«Aria in zona Caffaro dati inattendibili»
Nella conferenza stampa convocata ieri da una decina di sigle «dell’ambientalismo del fare» - tra cui Cittadini per il riciclaggio, Comitato ambiente città di Brescia, Comitato difesa ambiente di San Polo, Comitato popolare rinascita del Centro Storico, EnergEtica e gruppo MeetUp amici di Beppe Grillo - Celestino Panizza e Marino Ruzzenenti hanno illustrato le ragioni della critica allo studio, con una serie di osservazioni che confutano tanto i metodi seguiti quanto i risultati ottenuti.
«L’indagine è stata condotta tra la fine di luglio e la metà di agosto del 2007, un periodo in cui le concentrazioni di polveri inquinanti nell’aria sono notevolmente più basse rispetto alle medie annuali e assolutamente non paragonabili ai picchi che si raggiungono in dicembre oppure in gennaio. Una situazione simile si verifica anche per le diossine: non abbiamo dati per Brescia ma i contesti urbani simili al nostro dove sono state effettuate rilevazioni dimostrano che il valore rilevato in estate può essere anche dodici volte inferiore a quello dell’inverno».
Gli ambientalisti poi non condividono neppure le conclusioni a cui è arrivata l’indagine: «Vogliono farci credere che, vista la concentrazione di industrie a Brescia, i valori di diossine così alti rilevati non debbano preoccupare ma anche in questo caso il confronto con realtà simili nello stesso periodo dell’anno evidenzia discrepanze consistenti».
Ruzzenenti e Panizza snocciolano così i dati in loro possesso: «A Brescia la concentrazione di diossine, rilevata nello studio dell’Istituto superiore di sanità, è di 83 fg/mc. Altre fonti ci dicono però che a Milano, in area urbana sia 39 fg/mc, e a Bolzano, nell’area di massima ricaduta dell’inceneritore sia 67,5 fg/mc».
La critica però prosegue: «È vero che l’aria influisce solo in parte nella determinazione dell’inquinamento, ma nello studio non si considera che le particelle in sospensione poi cadranno a terra e il valore finale deve quindi essere ottenuto sommando i valori rilevati nel terreno e nell’aria».
Dalla critica allo studio, le associazioni ambientaliste passano ad illustrare la propria tesi: «In estrema sintesi questi dati dimostrano che la Caffaro non può essere l’unica fonte di diossine e Pcb. Secondo noi - hanno concluso Ruzzenenti e Panizza - è evidente che l’inquinamento arriva da altre fonti, che identifichiamo nel Termoutilizzatore di A2A e nell’Alfa Acciai. Su questi siti però, pur avendoli promessi, non sono mai stati effettuati i controlli sulla ricaduta a terra delle polveri disperse nell’aria».
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