Taranto, il diritto di meritare qualcosa di migliore
“Il primo che, avendo cintato un terreno, pensò di affermare: “Questo è mio”, e trovò delle persone abbastanza stupide da credergli, fu il vero fondatore della società civile” (Rousseau, “Discorso sull’origine della diseguaglianza”, 1750)
È chiaramente una frase ironica, tagliente, drammatica, dalla quale traggo spunto per calarla nella realtà dei giorni nostri. Il filosofo francese inneggia e loda lo “stato di natura” nel quale tutti gli uomini sono uguali, non esistono vinti e vincitori, bravi e meno bravi, intelligenti e furbi; nessuno possiede più di ciò che gli basti per vivere, non esistono prepotenze perché ancora non esiste il concetto di diseguaglianza. Tutti gli uomini sono veramente uguali e godono degli stessi diritti.
Il primo uomo che ha avuto necessità di introdurre il concetto di proprietà, desiderando più di quanto la natura non gli offrisse, è stato colui che ha diffuso il virus della diseguaglianza.
Ora come allora, si assiste al diffondersi di abusi e di prepotenze che vedono terre, pacifiche e non sofisticate, che vengono quotidianamente private della loro libertà a vivere, a esistere.
Esistono terre nelle quali viene tolta la libertà di potere aprire liberamente una finestra perché il polverino di carbone e ferro è lì in agguato, pronto a toglierti la libertà a vivere.
Esistono terre nelle quali viene tolta la libertà a dei bambini, figli di quella stessa terra, a giocare sui prati perché il polverino di carbone e ferro è lì in agguato, pronto a toglierti la libertà di giocare.
Esistono terre nelle quali viene tolta la libertà a della povera gente di poter pregare i propri morti in santa pace perché il polverino di carbone e ferro è lì in agguato, pronto a toglierti la libertà a morire dignitosamente.
Dove risiede la libertà di uomo, si chiami esso “Riva” oppure “Stato”, a cintare un terreno e dire: ”Questo è mio, e ciò che un tempo vi apparteneva ora non vi appartiene più”?
Può qualcuno insediarsi nelle vite di una comunità e dire loro: “Questa terra è mia, la stupro, e vi consento di viverci alle mie condizioni”? “Può un uomo tutto questo”?
Ovunque mi giro vedo alberi di ciminiere con fumi al posto delle foglie e mi chiedo: “Dove è finita la mia libertà di meritare un qualcosa che sia diverso da quello che vedo oggi”? “Può un uomo togliermi tutto questo”? E se si, mi chiedo: “A nome di cosa può farlo”?
Qualcuno mi risponderebbe: “A nome del lavoro e dell’occupazione” e io gli direi: “Falso!”…perché a Taranto muore di cancro anche chi il lavoro non ce l’ha e un solo morto in nome del profitto giustifica a togliere quel diritto a quel qualcuno, si chiami “Riva” oppure “Stato”, che si è accollato a limitare le libertà di un popolo.
Sono consapevole del fatto che a Taranto le “persone abbastanza stupide”, di cui parla il filosofo, siano sempre di meno e sia pertanto sempre meno giustificabile quel sopruso, quell’abuso e quello stupro che ancora oggi (non dimentichiamolo, ancora oggi) ci viene fatto.
Sono consapevole del fatto che stia nascendo una Taranto Nuova, una Taranto che non sia più disposta più ad abbassare gli occhi e a subire, una Taranto che non sia più disposta ad accettare le mance di chi, si chiami “Riva” oppure “Stato”, quotidianamente toglie il fiato a quei feti innocenti, che muoiono ancora prima di vedere la luce.
Non so se avrò il tempo per vedere una Taranto senza Ilva, una Taranto che non sia Ilva, ma ringrazio il Cielo per vivere nel tempo in cui, al contrario di ciò che fu per i nostri padri, si ha il coraggio di dire: “No, grazie”, “Questo noi non lo vogliamo”, “Noi ci accontentiamo delle mance”, “Noi desideriamo un qualcosa di nuovo, di diverso”.
Chiunque giungerà a Taranto dovrà essere consapevole del fatto che non troverà più “gente abbastanza stupida” da accettare chi, indiscriminatamente e senza diritto alcuno, cinterà il terreno e dirà: “Questo non vi appartiene più, questo è mio”.
Chiunque giungerà a Taranto troverà gente nuova, di una Taranto Nuova, gente che ama la sua terra.
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