Diossina, l'Ilva: «Non riusciremo a rispettare i limiti»
ROMA — Mentre la crisi si abbatte sull'economia nazionale, mentre il numero di cassaintegrati raddoppia, da 2240 a 4346 - e nell'indotto jonico se ne conteranno altri 3500 - l'Ilva di Emilio Riva deve fronteggiare anche il versante della legge regionale che limita le emissioni inquinanti e su cui è pronta ad «andare ai materassi», fino al Tribunale di giustizia europeo, se non si dovesse raggiungere un accordo con la giunta di Nichi Vendola.
Questo perchè la legge approvata l'altro ieri pone, in sostanza, due rigidi paletti per Ilva: riduzione della produzione di diossina e furani dagli attuali 7 nanogrammi per metro cubo a 2,5 entro il 31 marzo 2009 e ulteriore riduzione a 0,4 entro il 31 dicembre 2010. Pena il blocco dell'impianto, dopo regolamentare diffida all'azienda. Una normativa ritenuta capestro, a causa dei tempi ristretti richiesti per l'adeguamento dell'acciaieria e così ieri il gruppo Riva ha emesso un comunicato per definirli «tecnicamente irraggiungibili », e questo, si aggiunge nella nota, «preoccupa profondamente l'Ilva».
Il testo dell'azienda entra nel merito delle prescrizioni di legge e conclude auspicando che non rappresenti «un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi prefissati con il crono-programma di adeguamento dello stabilimento alle BAT (migliori tecniche disponibili, ndr), una volta compiute da parte degli organi competenti le necessarie valutazioni sul rilascio (si rinnova ogni 5 anni, ndr) dell'Autorizzazione integrata ambientale ».
In sostanza per la società fa fede il crono-programma sottoscritto nel 2006, considerato valido dalla Regione ancora a luglio e ad agosto (due lettere, indirizzate al ministero dell'Ambiente e a Ilva, stanno lì a confermarlo), che per adeguare le strutture, sulla base di accordi internazionali sottoscritti anche dall'Italia, concedeva più tempo, fino al 2014, a partire dalla costruzione dell'impianto ad urea, il cui il via libera è a carico dall'amministrazione comunale.
Per questo l'accelerazione imposta dalla Regione «preoccupa profondamente» la società che, ove non si arrivasse ad una soluzione condivisa, sarebbe pronta a rivolgersi al Tar o anche al Tribunale di giustizia europeo. Se accadesse questo, se si intraprendessero le vie legali - sia europee che nazionali si otterrebbe il risultato contrario a quello su cui punta la Regione, cioè arrivare quanto prima a «disinquinare» l'aria di Taranto e dell'area jonica, perché il contenzioso potrebbe bloccare i lavori per l'adeguamento degli impianti, così come fissati dal crono-programma e i tempi potrebbero dilatarsi di molto.
C'è un altro aspetto che non sarebbe stato preso in considerazione - si fa osservare negli ambienti aziendali: se si vuol portare il livello di emissioni a 2,5 nanogrammi per metro cubo entro il prossimo marzo vuol dire che l'impianto ad urea è a questo punto ritenuto superato. Da tempo è noto, infatti, che la tecnologia basata sull'utilizzazione dell'urea può arrivare solo a dimezzare la quantità di emissioni di diossina, non può spingersi oltre, a prescindere dal tetto massimo. Se si parte da 10 nanogrammi si può arrivare a 5, se si parte da 7 - come nel caso dell'Ilva di Taranto - si può arrivare a 3,5.
Questo è noto anche alla Regione, come si legge nella lettera del 6 agosto, scritta all'indomani dell'incontro al ministero del 31 luglio. E se è così, e se l'obiettivo della legge indica la misura di 2,5 nanogrammi da raggiungersi entro il 31 marzo prossimo, si deve ricontrattare tutto, istituzioni territoriali e Ilva devono ridiscutere dell'impianto ad urea per la cui realizzazione il Comune solo una decina di giorni fa ha rilasciato il nulla osta a costruire, cioè a quattro mesi dal fatidico 31 marzo 2009.
Infine: per arrivare alla soglia dello 0,4 nanogrammi ci si è riferiti ai quattro moduli tecnicamente sperimentati negli impianti di Marsiglia, Linz e Duisburg, ma sono tutti di dimensioni inferiori a quelle dell'Ilva. Questo è stato tenuto conto dai tecnici della Regione nella stesura del testo di legge? A questi interrogativi Ilva attende risposta, prima di dare battaglia legale.
La Regione nel mirino del ministro Fitto «Le sue norme vanno contro il governo»
ROMA — «E' una legge per scagliarsi contro il governo», dice Raffaele Fitto, «una legge che non sarà efficace». «Vendola non risolve il dilemma della scelta tra salute e sviluppo», chiosa Adriana Poli Bortone. Ma se il ministro per gli Affari regionali e la coordinatrice regionale di An sottolineano soprattutto il risvolto politico della legge approvata dal consiglio regionale martedì scorso (su cui l'opposizione si è astenuta, tranne tre consiglieri che hanno votato a favore), dalla maggioranza arrivano solo plausi, a cominciare dal sindaco jonico che definisce la legge «il più bel regalo di Natale che Taranto si potesse aspettare». Ippazio Stefàno per sostenere la legge forza anche i dati sulle emissioni, ma poi aggiunge che contemporaneamente è importante salvaguardare anche l'occupazione.
Che la vicenda Ilva abbia due corni - occupazione e salute - è evidente a tutti e così anche Fitto è cauto nelle sue dichiarazioni. Il ministro, infatti, afferma di non aver esaminato nel dettaglio il testo di legge e di non poter dire con certezza se è costituzionale o meno (questa è un'obiezione circolata nei giorni scorsi), anzi precisa che «non mi sembra che ci siano grandi problemi di costituzionalità ». Si riferisce, invece, all'accordo sottoscritto nel 2004 tra la Regione, all'epoca da lui guidata, le istituzioni locali e Ilva che prevedeva uno stanziamento di 54 milioni per interventi ambientali nell'area dello stabilimento e nel quartiere limitrofo, Tamburi. Ma questi fondi - afferma Fitto - sono stati destinati ad altri investimenti. La legge - conclude - fissa il limite del 31 dicembre 2010 per la riduzione di emissioni di diossina a 0,4 nanogrammi per metro cubo, «un tempo preciso che consente la possibilità nella campagna elettorale del 2010 di andare ai cancelli dell'Ilva e stringere le mani ai lavoratori ed esprimere solidarietà e spostarsi poi nelle piazze di Taranto e manifestare contro i problemi ambientali.
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