La svolta possibile
Io ho un sogno: alzarmi una mattina, andare sulla veranda che affaccia sul Mar Piccolo e vedere che il mostro non c’è più;
un mostro che ci ha ingannato facendoci credere che saremmo diventati la città del progresso, la città all’avanguardia dell’Europa;
un mostro che ha stravolto l’identità della città avvelenando il mare con i suoi scarichi tossici e l’aria con i suoi fumi di benzopirene;
un mostro che ha divorato vite umane di morti sul lavoro con l’ipocrisia del “mai più così“ e la certezza che tutto sarebbe continuato come prima nell’ottica del massimo profitto e del totale dispregio della vita umana;
un mostro che ci ha fatto credere che il baratto vita-lavoro fosse normale, disgregando la coesione sociale della città e creando conflitti;
un mostro che per lungo tempo è vissuto della complicità di chi sapeva e taceva e magari nascondeva e falsificava i dati scientifici;
un mostro che è vissuto della sofferenza dei bambini oncologici e del pianto e della disperazione dei genitori;
un mostro che è riuscito a fiaccare la resistenza dei Tarentini con il silenzio, le false promesse, i progetti di risanamento mai realizzati;
un mostro che ha stravolto la città stigmatizzandola come città destinata al sacrificio per il bene della Nazione, perché l’Europa non può fare a meno dell’acciaio di Taranto.
Gli occhi di Giorgio Di Ponzio che dal murales di Talsano ci guardano, ci dicono che era un bambino felice, che gli piaceva andare a scuola, incontrare gli amichetti, giocare a pallone, abbracciare mamma e papà e che tutto questo gli è stato strappato.
Per tutti i Giorgio Di Ponzio e gli altri grandi e piccoli che si vedono sfuggire la vita, io dico ai Tarentini che abbiamo il diritto-dovere di riprenderci la vita, di non rassegnarci perché la rassegnazione è l’anticamera della morte, di essere resilienti, di progettare un futuro diverso e possibile. E’ il tempo della svolta.
Le alternative? Sono tante. Basta volerle.
Personalmente proporrei che tutta l’area dell’ILVA diventasse un grande parco di pannelli solari avvalendosi dell’ottima irradiazione solare della città e che un’area ristretta diventasse museo di archeologia industriale.
Un sogno? Forse. Ma sta a noi cittadini volerlo e tradurlo in realtà.
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