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Tra il 2008 e il 2009 l’Arpa ha rilevato diversi sforamenti del valore-limite e non solo al quartiere Tamburi

Sos benzoapirene «Intervenga Stefàno»

l sindaco ha chiesto una relazione per poter poi attivare l’Agenzia regionale e scoprire l’origine delle emissioni.
Intervista ad Alessandro Marescotti.
Fulvio Colucci
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno - 22 novembre 2009

ILVA DI TARANTO
«Occhio al benzoapirene». Alessandro Marescotti, leader degli ambientalisti di Peacelink, ricorda le parole del direttore dell’Arpa Giorgio Assennato: «La diossina è importante, ma occhio al benzoapirene».

L’agente inquinante fa parte della famiglia degli idrocarburi. E’ il nuovo pericolo pubblico numero uno per la salute dei tarantini; sta soppiantando la diossina nei timori degli ecologisti. L’Arpa lo ha segnalato nell’ultima relazione sui dati ambientali dell’area di Taranto. E non si tratta solo di dati del 2008. Ci sono rilevamenti del 2009 che confermano l’allarme ai Tamburi con lo sforamento dei valori obiettivo di un nanogrammo di benzoapirene per metro cubo d’aria.

Marescotti il sindaco Stefàno sapeva?
«Noi lo sapevamo. Noi sapevamoo che la concentrazione media di benzoapirene, rilevato dalla centralina di via Machiavelli al quartiere Tamburi, è superiore a un nanogrammo per metro cubo d’aria. Noi sapevamo che il problema non è solo al quartiere Tamburi. Noi sapevamo tutto e lo abbiamo scritto nel rapporto “La chimica spiegata ai genitori” che monitora la situazione degli idrocarburi a Taranto negli anni 2005-2008».

L’Arpa è arrivata seconda...
«Non scherziamo. L’Arpa ha fotografato la situazione in dettaglio lo scorso anno. In più ha offerto dati recentissimi, quelli del febbraio scorso. La nuova campagna di monitoraggio al quartiere Tamburi ha certificato che, quando il vento spirava dall’area industriale, il picco del benzoapirene arrivava a 3,88 nanogrammi per metro cubo d’aria. Con calma di vento, sempre a febbraio, il limite era di 1,76 nanogrammi. Sempre sopra la media. Su questo voglio dire anche una cosa: il rapporto dell’Arpa ricorda: “La normativa italiana ed europea fissa il valore obiettivo di 1 nanogrammo per metro cubo d’aria per la sua concentrazione rilevata nel PM10, da raggiungere entro il 2012. Non è così: il limite di un nanogrammo è già fissato nel decreto ministeriale del 25 novembre 1994. E mi sorprende un’altra cosa: nel rapporto ambiente-sicurezza dell’Ilva non si fa cenno al benzoapirene. Su questo ha ragione Fabio Matacchiera. Ecco la necessità che il sindaco intervenga».

Ritorna la domanda: il sindaco sapeva?
«Non lo so. Noi lo sapevamo già. Bisogna chiedere al sindaco se sapeva».

Insomma, poteva emettere un’ordinanza per ridurre l’inquinamento?
«Individuata la sorgente inquinante il sindaco è tenuto, per legge, a intervenire. In questo caso c’era, perlomeno, la possibilità di pensarci, diciamo così».

Ora gli ambientalisti di «Altamarea» solleveranno la questione formalmente.
«C’è il tempo per capire, approfondire, chiedere, informarsi. Il sindaco lo può e lo deve fare. Il benzoapirene supera un nanogrammo per metro cubo d’aria? Non è una soglia limite, ma un valore-obiettivo. Il sindaco comunque interviene, individuando la fonte. Ecco la specifica osservazione sollevata a Stefàno durante la conferenza stampa. Poniamo sotto osservazione il traffico. Si faccia un’ordinanza di sospensione del traffico. Se la qualità dell’aria non migliora il problema non è quello. E allora si volge lo sguardo alla zona industriale. Essenziale è individuare la provenienza del benzoapirene: la cosiddetta analisi dell’”impronta”. Così si può capire da quale impianto provengono le emissioni. Stefàno ha detto: pre- sentatemi una relazione e io interverrò facendo le apposite richieste all’Arpa».

Perché è così pericoloso il benzoapirene?
«Perché rispetto alla diossina è cancerogeno se lo respiri, ma anche se lo ingerisci. Ed è presente, come ricorda l’Istituto superiore di sanità, in diversi alimenti».

LA RELAZIONE E' DEL 2003
Idrocarburi negli alimenti i timori dell’Istituto di sanità

Sotto esame cibi affumicati, ma anche la carne

«Vi sono considerevoli variazioni nel contenuto di Ipa (idrocarburi policlici aromatici tra i quali il benzoapirene, ndr) negli alimenti affumicati, anche nell’ambito dello stesso tipo di alimento. Ciò è dovuto alla variabilità nelle condizioni di formazione del fumo, che comprendono: la temperatura di produzione del fumo, il tipo di generatore, il tempo di affumicatura, il tipo e lo sminuzzamento del materiale legnoso che dà origine al fumo, il contenuto di grasso nell’alimento. In generale, più alta è la temperatura, maggiori quantità di Ipa si formano». Non è un ultrà ambientalista a parlare, ma l’Istituto superiore di sanità.
La relazione sulla «presenza di idrocarburi policlici aromatici negli alimenti» risale al 2003, ma spiega bene molte cose.
E non mette nel mirino solo i cibi affumicati, ma anche carne, pesce, vegetali, cereali e oli. «Gli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) sono - si legge nella relazione - composti organici ubiquitari la cui presenza negli alimenti può essere dovuta a contaminazione ambientale, processi di lavorazione o trattamenti termici di cottura. L’interesse sanitario per gli Ipa è legato alla cancerogenicità sperimentalmente mostrata da vari di essi, e in particolare dal benzoapirene, il composto più studiato e generalmente usato come indicatore della classe».

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