Il buio cala in Medio Oriente

Le persone vanno via dalle loro case, proprio come hanno fatto anche a Baghdad.
28 novembre 2007
Robert Fisk
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: The Independent
http://news.independent.co.uk/fisk/article3191532.ece - 24 novembre 2007

E ora dove andiamo? Sto parlando al buio perché a Beirut manca la corrente elettrica. E naturalmente sono tutti spaventati. Si presumeva che oggi sarebbe stato eletto un presidente. Così non è stato. Il lungomare davanti a casa mia è deserto. Nessuno vuole passeggiare vicino al mare.
Quando sono andato a fare la mia solita colazione con manouche al formaggio non c’era nessun cliente al café. Abbiano tutti paura. Il mio autista Abed, che ha viaggiato fedelmente con me in tutte le zone di guerra del Libano, ha ora paura di guidare di notte. Sarei dovuto andare a Roma ieri. Gli ho risparmiato il tragitto verso l’aeroporto.
E’ difficile descrivere come è stare in una nazione che si poggia su una lastra di vetro. E’ impossibile sapere se il vetro si romperà. Quando una costituzione si frantuma – come sta iniziando a frantumarsi in Libano – non si sa mai quando il vetro cederà.
Le persone vanno via dalle loro case, proprio come hanno fatto anche a Baghdad. Io potrei non essere spaventato dato che sono straniero. Ma i libanesi lo sono. Non ero in Libano nel 1975 quando iniziò la guerra civile, ma ero il Libano nel 1976 quando la guerra era in corso. Vedo molti giovani libanesi che vogliono trascorrere la loro vita in questo Paese, che hanno paura, e hanno ragione ad averne. Cosa possiamo fare?
La scorsa settimana, ho pranzato da Giovanni, uno dei migliori ristoranti di Beirut, ed ero in compagnia di Sherif Samara, il proprietario del Mayflower Hotel. Molti degli ospiti che ho avuto nel corso degli ultimi 31 anni li ho mandati al Mayflower. Ma Sherif era preoccupato perché gli ho detto che tra i suoi clienti potevano esserci dei miliziani a servizio di Saad Hariri, figlio dell’ex primo ministro, assassinato – a sentire la maggioranza dei libanesi – dai siriani il 14 febbraio 2005.
Povero Sherif. Non ha mai avuto dei miliziani nel suo hotel. Erano in un edificio accanto. Ma Sherif è talmente libanese che si è offerto di venirmi a prendere con la sua macchina per andare a pranzo insieme. Ha ragione ad essere preoccupato.
Una delle mie amiche, sposata con un medico dell’American Univesity Hospital, mi aveva chiamato due giorni prima. “ Robert, vieni a vedere l’edificio che stanno costruendo vicino a noi”, mi disse. Con Abed andammo a vedere quell’edificio orribile. Quasi non ha finestre. Tutte le sue installazioni sono tubazioni. E’ una prigione militare virtuale. E sono sicuro che sarà proprio questo che diventerà. Questa sera, mentre detto questo articolo, sono seduto sul mio balcone durante un black-out,. Non c’è nessuno in strada. Perché hanno tutti paura.
Cosa può scrivere dunque un corrispondente dal Medio Oriente di sabato mattina oltre al fatto che il mondo in Medio Oriente diventa sempre più buio con il passare delle ore. Pakistan. Afghanistan. Iraq. „Palestina“. Libano. Dai confini dall’Hindu Kush al Mediterraneo, noi –noi occidentali intendo – stiamo creando (come ho detto prima) una catastrofe infernale. La prossima settimana, dovremmo credere nella pace di Annapolis, tra l’insignificante apparatchik americana e Ehud Olmert, il primo ministro israeliano che non ha più interesse in uno stato palestinese di quando non lo avesse il suo predecessore Ariel Sharon.
Ma che catastrofe infernale stiamo creando? Lasciatemi citare una lettera di un lettore di Bristol. Mi chiede di citare un docente dell’univesità di Baghdad, un uomo rispettato dalla sua comunità che racconta una storia di inferno reale. La si dovrebbe leggere. Ecco le sue parole:
“'I cavalieri di A'adhamiya' è una nuova forza che ha iniziato ad muoversi con gli americani per condurli ai militanti di al-Qa'ida e di Tawheed and Jihad. Questa forza di 300 combattenti ha iniziato i suoi raid molto presto all’alba; indossano le loro uniformi e maschere nere per nascondere i loro visi. Durante le loro tappe, iniziati tre giorni fa, hanno arrestato 150 cittadini di A'adhamiya. Il “cavaliere” conduce gli americani da un cittadino che potrebbe essere uno dei suoi colleghi che combatteva contro gli americani al suo fianco. Queste azioni hanno causato una violenza reazione da parte di al-Qa'ida. I suoi militanti assieme a quelli di Tawheed and Jihad hanno tappezzato di striscioni le pareti delle moschee, soprattutto su quelle della moschea dell’Iman Abu Hanifa, minacciando di morte il Partito Islamico, i rivoluzionari al-Ishreen e l’ente amministrativo dei beni religiosi sannita perché questi tre gruppi hanno preso parte nella fondazione dei “Cavalieri di A'adhamiya”. Così sono avvenuti due crimini: uno contro lo staff dell’ente sunnita, l’altro contro il Partito Islamico.
“I militanti di Al-Qa'ida sono sparsi per le strade, bloccano le persone chiedendo le loro carte d’identità… hanno elenchi di nomi. Qualsiasi persona il cui nome appare sulla lista viene rapito e portato in un luogo sconosciuto. Sino ad ora sono state rapite undici persone in via Omar Bin Abdul Aziz”.
L’autore descrive come il suo amico insegnante sia stato rapito e portato in una prigione. “ Mi hanno aiutato a sedermi su una sedia (ero bendato) e qualcuno è venuto e tenendomi la mano mi ha detto: “Siamo Muhajidin, sappiamo chi sei, ma non sappiamo da dove vieni”. Non mi hanno preso il portafogli né mi hanno perquisito. Mi hanno solo chiesto se avessi una pistola. Dopo circa un’ora, uno di loro è venuto e mi ha chiesto di andare con loro. Mi hanno portato in strada dove di trovava la mia macchina e non hanno detto altro. Chi sono dunque i cavalieri di A'adhamiya? Chi li paga? Cosa stiamo facendo in Medio Oriente?
Come possiamo ancora concepire di avere un atteggiamento morale in Medio Oriente se continuiamo a rifiutare di accettare il fatto- reiterato da Winston Churchill, Lloyd Gorge e da tutti i diplomatici statunitensi durante la prima guerra mondiale- che il genocidio armeno sia accaduto nel 1915? Ecco la posizione ufficiale del governo britannico sul massacro di un milione e mezzo di armeni nel 1915: “ufficialmente, il governo riconosce l’energia del sentimento è [lettore, nota “l’energia del sentimento”] riguardo a quello che viene descritto come un orribile episodio storico e considera il massacro del 1915-16 una tragedia. Tuttavia, né il governo attuale né i precedenti governi britannici hanno giudicato che l’evidenza è sufficientemente inequivocabile da persuadere che questi eventi debbano essere considerati un genocidio come è definito dalla Convenzione ONU del 1948 sul Genocidio”. Se non possiamo comprendere la Prima Guerra mondiale, come, in nome di Dio, possiamo comprendere la Terza?

Note: Traduzione di Federica Mei per Peacelink. Il testo è liberamente utilizzabile per fini non commerciali, citando la fonte, l'autore ed il traduttore.

Link al testo originale in inglese:
http://news.independent.co.uk/fisk/article3191532.ece

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