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Dalla Diossina alle morti bianche, Taranto "capitale immorale d’Italia"

Nuova missiva del Comitato per Taranto a Napolitano

Signor Presidente, ci aspettiamo sia un autorevole intervento nei confronti del “decisore politico” sulle gravi inadempienze generali che interessano l’Italia intera, sia una parola di conforto e solidarietà indirizzata ai sempre più numerosi cittadini oscuri, rigorosi e combattivi, come siamo noi.
9 gennaio 2008
Comitato per Taranto

Signor Presidente,

Giorgio Napolitano Le scriviamo di nuovo da Taranto, “capitale immorale d’Italia, con il suo buco di bilancio mostruoso, i suoi record di diossina presente nell’aria, il suo mare guasto”, ma anche “forse l’osservatorio privilegiato, il paradigma sociale ed antropologico utile a capire anche ciò che accade nel resto del Paese”, come osserva Christian Raimo nel libro “Il corpo e il sangue d’Italia – Otto inchieste da un paese sconosciuto”, edito da Minimum Fax.

La volta precedente, quasi tre mesi fa, insieme ad altre 27 organizzazioni territoriali Le abbiamo inviato una PETIZIONE, centrata non solo sull’urgenza del miglioramento dell’inquinamento ambientale nella città di Taranto, originato in larga misura dallo stabilimento siderurgico di Ilva SpA, ma soprattutto sulle incredibili anomalie ed inadempienze di Parlamento, Governo, Ministeri ed Organismi di controllo in merito all’applicazione in Italia della direttiva europea 61/96/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento. Allora scrivemmo che, a causa di tali inadempienze, “tutte le imprese italiane continueranno ad esercire gli impianti senza impegni di sorta per ridurre l’impatto ambientale. I cittadini continueranno a subire le emissioni attuali senza alcun provvedimento migliorativo. Nessuno si preoccupa né delle conseguenze sulla salute delle persone, né delle sanzioni che la Corte di Giustizia europea potrà comminare, tanto sarà lo Stato a pagare.”

Con grande rammarico constatiamo che le nostre istanze sono rimaste inascoltate ovunque mentre Lei, Signor Presidente, ha dovuto firmare il Decreto Legge n. 180 del 30 ottobre 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 ottobre 2007, recante l'incredibile motivazione di "straordinaria necessità ed urgenza di prorogare il termine massimo di legge che le amministrazioni competenti devono assegnare per l'attuazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale negli impianti esistenti per i quali tale autorizzazione è concessa". E questo dopo che erano trascorsi ben 14 anni dall'emanazione della Direttiva europea 61/96/CE che fissava quel termine massimo entro il 30 ottobre 2007. Sappiamo che contro l’Italia è stata avviata la procedura di infrazione. Fu facile profezia la nostra: sui cittadini italiani graverà, in aggiunta al danno del persistente inquinamento ambientale, anche la beffa della salata multa da pagare.

La Direttiva 61/96/CE è lo strumento cardine europeo per realizzare la riduzione complessiva e integrata dell’inquinamento ambientale e riguarda anche la riduzione dei consumi, l’efficienza dell’uso dell’energia e delle materie prime e “ le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze ”. In tema ambientale, l’Europa ha precisato ulteriormente che per il 2010 occorre “ottenere una qualità dell’ambiente tale che i livelli di contaminanti di origine antropica, compresi i diversi tipi di radiazioni, non diano adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana”.

Alla scadenza dei termini fissati dall’Europa, in Italia non era stata concessa nessuna AIA dall’autorità centrale e solo qualcuna dall’autorità regionale, a dimostrazione della non accettabilità nel nostro Paese delle politiche ambientali, che vede accomunati legislatori distratti, strutture ministeriali ostili, organismi tecnici conniventi ed imprese avide, tutti interessati a mantenere lo statu quo, protagonisti di un inconfessabile ma concreto boicottaggio. In altre parole, per 14 anni in Italia è mancata la volontà politica a perseguire la riduzione integrata dell’inquinamento ambientale, anzi sono state assecondate le sotterranee richieste del mondo delle imprese che optavano per il mantenimento o miglioramento della competitività dei propri prodotti rifiutando di accollarsi i costi indotti dal rispetto della direttiva IPPC, al contrario di quanto avveniva negli altri paesi europei. La cronistoria di quello che è accaduto in Italia dal 1996 ad oggi sulla vicenda della prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento è la cronistoria della magmatica mistificazione pilotata da soggetti molto interessati, favorita dal diffuso disinteresse effettivo per le sorti dell’industria italiana, produttrice di ricchezza ma anche, finora, di ingiurie per l’ambiente, per la salute dei cittadini e per la sicurezza dei lavoratori.

Il resoconto dello scempio generale dell'AIA/IPPC è un inconfutabile atto d'accusa al "decisore politico" ed alla intera classe dirigente di questo Paese. Tutti, Parlamento, Governo, Presidenti della Repubblica, Organi di controllo, Amministrazioni centrali e periferiche, forze economiche e sociali, sono stati conniventi in questa opera di effettivo disimpegno. Hanno agito, o non agito, nel più assoluto disprezzo degli interessi dei cittadini, nel più totale silenzio di singoli parlamentari, della grande stampa e delle grandi associazioni ambientaliste.

Si può essere orgogliosi di essere cittadini di un Paese dove accadono queste cose? Si può accettare l'ipocrisia di quanti hanno mostrato rammarico per la morte di quei poveri disgraziati di Torino? Se per la TyssenKrupp avessero fatta in tempo, come le norme europee ed italiane imponevano, una seria istruttoria IPPC per la concessione dell'AIA, che comportava obbligatoriamente la severa verifica delle condizioni di sicurezza in quello stabilimento, forse quei 7 padri, mariti e figli oggi sarebbero con i loro cari. In quanti hanno capito di essere corresponsabili di quelle morti?

Qui a Taranto, le morti bianche sono frequenti e, malauguratamente, può accadere un disastro analogo a quello dello stabilimento Tyssen-Krupp di Torino, per condizioni di sicurezza inadeguate rilevate anche da una Commissione ministeriale il cui rapporto è "sparito" dal sito delle AIA del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, come abbiamo segnalato al Ministero stesso e alla Commissione Senatoriale di indagine sulle morti bianche. Nella nostra atmosfera, nel nostro mare continuano ad essere immesse quantità enormi di terribili inquinanti, contaminanti di origine antropica, senza che ci sia uno straccio di progetto vero almeno per il loro contenimento.

Signor Presidente, ci aspettiamo sia un autorevole intervento nei confronti del “decisore politico” sulle gravi inadempienze generali che interessano l’Italia intera, sia una parola di conforto e solidarietà indirizzata ai sempre più numerosi cittadini oscuri, rigorosi e combattivi, come siamo noi. A Taranto, comunque, continueremo a fare il nostro sacrosanto dovere di denuncia e sollecitazione per il bene comune della salute e della sicurezza presso parlamentari, ministri, autorità regionali e locali, stampa e televisione, arrivando finanche ad interessare il Commissario europeo all’ambiente e quello alla concorrenza se le Istituzioni nazionali rimarranno inerti o paralizzate.

Le inviamo i nostri più deferenti saluti.

Per il “Comitato per Taranto”

Alessandro Marescotti
Giulio Farella
Vincenzo Quazzico
Giuseppe Mannara
Maria Giovanna Bolognini
Francesco Maresca
Stefano De Pace
Cosimo Semeraro
Giuseppe Cicala
Biagio De Marzo

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