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Lo studio è stato affidato al data analyst Antonio Poggi

Otto anni di benzene in aumento a Taranto nel quartiere Tamburi

La retta di interpolazione statistica, ottenuta con l’utilizzo del software Omniscope, indica una concentrazione crescente del benzene nel quartiere Tamburi dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2023. Un fallimento delle politiche sinora attuate per la gestione dello stabilimento siderurgico ILVA.
25 gennaio 2024
Pierfrancesco Albanese

Otto anni di benzene in aumento. Dal gennaio 2016 al dicembre 2023. L’elaborazione più aggiornata resa nota sinora. E anche la più emblematica, a parere di Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink – che ha commissionato l’osservazione dei valori –, per evidenziare il fallimento "dell’ambientalizzazione" di Taranto. Il trend di aumento della concentrazione di benzene negli ultimi otto anni nel quartiere Tamburi di Taranto (centralina Arpa via Orsini)

Lo studio parte dall’analisi dei dati registrati nella centralina di Arpa più vicina allo stabilimento ex Ilva. Quella di via Orsini, affidata al data analyst Antonio Poggi. E il risultato, la retta di interpolazione statistica ottenuta con l’utilizzo del software Omniscope, è netto: una concentrazione del benzene nel quartiere Tamburi con andamento crescente nel periodo considerato. Come detto, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2023. Un trend preoccupante. Che rimarca, a parere di Marescotti, il fallimento delle politiche sinora attuate per la gestione del siderurgico.

«Dall'evidenza del grafico – afferma il presidente di Peacelink - si ha la netta conferma dell'aumento del benzene nel quartiere Tamburi di Taranto negli ultimi 8 anni. È la conferma che la cosiddetta "ambientalizzazione" dell’Ilva è fallita». Come il tentativo di saltare a piè pari – e dissimulandone, anche linguisticamente, la portata – i danni legati all’inquinamento. «La parola ambientalizzazione – spiega - è un termine che abbiamo sempre contestato perché non esiste sul dizionario di italiano ed è stato creato appositamente per gestire linguisticamente il conflitto ambientale dell’Ilva. Hanno cambiato i nomi perché le parole si trasformano in pensieri. Le parole – continua Marescotti - cambiano la nostra percezione delle cose. E la parola ambientalizzazione serviva a sostituire la parola inquinamento. Oggi possiamo dire che la parola ambientalizzazione ha cercato di "camuffare" l’Ilva per renderla accettabile. Ma anche la parola ambientalizzazione si è usurata di fronte all'evidenza dei dati statistici ed è diventata sinonimo di fallimento. Di fronte a questo fallimento anche i sindacati dei lavoratori Ilva ora ammettono un aumento dell'inquinamento per carenze di manutenzione. La lunga marcia dell'ambientalizzazione si è conclusa con un bluff».

Bluff disvelato dal trend in aumento del benzene, cancerogeno associato alle leucemie. Che impone, a detta di Marescotti, una virata nella direzione di una "transizione giusta". Come? «PeaceLink – dice - si dichiara disponibile a collaborare con i sindacati per un confronto finalizzato alla riconversione del sito e per ogni altro approfondimento su questa complessa situazione. Da anni, PeaceLink aveva sollevato l'allarme sulla produzione in perdita e l'insostenibilità del gigantismo dello stabilimento Ilva, non solo dal punto di vista ambientale e sanitario ma anche economico».

La soluzione, per Marescotti, è nell’utilizzo dei finanziamenti europei del Just Transition Fund e si deve basare sugli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Oltre alle disposizioni per le zone di crisi industriale. «Vi è una casistica europea di riconversione e salvataggio del lavoro in queste situazioni. Questi punti di riferimento – precisa - offrono la possibilità di riconvertire le aree inquinanti e di crisi in progetti diversificati e sostenibili, garantendo un futuro migliore per i lavoratori e la comunità».

L’appello è dunque a un fronte comune tra cittadini e lavoratori. Utilizzando gli strumenti introdotti dall’Unione Europea e dall’Onu. Perché, chiude Marescotti, «ora è il momento giusto perché ambientalisti, cittadini e lavoratori Ilva si guardino in faccia e dialoghino per scrivere un piano B condiviso, inclusivo e sostenibile». Lo stabilimento ILVA di Taranto

Note: La smentita di Acciaierie d'Italia

L’aumento nei livelli di benzene non è attribuibile allo stabilimento siderurgico
20/01/2023

Taranto, 20 gennaio 2023 – Con riferimento a quanto riportato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, Acciaierie d’Italia conferma di aver fornito ampia e documentata evidenza ad ARPA Puglia che l’aumento nei livelli di benzene non sarebbe in alcun modo attribuibile allo stabilimento siderurgico, il quale infatti rispetta in pieno i limiti emissivi anche grazie alla completa attuazione delle prescrizioni relative alle batterie di cokefazione (con un investimento di oltre 120 milioni di euro). ADI ha quindi rilevato come nelle circostanze sarebbe ragionevole valutare e verificare se sussistano altre possibili fonti di incremento della rilevazione del benzene. Infine, ADI ha comunque evidenziato che i livelli di concentrazione rilevati nelle centraline in area urbana negli anni 2020, 2021 e 2022 si sono mantenuti ben al di sotto del limite fissato dal D.Lgs. 155/2010.

https://www.acciaierieditalia.com/it/comunicati-stampa/aumento-benzene-non-attribuibile-allo-stabilimento-siderurgico/



Picchi di benzene a Taranto, torna l'incubo delle leucemie infantili

La relazione Asl che ha motivato l’ordinanza del sindaco Melucci: «Rischi aumentati per l’esposizione al benzene»

Nella relazione l’Asl di Taranto ha ribadito l’urgenza di «ridurre nettamente i livelli di benzene in aria» perché l'esposizione dei tarantini agli attuali livelli di concentrazione dell'inquinante, anche se formalmente nei limiti di legge, «non può garantire, secondo le evidenze scientifiche, l'assenza di effetti avversi sulla salute umana». Non solo. Per i bambini l’aumento dei valori di benzene da 1 microgrammo al metrocubo a una concentrazione di 5 microgrammi «determinerebbe - scrive l’Asl - un eccesso di rischio relativo circa del 250 per cento».

Insomma anche sotto la soglia di 5 microgrammi al metrocubo, limite di legge valido oggi in Italia, il rischio di sviluppare malattie esiste. Soprattutto nei bambini. Secondo quanto riportato nel sesto studio Sentieri, pubblicato lo scorso febbraio, si legge che è «evidente come il rischio aggiuntivo di sviluppare una leucemia per i bambini inizi ben al di sotto del limite normativo di 5 microgrammi, in particolare se si considera la leucemia mieloide acuta ovverosia - specifica l’Asl - la tipologia di leucemia maggiormente associata all'esposizione al benzene».

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1400421/picchi-di-benzene-a-taranto-torna-l-incubo-delle-leucemie-infantili.html

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