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Taranto e la diossina nelle cozze

Tutto quello che abbiamo presentato nella conferenza stampa di gennaio è stato confermato dalla Asl e ora la magistratura indaga anche sulle cozze e su chi le ha inquinate. Confido nella Magistratura affinché a Taranto venga applicato ancora una volta il principio che "chi inquina paga"
12 settembre 2011
Alessandro Marescotti (Presidente Peacelink)

Recentemente Fabio Matacchiera è intervenuto sull'emergenza diossina in mare rompendo un silenzio che si era imposto da gennaio.
Anche io, con lui, interrompo il mio silenzio per dichiarare che i fatti ci hanno dato ragione.

Sette mesi fa in una conferenza stampa vennero presentati i dati delle analisi di laboratorio compiute su frutti di mare raccolti dal fondale del primo seno del Mar Piccolo.
Quelle analisi, commissionate dal Fondo Antidiossina Taranto, costituivano un campanello di allarme in quanto venivano superati i 13 picogrammi di diossina e pcb per grammo di peso fresco. Era un valore molto alto (il limite di legge è 8). Con quella conferenza stampa volevamo evidenziare la necessità di circoscrivere e recuperare le aree a rischio per salvare la mitilicoltura a Taranto e bloccare ogni eventuale nuovo inquinamento a danno del Mar Piccolo e delle attività dei mitilicoltori.

Fabio Matacchiera fu oggetto di un attacco senza precedenti.
Alcuni esponenti del mondo politico si accanirono in modo indecoroso verso di lui, senza avere un solo dato scientifico in mano.
Inutile dire che la stessa sgradevole esperienza l'ho subita anche io.

Sembrava che il problema non fosse chi inquinava ma chi rivelava i dati sull'inquinamento.
Eravamo diventati i nemici della città per il solo fatto di aver diffuso correttamente dei dati di laboratorio sui frutti di mare di fondale, dati che poi la Asl ha confermato anche per le cozze di allevamento.

Tutto quello che abbiamo presentato nella conferenza stampa di gennaio è stato confermato dalla Asl e ora la magistratura indaga anche sulle cozze e su chi le ha inquinate.

La diffusione di quei dati era un campanello d'allarme per una classe politica che avrebbe dovuto difendere il Mar Piccolo come il gioiello della città.
Per lunghi mesi abbiamo invece subito l'esilio civile per aver documentato che nei fondali di una parte del Mar Piccolo c'era diossina.
Il pericolo non era chi inquinava ma chi parlava!
Una cupa sensazione di paura ha segnato questi mesi difficili. I diritti di espressione sono stati messi a rischio. le cozze

Tuttavia, come ha detto Fabio Matacchiera, il tempo e i fatti ci hanno dato ragione. Hanno anzi aggravato l'emergenza. Un'emergenza che viene da lontano, dall'incuria e dallo scempio ambientale.

I politici che ci hanno attaccato, illudendosi di conquistare facili consensi fra i mitilicoltori, cosa hanno fatto per difendere la città e il nostro mare? Ancora oggi non hanno trovato una soluzione per le aree da destinare alla coltivazione dei mitili. Ben comprendo quindi la rabbia dei mitilicoltori, ai quali esprimo la mia solidarietà e il mio appoggio perché la sitazione venga sanata con un intervento straordinario.

Occorre un'alleanza fra tutti coloro i quali sono stati danneggiati dalla diossina e dall'inquinamento. Occorre un'alleanza fra gli allevatori a cui sono state abbattute le pecore e i mitilicoltori a cui è stato tolto il cuore produttivo del Mar Piccolo, il primo seno.

Dobbiamo avviare una nuova "Vertenza Taranto" per ottenere il risarcimento per tutti i danni subiti.

Lo Stato deve indennizzare subito tutti i danneggiati, garantendo loro finanziamenti agevolati per avviare nuove attività economiche.

La Magistratura dovrà indagare per condannare e far pagare, con gli interessi, chi ha inquinato.
Confido nella Magistratura affinché a Taranto venga applicato ancora una volta il principio che "chi inquina paga".

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