Premio Nobel per la Pace a Maria Corina Machado
«Machado è una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un'oscurità crescente».
La decisione del Comitato Nobel Norvegese, composto da cinque membri nominati dal Parlamento, fa discutere.
Chi conosce i fatti del golpe venezuelano del 2002, a cui Maria Corina Machado ha partecipato, infatti sa bene che quel tentativo di cambio di regime fu una pagina oscura della storia dell'America Latina. Il ricordo va subito per analogia al golpe cileno del 1973 ma nel 2002 il popolo venezuelano, unito e senza violenza, seppe sconfiggere i golpisti con una risposta oceanica che spazzò via i piani organizzati dalla Casa Bianca di allora e dagli industriali a cui era stato sottratto il petrolio, nazionalizzato da Chavez. Di questa storia ce ne occupammo su PeaceLink nel 2002 e il tutto fu rilanciato da Vita con un articolo intitolato: "Venezuela, cosa è successo veramente". Perché, è bene saperlo, le cose non ce le spiegarono bene ma vi fu una narrazione giornalistica volta a far apparire un golpe militare come una festosa rivolta di tutto il popolo venezuelano contro Chavez, il populista.
Il contesto
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Hugo Chávez era stato eletto presidente nel 1998 e poi confermato nel 2000, con l’obiettivo di trasformare il paese attraverso quella che chiamava “rivoluzione bolivariana”.
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Una parte del paese — soprattutto l’élite economica, la Chiesa cattolica, alcuni sindacati e i vertici militari — lo accusava però di autoritarismo, di concentrare troppo potere e di voler instaurare un regime socialista di stampo cubano.
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Dall’altra parte, Chávez godeva del sostegno popolare delle classi più povere, che vedevano in lui il primo presidente che parlava davvero il linguaggio del “popolo”.
L’escalation della crisi
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Marzo 2002: sciopero petrolifero e tensione sociale
Chávez sostituì i vertici della compagnia petrolifera statale PDVSA, provocando proteste e scioperi.
Il petrolio era (e resta) la colonna portante dell’economia venezuelana: colpire PDVSA significava toccare nervi vitali. -
11 aprile 2002: la grande marcia di opposizione
L’opposizione organizzò una manifestazione imponente a Caracas. Doveva terminare davanti alla sede della PDVSA, ma fu deviata verso il palazzo presidenziale di Miraflores, dove si trovavano anche migliaia di sostenitori chavisti.
Il risultato: scontri armati, una ventina di morti e oltre cento feriti. Le responsabilità restano tuttora controverse: entrambe le parti si accusarono di aver sparato per prime. -
Notte tra 11 e 12 aprile: il colpo di stato
Una parte dell’alto comando militare, sostenuta da imprenditori e settori dell’opposizione, arrestò Chávez e lo portò in una base militare.
Venne proclamato un presidente “ad interim”: Pedro Carmona, allora capo della Confindustria venezuelana (Fedecámaras). -
Il “Decreto Carmona”
Carmona sciolse immediatamente il Parlamento, la Corte Suprema e altre istituzioni democratiche. Fu una mossa autoritaria che rivelò i veri fini del colpo di stato. Anche presso molti oppositori di Chávez la situazione apparve molto problematica. È in questo contesto che compare il nome di María Corina Machado tra i firmatari di quel decreto che scioglieva il Parlamento. Lei sostiene di non sapere che cosa firmava, credendo fosse un documento di presenza. Non vi è tuttavia alcuna dichiarazione di condanna del colpo di stato di Carmona da parte della Machado in quei giorni convulsi. -
13 aprile: la reazione popolare
Le masse popolari e i militari rimasti fedeli a Chávez scesero in strada. In meno di 48 ore il presidente fu reinsediato al potere.
Carmona fuggì, molti suoi sostenitori vennero arrestati, altri si rifugiarono all’estero.
Di quei fatti vi furono due opposte interpretazioni. La versione chavista, che denunciò il colpo di stato come un cambio di regime orchestrato dagli Stati Uniti insieme all’élite economica venezuelana supportata da media e da militari. Gli USA effettivamente riconobbero Carmona come presidente per alcune ore, prima di fare marcia indietro.
La versione dell’opposizione parla invece di una “ribellione civico-militare” spontanea di fronte a un presidente che stava violando la Costituzione e reprimendo le proteste.
Gli storici considerano l’episodio un vero e proprio colpo di stato.
Le tensioni sociali e la polarizzazione politica crearono un clima in cui la verità dei fatti fu strattonata a favore della propaganda.
Resta tuttavia la sgradevole realtà: Maria Corina Machado era dalla parte sbagliata, molto lontana da quella democrazia per cui oggi le viene assegnato il Premio Nobel per la Pace.
La Macado non prese le distanze da Bush, che aveva sostenuto il colpo di Stato.
Qui nella foto vedere George W. Bush dare il benvenuto a Machado nello Studio Ovale il 31 maggio 2005, tre anni dopo il golpe. E oggi la Machado dedica il Nobel per la Pace a Trump, in continuità con la sua linea apertamente filo-Bush.
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