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Taranto pride

Guardo negli occhi i miei figli e i tanti bimbi che incrocio per strada, viene voglia di andare via, verso una città meno "dissestata".
5 novembre 2008


"E se il destino avverso mi terrà lontano, allora cercherò le dolci acque del Galeso caro alle pecore avvolte nelle pelli, e gli ubertosi campi che un dì furono di Falanto lo Spartano. Quell'angolo di mondo più d'ogni altro m’allieta, là dove i mieli a gara con quelli del monte Imetto fanno e le olive quelle della virente Venafro eguagliano; dove Giove primavere regala, lunghe, e tiepidi inverni, e dove Aulone, caro pure a Bacco che tutto feconda, il liquor d'uva dei vitigni di Falerno non invidia affatto. Quel luogo e le liete colline Te chiedono accanto a Me; dove tu lacrime spargerai, come l'affetto tuo esige nei confronti miei, sulla cenere ancòra calda dell'amico tuo poeta."
Quinto Orazio Flacco - A Settimio - Odi (Venosa, 8 dicembre 65 a.C. - Roma, 27 novembre 8 a.C.)

Il ponte girevole di Taranto

Il destino ha cercato di tenermi lontano da Taranto. Con molti miei coetanei trentenni ci è riuscito: saluti la tua città per studiare altrove prima, per lavorare poi. La mia storia è diversa perché a Taranto - sei anni fa - dopo tre anni di lavoro a Roma ho scelto di tornarci, sposare la donna che amo e far nascere e crescere i nostri due bambini. Perché a Taranto e non a Roma? Dovrebbe bastare la risposta più naturale: "perché sono Tarantino".

Qui sono cresciuto, ho i miei affetti. Sento miei i luoghi, i profumi e le tradizioni che fanno parte della storia di Taranto.

Qui il costo della vita è ancora tale da consentire di acquistare una casa edi andare avanti - con le necessarie rinunce - come famiglia monoreddito e di dedicare il giusto tempo alla famiglia, ai figli, agli affetti.

Qui abbiamo ancora primavere lunghe e inverni tiepidi ma sappiamo tutti che il fiume Galeso non è lo stesso che descriveva Orazio. Il cielo non è lo stesso. L'aria e il mare non sono gli stessi. Oggi però c'è una maggiore consapevolezza che la nostra città sia malata.

Guardo negli occhi i miei figli e i tanti bimbi che incrocio per strada: riusciranno a vedere lo stesso cielo che vedeva Orazio? A tanti genitori, me compreso, viene voglia di andare via e portare i propri figli in un'altra città. Una città qualunque perché sarebbe sicuramente meno inquinata. Perché avrebbe sicuramente più verde e più servizi. Una sede universitaria degna di tale nome. Una città meno "dissestata". Una prospettiva lavorativa migliore. Ma sappiamo in cuor nostro che non sarebbe mai come la nostra Taranto. Ecco perché bisogna lottare per migliorare le cose iniziando a migliorare noi stessi.

La speranza di avere un cielo pulito, delle strade pulite è nel cuore di tanti tarantini che come me sono convinti che le industrie possano coesistere con il diritto al lavoro ed alla salute dei cittadini, che insegnano ai propri figli ad usare l'auto il meno possibile, a raccogliere e differenziare correttamente i rifiuti, a non comprare ciò che può essere riutilizzato, a non sprecare l'acqua, l'energia elettrica.

Non bisogna stancasi di informarsi ed informare, educarsi ed educare: in questo l'internet può aiutare, il confronto diretto con il nostro prossimo è l'opportunità di crescita più grande. È il sorriso dei miei bambini che ha risvegliato la mia coscienza e mi obbliga ad essere un esempio di coerenza e di vivere civile. Il loro diritto a crescere in una città sana deve essere lo stimolo a cambiare, a credere in uno sviluppo sostenibile.

"Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo" diceva il Mahatma Gandhi: mi basterebbe iniziare ad essere il cambiamento che voglio vedere a Taranto. Per me stesso. Per i miei figli.

Antonino Russo

Ps: domani porto la famiglia alla scuola Giusti.

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