Non vogliamo una guerra totale contro la Russia nei prossimi venti anni
Tre fatti recenti ci danno l'idea del futuro che ci aspetta.
Il primo. Il presidente dell'Ucraina ha dichiarato: "Non possiamo permetterci di essere stanchi della guerra".
Il secondo. Una tennista ucraina ha dato la mano a una tennista russa e subito dopo è stata sommersa da una valanga di critiche dei suoi connazionali.
Il terzo. La Nato dice che dobbiamo prepararci a una guerra totale contro la Russia entro 20 anni. E prepara per la fine del mese la più grande esercitazione militare dal crollo del muro di Berlino.
Nato, annuncio choc del Presidente del Comitato militare: «Guerra totale con la Russia nei prossimi 20 anni».
E in un'altra occasione lo stesso alto ufficiale che dirige le Nato ha sottolineato che l'esito di questa guerra in Ucraina determinerà "il futuro del mondo". Una sorta di prova estrema di forza che vincola la Nato a giocare il tutto per tutto.
Di fronte a questo futuro il movimento pacifista deve diventare permanente, organizzato e forte.
Il movimento pacifista deve diventare un contropotere alla guerra, con una forte organizzazione e una grande respiro culturale e ideale.
Dobbiamo essere un contropotere alla guerra di Putin in primo luogo, perché non abbia più a ripetersi quanto è accaduto (e sarà importante la pressione dei paesi non allineati).
Ma dobbiamo essere anche un contropotere alle pulsioni belliche della Nato che, dopo aver teorizzato una "guerra infinita" contro Osama Bin Laden, sta ora teorizzando una nuova "guerra infinita" contro Putin. Se questa è la visione del futuro dell'Occidente noi ci tiriamo fuori. Perché è una visione che non comprende più la parola "dialogo".
Tutti i nostri sforzi devono e dovranno essere orientati ad avere un futuro di pace e di dialogo.
La nostra idea di futuro dovrà essere volta a ricomporre per via diplomatica le controversie internazionali, ripudiando la guerra come prevede la nostra Costituzione.
Come? Rendendo protagonisti i popoli delle scelte attraverso l'autodeterminazione nonviolenta delle scelte territoriali.
I confini non devono separare popoli nemici ma popoli che dialoghino e si stringano la mano.
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