Diossine di Taranto: Tipica questione sanitaria di prevenzione primaria
L’ILVA di Taranto, già costantemente al centro della cronaca ragionale e nazionale per i gravissimi incidenti sul lavoro, lo è ancor più in questi mesi perché per la prima volta nella sua lunga storia è stata oggetto, da parte di un organismo pubblico come l’ARPA, di rigorosi controlli sulle sue emissioni. A sollecitarli era stato, come spesso fortunatamente avviene, un movimento di cittadini noto per il suo impegno serio e competente: Peacelink.
I risultati dei controlli hanno un sicuro interesse di carattere ambientale ma ne hanno di certo uno sanitario. Le cosiddette diossine sono infatti implicate nello sviluppo di alcuni tumori maligni ed in questa opera nefasta agiscono a dosi anche molto basse. L’ARPA ha detto chiaramente che la quantità dei 17 tipi di diossine tossiche misurata non può essere confrontata con i limiti previsti dalla vigente normativa italiana che riguarda, in violazione delle più restrittive prescrizioni europee, tutti gli oltre cento tipi di diossine.
Ciò che emerge dalla relazione preliminare è che i dati giornalieri riscontrati sono comunque al di sopra di alcuni multipli dei limiti più alti adottati in Europa dalla Gran Bretagna e di molti multipli oltre il limite adottato dalla Germania e, in Italia, dal Friuli Venezia Giulia cioè 0,4 ng I-TEQ/Nm3. Ma, lo sappiamo, un cancerogeno è un cancerogeno ed agisce senza soglia e cioè anche a dosi bassissime. Portare le emissioni di diossine a Taranto al valore più basso normativamente e tecnologicamente possibile è una necessaria ed urgente azione di sanità pubblica.
Peacelink ci ricorda che a Seveso fuoriuscirono circa 3 kg di diossine in un giorno mentre a Taranto il doppio in 40 anni. Molti si eserciteranno a dirci se sia più dannosa un’azione protratta o una acuta. Una cosa è certa e cioè che non si possono esporre le popolazioni ai cancerogeni in modo generalizzato ed inconsapevole, né attendere di contare i morti per fare le opportune valutazioni ed, eventualmente, pensare ai rimedi. Qui interessa ribadire che sulla prevenzione dei tumori dobbiamo tenere tutti un atteggiamento fermo ed univoco. Questo vale per le sostanze emesse dai poli industriali ed energetici della Puglia (diossine, IPA, arsenico, benzene, amianto, cadnio ecc.) così come per quelle provenienti dal traffico veicolare e dagli impianti termici, domestici ed industriali.
I morti ed i malati di cancro di Taranto, Brindisi, Bari e Manfredonia attendono ancora giustizia e chissà se le responsabilità penali verranno mai riconosciute mentre i risarcimenti in sede civile avanzano tra mille difficoltà procedurali. Queste tragiche storie ci dicono che non è né etico nè legittimo confidare nel risarcimento futuro del danno. Ogni sforzo deve essere compiuto oggi perché le cause ambientali dei tumori siano identificate, localizzate, abbattute ai livelli permessi dalle migliori tecnologie disponibili ed ove possibile eliminate.
Questa dell’ILVA è una occasione da non perdere per fare della vera prevenzione, cioè la prevenzione primaria, quella che riconosce e rimuove tempestivamente le cause dei tumori. E’ un’occasione per la scienza e per la politica di stare dalla parte dell’uomo. In queste ore ci è giunta la dolorosa notizia della scomparsa di Lorenzo Tomatis, l’oncologo italiano che per tanti anni ha guidato a Lione l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, pioniere della prevenzione primaria col suo lavoro di riconoscimento della cancerogenicità di tanti agenti chimici e fisici, un italiano che non riceverà gli onori tributati a Pavarotti nonostante abbia salvato con le sue scoperte tante vite umane.
Uno delle sue ultimissime fatiche è stata una relazione sulle diossine nel sangue dei cittadini di Mantova esposti alle immissioni di un inceneritore industriale. Da lui ci viene un monito pertinente alla nostra situazione: “una prevenzione primaria efficace può essere messa in atto nei confronti di agenti causali prima di conoscerne i meccanismi di azione.
Ricordare questa evidenza di sanità pubblica non significa in alcun modo voler sminuire il valore della ricerca di base sui meccanismi ma solo evitare che la pretesa di avere certezze meccanicistiche e assolute prima di adottare misure preventive divenga un pretesto per dilazionarle e impedirle”. Per Taranto non si cerchino pretesti, ma intanto si cominci con l’abbassare i limiti di emissione di diossine.
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