Domenica 22, dieci giorni dopo il rapimento, scadrà l’ultimatum dei rapitori: l’Italia ritiri i suoi soldati dall’Afghanistan o Torsello sarà ucciso. Rapito sulla strada da Lashkargah a Kandahar, al reporter era stato sconsigliato di viaggiare in quella zona (lo riferisce la Farnesina): ma quando si dà la vita per diffondere al mondo la verità dei più deboli, quali raccomandazioni si possono seguire oltre quelle del proprio istinto?
Nel 2003, Gabriele Torsello ha pubblicato con Amnesty International un volume fotografico, "The Heart of Kashmir", un viaggio all’interno della guerra che da decenni dilania la piccola regione contesa da India e Pakistan. Alla presentazione del libro, Gabriele, confessando che il soggiorno tra le atrocità del Kashmir gli aveva stravolto la vita, affermava di non aver mai dato per scontata nessuna parola, nessuna ideologia. Un monito per chi accetta la visione bianco/nero del mondo, per chi segue ciecamente verità comode senza verificarle.
Navigando sul suo sito, nella sezione "Kabul daily life", ho trovato questa foto: mi ha lasciato a bocca aperta l’immagine del ragazzino dallo sguardo adulto che trasporta acqua. Vedo partecipazione umana in questo scatto, vedo l’occhio di un padre che osserva commosso la vita difficile di un bimbo che ha più o meno l’età del figlio. L’abbiamo sentito l’altro giorno l’appello del piccolo Gabriele, 4 anni, “Liberate mio papà”. Insieme a quel bambino, ripetiamolo tutti: Liberate Gabriele! Liberate Kash! Il nostro mondo ha un bisogno estremo della sua passione per la verità.
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