Marketing: produrre giornalismo

Il «Corriere» in sciopero contro l'idea del caporedattore-caporeparto. Ma sono i giornali a essere divenuti mero supporto
8 giugno 2006
Antonello Catacchio
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Ieri il Corriere della sera non era in edicola. La motivazione è semplice: l'azienda ha organizzato un seminario rivolto a cinque capiredattori su argomenti che con il giornalismo classicamente inteso hanno poco a che fare ma sono sostanzialmente manageriali. La questione è molto più ricca e interessante di quel che potrebbe apparire a prima vista. Il cdr infatti è insorto non tanto per il seminario in sé dichiarandosi «favorevole al più ampio aggiornamento professionale dei redattori» ma per il taglio della faccenda che parla di «gestione delle risorse umane e gestione delle risorse economiche di un'impresa editoriale, sviluppo tecnologico e sistemi multimediali», specificando inoltre che si devono «vedere i giornalisti come risorse e non come colleghi».
L'idea, più che del direttore Paolo Mieli (che si è tenuto equidistante senza aderire né sabotare sia l'iniziativa che lo sciopero) sembra da ricondurre a Vittorio Colao, amministratore delegato di Rcs Mediagroup. Non è la prima volta che Colao cerca di imporre la sua filosofia aziendalista al Corsera: aveva già cercato di responsabilizzare i capiredattori sui costi delle loro sezioni, considerandoli più prossimi a dei capireparto, ha introdotto alcune novità poco gradite come l'abolizione degli anticipi sulle trasferte (quindi sono i giornalisti che devono pagare, poi chiedere i rimborsi), e notoriamente considera i direttori come fossero dipendenti tout court. La concezione aziendale di Colao è sempre la stessa a prescindere dal prodotto «Un sistema basato sul merito, solo ed esclusivamente sul merito, quindi responsabilità molto chiare, non arzigogoli organizzativi» aveva dichiarato lo scorso anno ricevendo un master honoris causa in business administration. Laddove gli arzigogoli consisterebbero nel fatto che il giornalista dovrebbe fare un giornale e farlo al meglio proprio in relazione allo specifico del prodotto. Vodafone, Ras, Rcs per Colao sono la stessa cosa: aziende che devono produrre profitti e redditività, non importa che si occupino di telefonia, assicurazioni o giornali. Tutto questo inoltre si inquadra in una strategia che intende perseguire anche la Federazione degli editori quando vuole trasformare la figura dei capiredattori, da figure autonome e dipendenti esclusivamente dalla direzione giornalistica, in quadri dirigenti con un mix di funzioni giornalistiche e amministrative/manageriali, come esplicitato nella piattaforma presentata per il rinnovo contrattuale e come sottolineato dal Cdr del Corriere.
Insomma non è più il giornale l'elemento chiave, ma il prodotto multimediale, l'insieme del pacchetto che investe quindi sì il giornale, ma anche i supplementi, gli inserti, l'online, i gadget, i libri, il dvd e quant'altro che diventa prodotto culturale. La vecchia intuizione di Walter Veltroni ha fatto molta strada e da genialata si è trasformata in altro da sé. Il miliardo di euro del fatturato consolidato del gruppo Espresso è determinato per oltre il 20% dai collaterali (libri, dvd, etc), quindi non più gadget, ma sostanza. Sono ormai assolutamente anacronistici quei pezzi che venivano pubblicati con una grafia diversa e la scritta «redazionale» per far comprendere, seppure confusamente, come si trattasse di pubblicità e non di scelta giornalistica. Oggi nessuno vuole i redazionali, il marketing esige un pezzo con tanto di firma che parli di questo o quel prodotto per dare credibilità alla faccenda, Poi, a parte, verrà siglato l'accordo commerciale. Basta sfogliare con un po' di attenzione soprattutto inserti e supplementi. Soprattutto specializzati. Ecco quindi il dettaglio del prodotto, meglio se tecnologico, con tanto di firma accanto a caratteristiche e prezzo di vendita. Più chiaro di così. L'editore Urbano Cairo, nonostante punti al giornalismo popolare, è chiarissimo «è ora che gli editori tornino a occuparsi principalmente delle testate giornalistiche», intendendo che i gadget, per quanto rimpolpino i bilanci, spostano la fidelizzazione. Il vero gadget è il giornale. Come ha detto una signora all'edicolante «vorrei il profumo di xxx» e lui «a che giornale è abbinato?». «Non mi ricordo».

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