decisione ultima non può spettare ai soli tecnici ma a chi percepisce e vive il rischio, ossia alla cittadinanza e ai lavoratori. E' una ragione tecnica sufficientemente critica e rilevante da non poter essere esclusa a priori per il futuro. Pertanto tale ragione, per il principio di precauzione, consiglia di accantonare il progetto per ragioni di sicurezza.

5) IL SITO DEL RIGASSIFICATORE NON E' ISOLATO

Sull'unico rigassificatore italiano (quello di Panigaglia) è stato affermato che:

“Gli incidenti rilevanti ipotizzabili riportati nel Rapporto di Sicurezza sono relativi a rilasci accidentali di gas naturale liquefatto e di gas naturale per rottura di parti di impianto. Le conseguenze possibili sono dispersione, incendio e deflagrazione, le quali, data l’ubicazione dell’impianto e la morfologia del territorio circostante, creano effetti esclusivamente all'interno dell'area dello stabilimento, non accessibile alla popolazione, o nelle zone a mare interdette alla navigazione”.

Può essere scritta la stessa dichiarazione da parte della Gas Natural? No.
Questa è un'altra ragione che consiglia di esprimere un netto NO all'impianto.

6) I COSTI DEL RIGASSIFICATORE FINISCONO IN BOLLETTA

Occorre poi osservare che i presunti vantaggi economici dei rigassificatori sono tutti da verificare. Anzi, stando a quanto documentato da Report (RAITRE 18/11/2007), vi sarebbero dei costi (i rischi di impresa) che verrebbero scaricati nella bolletta dei consumatori.

7) CONCLUSIONI

Queste considerazioni crediamo siano sufficienti per smontare ogni residua fiducia in una strategia che incrementa il rischio senza portare benefici né per l'occupazione né per la bolletta. E' per le sopra esposte ragioni che la UIL dichiara la sua netta contrarietà al rigassificatore di Taranto, invitando la Commissione VIA ad evidenziare le criticità non risolte.


Il segretario generale UIL- Ta
Francesco Sorrentino

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