L'allarme sulla diossina ignorato dagli eurodeputati
Nel 2001 la Commissione Europea inviò ai parlamentari europei una importante comunicazione in cui si legge che "l' esposizione a diossine e a PCB diossino-simili supera la dose tollerabile settimanale (TWI Tolerable Weekly Intake) e la dose tollerabile giornaliera (TDI Tolerable Daily Intake) in parte considerevole della popolazione europea". La comunicazione è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 17 novembre 2001 ed è rivolta anche al Consiglio Europeo e al Comitato Economico e sociale. E' conosciuta dagli esperti come "strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati" e come tale dovrebbe essere conosciuta anche dagli europarlamentari se non fosse che quelli italiani, ammesso che l' abbiano letta, non sembrano averci prestato la dovuta attenzione. E come abbiamo fatto a scoprire questa storia?
Navigando casualmente su Internet. E' una vicenda tutta italiana di omissioni. Infatti un europarlamentare attento e perspicace avrebbe subito compreso che quella comunicazione esigeva un'amplificazione sui media e presso l' opinione pubblica. Vi si legge infatti che "i prodotti della pesca ed altri prodotti di origine animale rappresentano circa l' 80% delle fonti di contaminazione" e che "le autorità di regolamentazione hanno esternato timori per gli effetti negativi che l' esposizione a lungo termine a quantità anche infinitesimali di diossine e PCB può produrre sulla salute umana e sull'ambiente". L'europarlamentare che si fosse informato un po' di più avrebbe imparato che l'impianto di sinterizzazione di minerali ferrosi più grande d' Europa è ubicato in Italia e precisamente a Taranto. E avrebbe saputo che in Italia ospitiamo la più grande fonte di emissione industriale di diossine e furani d' Europa. Occorreva informare gli abitanti di quella disgraziata città. Ma nulla è stato fatto e nessuno ha mai comunicato ai tarantini che correvano un rischio concreto. A Taranto si facevano pascolare le pecore e le capre attorno all' impianto che effettuava la "sinterizzazione" e i consumatori, ignari di tutto, consumavano i prodotti contaminati da diossine, furani e PCB. Eppure la comunicazione che gli europarlamentari avevano avuto in mano a pagina 11 sottolineava l'esigenza di sensibilizzare l' opinione pubblica con "informazioni affidabili, accurate, chiare e comprensibili". Non solo. Se gli europarlamentari avessero continuato a sfogliare avrebbero letto: "Non basta semplicemente informare l' opinione pubblica: occorre anche coinvolgerla affinché contribuisca in modo attivo alla prevenzione delle emissioni di sostanze contaminanti nell' ambiente". Siamo nel novembre del 2001 e a quella data nessuno a Taranto aveva mai sentito parlare di diossina in relazione all' impianto di sinterizzazione dell'Ilva che ne emetteva in quantità "industriali". Occorrerà aspettare il 2005 per sapere che a Taranto c' è diossina. E a dirlo non è un europarlamentare o uno dei ministri. E' un'associazione di volontariato che scopre i dati di emissione relativi alla diossina.
ALESSANDRO MARESCOTTI
associazione Peacelink
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