Il governo degli Stati Uniti riscrive le regole del diritto internazionale
Israele è entrato con i suoi carri armati in Libano.
E cosa leggiamo?
Che va tutto bene così.
Le operazioni "limitate per distruggere l'infrastruttura di Hezbollah che potrebbe essere utilizzata per minacciare i cittadini israeliani" sono "in linea con il diritto di Israele di difendere i propri cittadini e di riportare i civili nelle loro case in sicurezza". Lo afferma un portavoce del consiglio alla Sicurezza nazionale americano, citato dai media Usa.
Questo riporta oggi sull'ANSA.
Ma siamo veramente davanti a un'azione militare in linea con il diritto internazionale?
Assolutamente no. E vediamo il perché.
Le recenti dichiarazioni del governo degli Stati Uniti e le azioni militari del governo israeliano, che ha ordinato un'invasione del sud del Libano, rappresentano un grave strappo alle norme fondamentali del diritto internazionale. La giustificazione del "diritto alla difesa" non può essere invocata per legittimare operazioni di tale portata, che destabilizzano ulteriormente un'intera regione già afflitta da conflitti protratti.
Il diritto internazionale, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, prevede che il diritto alla difesa sia limitato e proporzionato all'attacco subito. L'articolo 51 della Carta dell'ONU consente agli Stati di esercitare il diritto alla legittima difesa solo in risposta a un attacco armato, e tale risposta deve essere limitata nel tempo e nelle modalità, evitando un'escalation che possa trasformarsi in un'aggressione su larga scala. Le operazioni militari che includono l'invasione di territori stranieri, come sta avvenendo nel sud del Libano, non possono essere considerate difensive ma costituiscono una violazione della sovranità di un altro Stato. E' lo stesso governo israeliano a dichiarare che le operazioni in Libano sono finalizzate a distruggere le milizie di Hezbollah.
Israele ha giustificato le sue operazioni militari in Libano con l'obiettivo di eradicare Hezbollah, un gruppo militante che rappresenta una minaccia percepita per la sicurezza nazionale israeliana. Le recenti tensioni sono state amplificate dall'uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.
Hezbollah non è solo un'organizzazione militare, ma anche un movimento politico e sociale profondamente radicato nella comunità sciita del Libano. Gestisce una vasta rete di servizi sociali, ospedali, scuole e istituzioni caritatevoli, guadagnandosi la lealtà di gran parte della popolazione sciita, soprattutto nelle aree povere del sud del Libano e della Valle della Beqaa. Questo radicamento sociale rende difficile separare il movimento dai civili, complicando qualsiasi operazione militare che miri a colpirlo senza causare gravi danni collaterali.
Quindi questa operazione israeliana in Libano non è unazione militare "limitata" ma è sostanzialmente la fotocopia dell'invasione di Gaza per "eradicare" Hamas.
Si annuncia quindi un allargamento della guerra, un "contagio" da Gaza al Libano con le stesse caratteristiche militari.
Altro che rispetto del diritto internazionale. Altro che operazione "mirata e limitata", come dichiara il governo israeliano.
Questa operazione è talmente pericolosa e indiscriminata che gli stessi caschi blu dell'ONU (i nostri stessi soldati in Libano) si sono rifugiati nei bunker.
Il principio di proporzionalità è centrale nel diritto internazionale umanitario, e qualsiasi uso della forza deve essere limitato a quanto strettamente necessario per neutralizzare una minaccia immediata. Gli attacchi indiscriminati contro centri urbani, come quelli avvenuti a Beirut, non rispettano questi principi e sono punibili come crimini di guerra secondo il diritto umanitario. La sistematica violazione dela sovranità di altri stati da parte di Israele in questa fase del conflitto armato rischia di alimentare un ciclo di violenza senza fine, aggravando le sofferenze della popolazione civile e mettendo a rischio la pace e la stabilità dell'intera area mediorientale. Infatti come farà Israele a parlare della difesa della propria sovranità quando oggi viola la sovranità altrui? Qualunque sia la motivazione, si tratta di una violazione di un confine statate. Cosa gravissima e non ammessa dal diritto internazionale. A meno che non lo si voglia rendere talmente elastico il diritto internazionale da legittimare da qui al futuro le violazioni dei confini "ben motivate".
La legittimazione che il governo statunitense offre a queste azioni non solo mina l'efficacia del sistema di diritto internazionale, ma crea un pericoloso precedente, laddove i diritti degli Stati più potenti prevalgono sul rispetto della legge internazionale.
PeaceLink, in linea con la lettera e lo spirito del diritto internazionale, ribadisce che nessuna sicurezza può essere costruita sulla guerra e sulla violenza. La vera sicurezza passa per il rispetto del diritto internazionale, il dialogo e la risoluzione pacifica dei conflitti. Invocare il "diritto alla difesa" per giustificare un'invasione militare è un abuso che mette in discussione l'intero impianto di pace su cui si basa la convivenza fra le nazioni, obiettivo per cui nel 1945 nacque l'ONU.
È fondamentale che la comunità internazionale condanni fermamente queste azioni e richieda l'immediato cessate il fuoco, facendo appello alle istituzioni internazionali affinché vigilino sull'applicazione del diritto umanitario e dei diritti umani.
PeaceLink continuerà a sostenere e promuovere una cultura di pace, opponendosi senza compromessi a qualsiasi forma di legittimazione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali.
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