Presentazione del dossier su Leonardo S.p.A. e le relazioni con Israele alla Camera dei Deputati
Presentazione del dossier su leonardo s.p.a - Le relazioni con Israele - Conferenza stampa di Stefania Ascari
Sulla giornata hanno scritto: Popoli e Missione: Leonardo rischia grosso: “non serve l’intento genocidario, basta la complicità con Israele”
Il Manifesto: “«Il 90% delle armi a Israele da Usa, Germania e Italia». Il ruolo di Leonardo”
Il dossier: Piovono euro sull’industria ‘necessaria’ di Crosetto e Leonardo S.p.A
Leonardo rischia grosso: “non serve l’intento genocidario, basta la complicità con Israele”
La multinazionale Leonardo s.p.a. rischia grosso davanti alla Giustizia internazionale: l’azienda italiana potrebbe essere ritenuta complice di genocidio del popolo palestinese.
Per il Diritto Internazionale è infatti «irrilevante» che essa non condivida l’intento genocidario, basta che abbia «consapevolezza del rischio».
E Leonardo ce l’ha.
A confermarlo è la giurista Michela Arricale, avvocatessa del Cred (Centro ricerca ed elaborazione per la democrazia), che il 9 dicembre scorso ha preso alla Conferenza stampa alla Camera dei deputati sulle complicità della Leonardo con i crimini di Israele.
«La questione di Leonardo S.p.a. è giuridicamente rilevante – ha spiegato Arricale – perchè l’azienda fornisce beni e tecnologie ad alta capacità distruttiva ad un soggetto, Israele, che oggi è imputato davanti alla Corte internazionale di Giustizia per aver commesso genocidio».
«La mia prospettiva non è politica – ha precisato la giurista – è strettamente giuridica».
Per essere riconosciuti complici è sufficiente sapere che il proprio contributo «facilita la commissione del genocidio».
«Chiunque fornisca mezzi, strumenti o assistenza tecnica, ad uno Stato (nel caso specifico Israele ndr.) con un impatto sostanziale sul crimine, ne risponde», afferma Arricale.
Esattamente ciò che Leonardo ammette di star facendo anche con Israele.
E ancora: «la Corte di Giustizia ha riconosciuto che esisteva il rischio di commettere genocidio ed oggi l’Onu conferma che si sta commettendo».
“Piovono euro sull’industria ‘necessaria’ di Crosetto e Leonardo S.p.A.” è il titolo del dossier di BDS Italia (il movimento internazionale Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese) della ricercatrice Rossana De Simone, presentato proprio nel corso della conferenza stampa.
All’incontro, con la deputata Stefania Ascari, anche Anthony Aguilar (ex contractor della Gaza Humanitaria Foundation) e Stefania Maurizi, giornalista d’inchiesta dell’Espresso.
Il dossier del BDS è scaricabile on-line ed «indaga il legame crescente tra l’industria bellica europea e quella israeliana, con un focus specifico sul ruolo dell’Italia e di Leonardo».
Dietro la retorica della difesa e della sicurezza globale si «consolida una rete di complicità politica, industriale e tecnologica che alimenta guerre e violazioni sistematiche del diritto internazionale», dice il dossier.
«Michela Arricale fa parte del gruppo di legali che stanno portando avanti iniziative che vorremmo fossero una sorta di Intifada legale», ha spiegato Raffaele Spiga, attivista di BDS Italia, moderando l’incontro alla Camera.
«Ci si offende per l’uso della parola genocidio – ha detto Spiga – ma non tocca a noi giudicare bensì ai Tribunali».
Ed è esattamente da qui che si riparte: dal Diritto Internazionale.
«La Convenzione del 1948 non si limita ad incriminare l’autore ma elenca anche la complicità, che è un reato distinto», ha spiegato ancora Arricale.
Leonardo risulta partner di primo piano delle aziende militari israeliane, «collaborando su droni armati, radar, cyber-sicurezza, sistemi missilistici e infrastrutture digitali di sorveglianza».
Queste cooperazioni si strutturano in «joint venture e progetti condivisi che trasferiscono know-how e rafforzano la capacità militare di Israele, impegnato nella guerra permanente contro la popolazione palestinese», denuncia il dossier.
L’azienda italiana, tramite il suo A.D. Cingolani, ha ammesso di vendere F35 ad Israele e questa ammissione di per sè, costituisce già complicità.
«Si dice che poiché alcuni di questi F-35 sono utilizzati in questo orrendo conflitto, allora siamo complici di genocidio», ha affermato Congolani nel corso di una intervista al Corriere.
«Certo, partecipiamo a consorzi per la costruzione di tante tecnologie e piattaforme per la difesa.
Ma dire che siamo corresponsabili di genocidio mi pare una forzatura inaccettabile».
Leonardo deve già rispondere presso il Tribunale di Roma del rifornimento di armi ad Israele;
il 20 novembre scorso sette associazioni tra cui Pax Christi, Acli e una cittadina palestinese la cui famiglia è stata assassinata a Gaza, hanno presentato un ricorso al Tribunale civile di Roma per chiedere l’annullamento dei contratti stipulati dall’azienda italiana con Israele.
«Il 90% delle armi a Israele da Usa, Germania e Italia». Il ruolo di Leonardo
«Noi non vendiamo neanche un bullone a Israele», aveva assicurato appena due mesi fa Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo S.p.A., il colosso italiano a partecipazione statale. Ma che verso Tel Aviv continuasse a muoversi ben più di qualche bullone, anche dopo il 7 ottobre 2023, lo aveva già rivelato insieme ad altre un’inchiesta del manifesto pubblicata lo scorso luglio.
Ora una nuova conferma: Italia, Germania e Stati uniti coprono il 90% delle forniture militari a Israele. A metterlo nero su bianco è il nuovo rapporto di Bds Italia curato da Rossana De Simone, «Piovono euro sull’industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo S.p.A. Le relazioni con Israele», presentato ieri alla Camera.
MENTRE per il ministro della difesa Guido Crosetto «non ci sono stati F35 israeliani in Italia né nel 2025, né nel 2024, né nel 2023», le basi militari in Sicilia si preparano a diventare il nuovo polo globale per l’addestramento dei caccia, la prima scuola F35 fuori dagli Stati uniti. A contenderle il primato c’è la provincia di Novara: a Cameri sorge uno dei tre stabilimenti al mondo in grado di assemblare un F35, e l’unico in Europa autorizzato anche a manutenzione, riparazione e aggiornamento di questi velivoli.
Al momento gli aerei prodotti sono destinati esclusivamente all’Olanda, ma l’Italia si prepara a spendere entro il 2035 circa 25 miliardi di euro per acquisirne 115. L’impiego degli F35 nei bombardamenti contro i civili palestinesi è stato documentato in più occasioni: tra le altre, lo sgancio di tre bombe da 900 chili in un attacco su Al-Mawasi, all’epoca una delle zone designate dall’esercito israeliano come sicure. Leonardo ha inoltre continuato a fornire componenti degli F15, tra i velivoli più utilizzati nei bombardamenti su Gaza.
Cingolani ha sostenuto che interrompere i rapporti commerciali con Israele costituirebbe un illecito, dal momento che i contratti stipulati prima del 7 ottobre sarebbero vincolanti e non sospendibili. Eppure, ricorda Arnaldo Lomuti (M5S), la legge 185/1990 stabilisce che la vendita di armamenti deve essere sospesa quando il paese destinatario commette crimini di guerra.
C’è poi un linguaggio e un pensiero che, secondo De Simone, stiamo assorbendo dall’alleato israeliano, quello della guerra permanente. «L’Italia sta recependo il concetto di sicurezza nazionale israeliano: vuole più riservisti e punta a un intreccio più stretto tra industria, Stato e forze armate. Questo si vede negli accordi con le università, molti dei quali sono secretati», spiega l’autrice del dossier. Il governo italiano condividerebbe con quello israeliano anche alcuni valori: «Una cultura etnica, identitaria, dello Stato forte e della religione tradizionale». Un filo comune, osserva De Simone, a quei paesi che «stanno aggredendo la democrazia e un certo tipo di Europa».
LA GIURISPRUDENZA internazionale è altrettanto chiara: «Chiunque fornisca mezzi, strumenti o assistenza pratica che hanno un impatto sostanziale sulla commissione del crimine, e lo faccia consapevole del contesto, risponde a titolo di complicità. E quando parliamo di complicità, non parliamo di slogan, ma di una categoria giuridica che esiste e deve essere applicata», ricorda l’avvocata Michela Arricale.
Prima la Corte internazionale di giustizia con le ordinanze di gennaio e marzo 2024, poi altre commissioni Onu hanno stabilito che a Gaza sono in corso atti riconducibili al genocidio. «Da questo momento in poi, che cos’altro è conoscibile rispetto a questa realtà?», domanda Arricale. Che chi continua a vendere «beni e tecnologie ad alta capacità distruttiva fornisce certamente un contributo giuridicamente rilevante e deve essere chiamato a risponderne di fronte alla legge».
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