Assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale verso la Cop30 di Belém

Lottiamo assieme contro il Carbon Mortality Cost

Questa è la relazione letta a nome di PeaceLink all'incontro "Le armi o la vita" che si svolto a Roma. Al centro della relazione c'è il Carbon Mortality Cost della produzione siderurgica.
8 settembre 2025

Roma, lunedì 8 settembre, ore 18:30, Casa della Solidarietà “Stefano Rodotà”


Incontro “LE ARMI O LA VITA” – Assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale verso la Cop30 di Belém, con Sharon Lavigne

a cura della Rete dei Numeri Pari


Amiche e amici,
vi ringrazio per questo invito in un momento tanto importante, dentro un’assemblea che ha già nel titolo una domanda radicale: “Le armi o la vita?”.

Oggi parliamo di collasso climatico, e vorrei portare un dato che ci viene da Taranto, dove da decenni si vive l'impatto inquinante dell'industria pesante sulla salute pubblica.

Un recente studio pubblicato sulla rivista Epidemiologia & Prevenzione ha provato a stimare, per la prima volta, il costo in vite umane delle emissioni di CO₂ prodotte in un solo anno dall’acciaieria di Taranto. Il titolo dello studio è

Il “mortality cost” delle emissioni di CO2 di uno stabilimento siderurgico nel Sud Italia: una valutazione degli impatti sanitari derivanti dal cambiamento climatico

Ebbene, le emissioni dichiarate nel 2020 – circa 8,3 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente – si stima che potrebbero causare 1.876 morti premature nel mondo entro la fine del secolo.

E se lo stabilimento producesse a carbone per altri dodici anni - come prevede l'attuale autorizzazione integrata ambientale (AIA) - la stessa quantità di CO₂, il risultato darebbe drammatico a livello planetario: oltre 22 mila morti premature attribuibili, distribuiti tra il 2020 e il 2100.


È la prova che il cambiamento climatico non è un concetto astratto, ma una questione di vita o di morte.

Lo studio mostra anche un altro aspetto: se nel 2020 le emissioni fossero state ridotte del 50%, quasi mille morti nel mondo sarebbero stati evitati. Questo ci dice che ogni intervento di riduzione è importante e salva vite.

Ma Taranto è anche simbolo di una contraddizione più ampia.


Alla popolazione locale, già esposta a un rischio sanitario documentato da decenni, si somma ora la consapevolezza del peso globale di quello stesso polo industriale. Foto d'archivio - ILVA


Taranto ci parla, dunque, di doppio danno: locale e globale.

E allora cosa propone PeaceLink?


Noi diciamo che i lavoratori dell’ILVA non devono essere lasciati soli. La loro rioccupazione è possibile, se li impieghiamo in due fronti urgenti:

  • nelle bonifiche ambientali di un territorio martoriato;

  • e nelle opere di adattamento e mitigazione necessarie per contrastare la crisi climatica.

Questo piano avrebbe un costo di circa 500 milioni di euro all’anno: una cifra minima se pensiamo che il governo italiano si prepara a destinare 100 miliardi di euro all’anno per il riarmo militare.

In questo senso, Taranto è un laboratorio di giustizia ambientale e sociale: un luogo che ci ricorda come le scelte industriali abbiano conseguenze globali, e come i diritti dei lavoratori e i diritti delle comunità si possano difendere insieme.

Possiamo ancora cambiare direzione.

E allora torniamo alla domanda del nostro incontro: le armi o la vita?
Noi rispondiamo: la vita.

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