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L'Ilva contesta la legge antidiossina

Per il gruppo siderurgico i tagli alle emissioni previsti dalla normativa regionale non sono applicabili all'impianto di Taranto. La reazione del Governo non si è fatta attendere. Anche per il ministro dei Rapporti con le Regioni, il pugliese Raffaele Fitto, quella legge è «inefficace».
18 dicembre 2008
Vincenzo Rutigliano
Fonte: Il Sole 24 Ore

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La legge approvata dal Consiglio regionale della Puglia (si veda Il sole 24 Ore di ieri) che ha stabilito limiti più bassi alle emissioni di diossina (2,5 nanogrammi di diossine entro aprile 2009 e 0,4 entro dicembre 2010) è inapplicabile. Secondo l'Ilva (gruppo Riva) che a Taranto ha un impianto siderurgico da anni sotto accusa per l'emissione di fumi ritenuti dannosi «quei limiti sono tecnicamente irraggiungibili nei tempi stabiliti». In altre parole, quella legge non può essere rispettata, almeno per il colosso siderurgico tarantino, il più importante dei «numerosi impianti industriali esistenti in Puglia e alla cui attività è connessa l'emissione, in atmosfera, di importanti quantitativi di sostanze nocive», come si legge nella relazione di accompagnamento al Ddl regionale anti-diossina, il cui iter è durato solo 35 giorni tra presentazione ed approvazione.

Il gruppo Riva fonda la sua replica su valutazioni tecniche: «Le attuali tecniche consentono di abbassare il valore limite degli attuali 7 nanogrammi emessi dal camino E312 fino al 50%, e non fino a 2,5 nanogrammi per metro cubo entro il 31 marzo». Ed è «impraticabile l'ulteriore riduzione a 0,4 nanogrammi per metro cubo entro il 31 dicembre 2010». L'Ilva dunque non minaccia chiusure ma oppone ragioni tecniche. Insomma si «auspica che la legge non rappresenti un ostacolo per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) una volta raggiunti gli obiettivi, già programmati, di adeguamento dello stabilimento alle B.A.T.», ovvero alle migliori tecniche disponibili.

Questa impossibilità tecnica ha segnato tutte le 10 ore del dibattito che ha preceduto martedì il voto al Consiglio regionale della Puglia. Il centrodestra infatti ha chiesto più prudenza e presentato emendamenti per dare più tempo all'Ilva per adeguare i suoi impianti, giacchè se non si raggiungono i livelli fissati dalla legge scatta la diffida e se il gestore non provvede alla loro riduzione l'impianto viene immediatamente bloccato. Il voto ha fatto però emergere anche una spaccatura nel centrodestra. Il Ddl è infatti passato con il sì del centrosinistra e di 3 consiglieri di opposizione (Udc e Fi) tutti tarantini.

La reazione del Governo non si è fatta attendere. Anche per il ministro dei Rapporti con le Regioni, il pugliese Raffaele Fitto, quella legge è «inefficace». «È stata varata una legge che non sarà efficace – ha detto –; l'Ilva andrà avanti, si dirà a chi manifesta per l'ambiente che si vogliono difendere i loro interessi e non si farà nulla fino alla campagna elettorale ». Su questa legge – su cui Fitto non vede «grandi problemi di incostituzionalità» e non pensa di «dover procedere alla impugnativa, per quanto possibile, dinanzi alla Corte Costituzionale» – esulta il centrosinistra e, soprattutto, Niki Vendola. Il governatore della Puglia ha parlato di «data storica ». «È la giornata più bella della mia vita – ha detto – nella difesa dell'ambiente che non va messo da parte per dare da mangiare alle persone. Ma come facciamo se i cibi sono contaminati?

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