Conflitti

Dai volontari e dalle volontarie IPSIA che si trovano in Kossovo

Diario dal Kossovo - 19 marzo 2004

ISPIA - Istituto Pace Sviluppo Innovazione ACLI
20 marzo 2004
Fonte: Silvia Maraone - IPSIA, ponte con i volontari e le volontarie IPSIA che si trovano in Kosovo

diario del 19.03.04

Ore 6.30
Suonano le sveglie.

Ore 7.30
Tutti più o meno pronti. Gli ultimi biglietti da lasciare. Nella fretta della decisione non hanno nemmeno avuto modo di salutare le persone. C’è proprio un senso di “fuga”. “E’ una esperienza traumatica questa” dice qualcuno. “Sembra che tutto il lavoro fatto sia stato inutile” dice qualcun altro.

Ore 8.00
Davanti all’autobus. Si caricano le valigie e le borse. Un abbraccio. Xhema piange. Lacrimoni grossi. Di rabbia. Sms dall’Italia. Ci siamo, Abbracci via sms. Qui comunque la sensazione è dura. Saliti loro sull’autobus noi ripieghiamo in un bar. Caffè, sigaretta. E silenzio e amarezza. Poi, quando il nodo si scioglie si prova a pensare al futuro. Per rabbia e scelta. E ci si accorge delle conseguenze che l’oggi avrà. “non verranno stagisti fino all’estata” ha detto un’Università. “Non ci saranno i volontari per terre e libertà, vero?”. “E voi? Restate?”. Sono le domande che girano.
Noi restiamo. Questa è la scelta. Se anche la situazione dovesse peggiorare e fossimo costretti ad andarcene fisicamente per un poco, noi poi restiamo e torniamo. Siamo legati a questo posto e a queste persone. Quello che sta succedendo non può che farci dire che bisogna continuare. Che la direzione è giusta. Che serve tempo e pazienza. Tanto tempo e tanta pazienza. Ma bisogna andare avanti. Ma questo e' solo sul noi. Sul paese in generale che dire? Non c'e' nulla di normale qui. Non e' normale che la gente bruci le case e aggredisca persone. Non e' normale che chi ha il dovere di difendere non difende. Non e' normale...

Ore 9.00
Telefonata dalla mamma di Erica.

Ore 9.30
Sms dal confine. Stanno controllando i documenti.
Noi siamo tornati a casa, abbiamo fatto una doccia e poi in ufficio. Xhema con la sua faccia distrutta. Senada che dice che abbiamo fatto bene. Ma che chiede “Ma anche Erica?” Le dico che torna. Si rasserena.
Disdiciamo i programmi del corso di Marco per oggi e domani. Sentiamo Mark a Klina, Bajram a Krushe Madhe.

Ore 10.00
La situazione sembra proprio tranquilla. Negozi aperti. Gente per strada. Passa anche qualche macchina della Polizia kosovara.
La radio dice che oggi sono aperte tutte le frontiere e funziona anche l’aereoporto di Pristina.
Una macchina passa velocissima davanti all’ufficio e si ferma sgommando bloccando una bicicletta con un ragazzino. Tutti siamo un po’ tesi e subito pensiamo a chissà che. Xhema si mette davanti alla porta, Senada guarda da dietro il computer. Discutono tra loro. Non c’entrano le proteste, non c’entra nulla. Il ragazzino ha venduto schede telefoniche false e loro vogliono farsi ridare i soldi.

Ore 10.15
Leggiamo i giornali di oggi. Koha ditore.
Titolo principale è: “Appello politico per limitarsi ma la violenza aumenta”.
E poi. Surroj “Oggi il Kosovo è ostaggio”.
Organizzazione dei Comuni del Kosovo “La missione deve continuare, per i cambiamenti se ne deve parlare quando tutto sarà tranquillo”.
A Belgrado e Nish si bruciano moschee.
Serwer: albanesi e serbi hanno perso entrambi.
Casa bianca cerca di fermare le violenze in Kosovo.
Riunione urgente del Consiglio di Sicurezza per il Kosovo. Sono successe tante cose in questi giorni, le conseguenze si vedranno nel futuro. La priorità e il ritorno della sicurezza.

All’interno si parla anche dei serbi di Bica e Grabac. Dice che ieri un migliaio di uomini con bandiere sono saliti da Klina fino al villaggio e sono stati fermati dai soldati della Kfor. Nessun arresto o scontro violento. Il sindaco di Klina dice che per quello che ne sa lui le persone di Bica sono state evacuate mentre le persone di Grabac sono rimaste nel loro villaggio.

C’è una domanda rabbiosa che mi frulla in testa da stanotte.
Facciamo anche che oggi il livello di violenza si calmi. Ma questo non e' ancora normale. In questi giorni ci sono state uccisioni, furti, danni... un paese normale significherebbe che una autorita' persegue chi compie i reati. Un paese normale e' un posto dove ognuno puo' muoversi, spostarsi. Questo oggi anche se il livello di violenza si ferma che paese normale e'? Un paese normale che i pochi serbi che aveva chiusi in enclavi ora li ha rinchiusi in gabbie ancora pie' piccole. Basi militari o simili. Un paese che i pochi simboli serbi che aveva li ha distrutti. Oggi e' tutto tranquillo. Dicono. E sembra cosi'. Ma non e' normale. Non c'e' niente di normale qui. E se non succede qualcosa nei prossimi giorni. Qualcosa che vada in una direzione diversa. Continuera' a non esserlo. Solo che nel mondo non se ne accorgera' nessuno e tutti continueranno a pensare a Bagdad e ad altro.

La polizia di Prizren ieri ha mandato un avviso agli albanesi che hanno occupato case dei serbi. Se vogliono possono restare ma devono sapere che potrebbero avere dei problemi con gli altri albanesi che potrebbero scambiarli per serbi e aggredirli. (e' normale?).

Ore 10.20
Chiama Cooperazione Italiana per sapere se stiamo bene e dove siamo. Avvisiamo di chi è partito e di chi li accompagna.
Chiama Tanja Sekulic per sapere di Francesca (ma anche di noi e della situazione qui).

Ore 10.28
Sms. Sono arrivati in Albania.
Xhema approfitta della giornata “libera” per andare a cercare i pezzi di ricambio per la Panda che ha il cambio rotto. Senada discute al telefono con il coordinatore di Bresane su come deve essere fatto il report finanziario del centro. Erica e Ilaria avrebbero dovuto andare a Bica per il corso di italiano. Erica e Ilaria sono andate a casa. Ma anche a Bica non c'e' nessuno. Tutto e' normale. Niente e' normale.

Appena rientrate dal giro in centro.

La Chiesa ortodossa piccola, quella vicina alla nostra ex casa (per chi lo sa) ieri aveva davanti 2 poliziotti locali. Oggi piu' nessuno. Per cui tutti entrano a guardare. Entriamo anche noi. E facciamo qualche foto. La Chiesa e' tutta bruciata. Da alcune parti esce ancora del fumo. In alcune parti delle mura si intravedono gli affreschi. In altre parti si vede che sono state staccate delle cose, dove l'incendio perche' non c'e il segno del fumo.
Dei bambini ci giocano dentro. Raccolgono cose. Ci guardano.

La base ONU ieri aveva dei vetri rotti ma non c'era nessuno davanti. Oggi ci sono 5 blindati Kfor tedeschi. E una ventina di militari a piedi con giubbotto antiproiettile e mitra a tracolla.

Nel centro della citta' meno gente di ieri in giro.
Ma ancora fiamme. Nuove case che bruciano.
Vediamo arrivare i pompieri ad un certo punto.

Il Bogoslovia (il seminario ortodosso) bruciato piu' di ieri ha una serie di persone sul tetto che spostano oggetti e cose. Arrivano 3 macchine della polizia kosovara e si fermano davanti. E guardano. nessuno interviene.

La Cattedrale ortodossa ha davanti una camionetta Kfor. In un primo momento pensiamo che abbiano pensato di difenderla. Invece alcuni militari con giubbotti e mitra proteggono un altro militare che imbraccia una telecamera e riprende la cattedrale. Poi stringe la mano ad un uomo che gli aveva fatto un po' da "guida" e se ne vanno tutti.
Sulle mura della Cattedrale sono comparse scritte che ieri non c'erano. C'e' scritto in rosso "Abbasso UNMIK" ma anche "Morte ai serbi". In francese. Chissa' perche'.
Anche qui la gente continua ad entrare ed uscire tranquilla.

La Chiesa ortodossa piccola, la "cappellina" poco piu' avanti sembra (forse e') stata presa a picconate.

Come ieri ragazzini apparentemente rom escono dalle case portando oggetti un po' bruciati.

Meno gente di ieri in giro a guardare.

Molto meno interesse per noi. Meno tensione. Piu' "normalita'. Se questa si puo' definire tale.

Paradossi della vita kosovara: al ritorno incontro per strada alcune persone del mio primo periodo in Kosovo, del 99, quando non sapevo ancora l'albanese. E mi parlano in serbo. Tranquillamente. In mezzo alla strada. Mi capita con due persone diverse. Io resto un po' perplessa. Pamela ancora di piu'.

Mentre siamo in giro ci arrivano i messaggi di Silvia e di Roberto.
Case bruciate a Bica.
Lo giriamo in Albania.
L'unica risposta e' "merda".

Non ho commenti da fare in questo momento.
Mi aspetto solo che la comunita' internazionale faccia qualcosa.
Ma non vedo nessun segnale.
Anzi, i segnali che vedo in questo momento mi sembrano andare in altra direzione.
I militari proteggono solo l'ONU. Non i serbi.

Niente altro da dire

Prizren 2004

Note: IPSIA - Istituto Pace Sviluppo Innovazione ACLI
http://www.acli.it/ipsia.htm

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