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Cozze alla diossina andranno al macero a Taranto danni per 500mila euro

Lo smaltimento in media costerà 100 euro a tonnellata. I miticoltori dirottati nel mar Grande
17 agosto 2011
Cesare Bechis
Fonte: Corriere del Mezzogiorno - 17 agosto 2011

Andranno al macero migliaia di tonnellate di cozze e i mitilicoltori tarantini perderanno almeno cinquecentomila euro di reddito. È la conseguenza immediata dell’avvelenamento da pcb (picogrammi di policlorobifenili), soprattutto, e da diossinesimili dei mitili prodotti nel primo seno del mar Piccolo di Taranto.   Mitili

 

Una campana che suona a morte su un simbolo della città, una carta d’identità storica che imbocca una strada pericolosa se il rimedio non viene trovato subito. Occorre anche una spiegazione veloce e convincente sul perché dopo sei mesi di valori conformi, all’improvviso giugno e luglio abbiano registrato un innalzamento dei picogrammi di policlorobifenili che ha messo fuori legge le cozze del primo seno. Gli esperti dicono che tutto si spiega proprio con il ciclo biologico della cozza. In questo periodo diventa adulta, si ingrossa e di conseguenza aumenta l’assorbimento delle sostanze che trova attorno. Ed è anche per questa ragione che il seme, che l’anno venturo fornirà le nuove cozze nere, va salvaguardato. L’assorbimento cresce quando il frutto raggiunge i tre centimetri di grandezza. Sarà monitorato costantemente ora che si trova ancora nel primo seno ed è indenne da inquinamento, se ci saranno segnali di pericolo sarà trasferito nei nuovi impianti in Mar Grande. Si tratta di un altro mezzo milione di euro che rischia di andare in fumo se le soluzioni ideate non troveranno veloce applicazione. Sulla mitilicoltura tarantina, che produce circa trentamila tonnellate di cozze all’anno in prevalenza nei due seni del Mar Piccolo, vivono almeno tremila persone.

Rappresenta una fetta importante dell’economia locale e perdere uno dei principali luoghi di allevamento è un rischio che i mitilicoltori vorrebbero evitare. Non si sono ancora del tutto rassegnati a sgomberare per trasferirsi in Mar Grande, ma sono consapevoli che dovranno accettare lo spostamento se sarà l’unica soluzione che possa salvare il fallimento delle loro attività. L’eventuale bonifica dei fondali del mar Piccolo è operazione lunga e complicata che richiede anni; il sostegno finanziario già deciso dal sindaco Ezio Stefàno non può essere un risarcimento perenne ai guai procurati da altri nei decenni passati e di cui gli allevatori sono vittime incolpevoli e il Comune pure. Individuare i responsabili dell’inquinamento del mar Piccolo può non essere difficile, occorrono volontà politica e voglia di andare fino in fondo. Ieri mattina, intanto, Massimo Giusto il presidente del Centro ittico, la società del Comune di Taranto incaricata del demanio e delle concessioni, ha consegnato al sindaco la mappa disegnata con il gps dei possibili nuovi insediamenti, nella rada del mar Grande, dei vivai che si dovranno smantellare in mar Piccolo. Si tratta di due aree, una di fronte al Lungomare della città nuova e l’altra in faccia alla Ringhiera della città vecchia, per un totale di un milione e duecentomila metri quadrati. La prima va dal cantiere Santa Lucia fino alla Rotonda, a cinquecento metri dalla costa per una larghezza di 400 metri. Occupa una superficie prossima al milione di metri quadrati; l’altra si estende all’interno dei due frangiflutti di fronte alla Ringhiera, a 150 metri da riva, per poco meno di 200 mila metri quadrati.

Le mappe sono state trasmesse ieri mattina a tutti i componenti del «tavolo tecnico»che domani alle 11 tornerà a riunirsi per decidere due cose: se le aree individuate sono compatibili con la coltivazione delle cozze, non solo dal punto di vista biologico, ma soprattutto con le linee di navigazione. La risposta arriverà da Marina militare da Capitaneria di porto. Poi, quale sistema scegliere per distruggere le cozze contaminate che gli allevatori conferiranno all’Amiu. Queste sono state classificate dalla Regione come rifiuti speciali non pericolosi e vanno smaltite. La scelta è tra il conferimento in discarica o l’inceneritore dell’azienda di igiene urbana. Il costo dello smaltimento se lo accollerà, in base a un impegno preso con i produttori sin dal primo momento, l’amministrazione comunale che sta calcolando la spesa su una media di 100 euro a tonnellata. Domani, infine, il sindaco Ezio Stefàno riferirà in un incontro con i giornalisti convocato mezz’ora prima della riunione del tavolo tecnico le iniziative prese e le decisioni assunte per avviare a soluzione questa emergenza capitata sulle spalle dei mitilicoltori e del Comune messo sotto accusa come se fosse il responsabile degli alti valori di pcb.

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