No fly zone e no life zone
Su Gaza vige la no life zone. Nessuno se ne preoccupa, mentre da decenni i Palestinesi si ribellano contro il regime vigente, quello del razzismo e dell’occupazione coloniale. Nel momento in cui l’emittente Al Jazira, con una svolta repentina, ci presenta la NATO come un’angelica organizzazione armata di difesa dei diritti dell’uomo, è utile ricordarlo.
La risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza, resa possibile dalla Lega Araba, non attribuisce agli Occidentali il mandato per distruggere il regime di Gheddafi. E’ necessario ricordarlo sinceramente. Eppure è proprio questo l’obiettivo degli Occidentali.
Orbene, le diserzioni nelle file dell’esercito fedele a Gheddafi si sono esaurite. Il regime resiste, ha le sue tribù e le sue città. Salvo il caso in cui avvenga un intervento terrestre, ci ritroviamo in uno status quo che propizia la “somalizzazione” della Libia, o se non altro una sua spartizione. Gli Occidentali provano, con mezzi militari, a rompere questo status quo.
Almeno ufficialmente questi non possono intervenire sul terreno. Per indebolire il regime, devono spingersi verso bombardamenti massicci, verso il tentativo di annientamento di tutti coloro che sostengono attualmente Gheddafi. In altre parole, serve un enorme massacro da plaudire in nome della necessità di evitare un altro massacro. In definitiva, bisogna scegliere tra le vittime che sono tutte libiche.
Il conflitto politico in Libia ha cambiato sembianze con l’intrusione degli Occidentali e la ritirata degli Stati vicini che sarebbero dovuti “intervenire” con ogni mezzo a favore dei libici contro il regime. Ormai la situazione gli è sfuggita di mano.
Gli eventi possono sfuggire di mano anche in Siria, dove la durezza del regime e il suo rifiuto di emanare riforme aprono una forbice di opportunità enorme per gli Occidentali di chiudere con uno degli ultimi paesi riluttanti alla pax-americana nella regione.
E’ importante ricordare, in questo scenario e proprio nel momento in cui la propaganda occidentale si rallegra perché la questione palestinese non occupa più lo spirito della “piazza araba”, che Gaza e i territori occupati rappresentano una “no life zone”. E che li vive una popolazione sotto embargo da molti anni, accerchiata da un gigantesco esercito coloniale.
Per concludere questo quadro sui drammi regionali, merita fare un’osservazione: le analisi facili sono spesso le meno pertinenti. La rete araba d’informazione sui diritti dell’uomo ha appena accusato, a giusto titolo, la “star” Al Qaradhaoui. Questa pone l’accento sull’ipocrisia del religioso, che ha sostenuto la rivoluzione in Egitto e in Tunisia (è positivo), ha decretato una fatwa per uccidere Gheddafi (un religioso ha il ruolo di spingere a compiere un assassinio?) e che ha tacciato (questo è veramente vergognoso) la contestazione in Bahrein di essere confessionale e che non si esprime a proposito della repressione in Arabia Saudita. Al Qaradhaoui ubbidisce a un’analisi politica coerente? Oppure emette delle fatwa sulla base del suo status di funzionario di Al Jazira?
Pertanto, sosteniamo le rivoluzioni autentiche dei popoli, ma non facciamoci abbindolare, la questione è complessa. E non dimentichiamo mai che tra questi popoli ci sono i Palestinesi che si battono con un grande coraggio e con dei mezzi limitati contro l’oppressione dell’ultimo sistema di apartheid del pianeta.
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