Il sottile confine tra forma e sostanza
La promessa è stata mantenuta. Di fronte all'avanzare dell'onda la politica non è indietreggiata. La rabbia, la paura, il dolore di una città intera non sono caduti nel vuoto.
Questa volta la politica non ha tradito il suo mandato ma si è fatta interprete del legittimo diritto dei tarantini (tutti, dall'operaio in cassa integrazione allo snob che diserta le manifestazioni perchè troppo “populiste”) a un ambiente libero dai veleni che portano malattie e morte.
Ed è stato emozionante (forse, ahinoi, perchè inconsueto) leggere negli occhi dei consiglieri regionali ionici (salvo trascurabili eccezioni) la fierezza e l'orgoglio di chi sa di fare la cosa giusta.
Una cosa giusta per Taranto, la città dolente. La passionedi Nichi Vendola, l'angelo dei bambini dei Tamburi, il sorriso di Michele Pelillo, la severa sobrietà di Luciano Mineo, la pacatezza di Paolo Costantino, l'istintività di Cosimo Borracino, la bonaria rudezza di Nicola Tagliente, la compostezza di Antonio Scalera, la gentilezza di Donato Salinari. Così bisognava fare e così è stato fatto. Il resto, come ha sottolineato qualcuno durante la seduta fiume di un consiglio che ha fatto registrare anche momenti drammatici, tutti riassunti nell'espressione grave del governatore Vendola, è “teatrino”.
Lo stucchevole, inutile, logorroico teatrino della politica. Ieri da Forza Italia Palese provocatoriamente proponeva un'anticipazione sui tempi di attuazione della legge, oggi l'Ilva fa sapere che i tempi dettati dalla Regione sono irrealizzabili. La verità è che con questo disegno di legge è stata sanata un'anomalia, una stortura che ha permesso prima all'Italsider e poi all'Ilva di sputare impunemente sulla città quantità impressionanti di diossina senza che ci fosse una normativa che salvaguardasse la salute e la vita di chi in questa città vive, respira, mangia.
Da tarantini abbiamo solo un rammarico. Niente a che vedere con chi si è astenuto o è uscito dall'aula al momento del voto. Quello, lo abbiamo detto, fa parte del “teatrino”. Ma da tarantini avremmo voluto vedere il sindaco, il primo cittadino di Taranto, sedere in quell'aula a nome di chi a quel Consiglio non ha potuto partecipare. Invece non c'era. Quello che proprio non riusciamo a spiegarci perchè ci sembra quantomeno di inopportuno, esattamente come l'ormai storica foto dei “tre moschettieri” davanti alle fontanelle del cimitero, è il motivo che ha spinto Stefàno ad accettare l'invito di Emilio Riva ad andare all'Ilva proprio mentre a Bari era in corso il Consiglio regionale sulla diossina.
Andando in via Capruzzi, il sindaco avrebbe reso sicuramente un servizio migliore anche agli operai che ha incontrato nello stabilimento. Sarebbe bastato alzare il telefono, ringraziare per l'invito e rimandarlo di qualche ora. Questione di opportunità, di forma. Che in certi casi conta quanto la sostanza.
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