Zone cuscinetto attorno all´Ilva di Taranto
Ma il ministro delle Risorse agricole Paolo De Castro, non si fascia la testa prima che sia rotta:
«Bisogna fare attenzione alle dichiarazioni avventate».
D´accordo, signor ministro. Tuttavia la situazione ambientale del capoluogo ionico non è rose e fiori. Anzi, tutt´altro.
«Sì, però se dovesse valere l´equazione secondo cui non si potrebbe fare agricoltura nelle vicinanze di impianti industriali, in un paese come l´Olanda dovrebbero smettere di coltivare i campi».
È una consolazione?
«No, è la realtà. E non rendersene conto non significa mettere a repentaglio la vita dei cittadini, la cui salute sta a cuore a chi governa qualsiasi nazione».
Quella dei tarantini, di salute, a quanto pare corre serissimi grattacapi. O no?
«Una soluzione è a portata di mano».
Quale, scusi?
«Dobbiamo puntare a salvaguardare le fasce di territorio attorno allo stabilimento dell´Ilva».
Cioè?
«Vietare qualsiasi coltivazione e che gli animali bruchino disinvoltamente l´erba di quei siti. L´Unione europea del resto vuole fare scattare un provvedimento di questo tipo per le aree a destra e a sinistra delle autostrade. Le chiameranno zone cuscinetto».
Non per questo, forse, diminuirebbe la concentrazione di diossina e il timore di ingurgitarla mentre beviamo latte e condiamo con l´olio un´insalata.
«Lo so, la diossina fa paura a tutti».
Sarebbe difficile immaginare il contrario.
«Ma i pugliesi così come tutti quanti gli altri italiani devono sapere una cosa». Probabilmente più di una se vogliono evitare d´inciampare nei malanni provocati dai veleni e di essere le vittime di conseguenze disastrose. «Diciamolo una volta per tutte: la diossina è presente in tutti i nostri alimenti. Da sempre».
Quindi, lamentarsi è inutile?
«No, è stupido farci del male e dimenticare di usare l´arma del buon senso. Spiegatemi come sia possibile che i rifiuti solidi urbani o chissà quant´altro, possano impunemente inquinare i prodotti alimentari».
Già, non dovrebbe essere né possibile né tollerato.
«Non vorrei che la sindrome della mozzarella di bufala colpisse pure Taranto. Non c´è alcun rischio. Bisogna pensare in questa fase a rassicurare i consumatori e a rilanciare i consumi: in Campania come in Puglia. Occupiamoci di tornare al più presto a una situazione di normalità».
A Taranto nel frattempo c´è perfino qualcuno che lavora per organizzare un referendum attraverso cui sentenziare la morte del siderurgico.
«Il sogno post-industriale... È legittimo, ma tutti devono restare con i piedi a terra. Taranto è una città ricca grazie all´Ilva, dove si contano migliaia di occupati. Occupati che non possono dissolversi nel nulla dalla sera alla mattina: vivremmo, come pugliesi, una condizione drammatica. Piuttosto dobbiamo e possiamo muoverci per fronteggiare i pericoli con i mezzi e gli strumenti che abbiamo a disposizione. Senza criminalizzare nessuno. Soltanto in questo modo la gente riuscirà a comprendere, serenamente, quello che accade».
Intanto, ieri altri due campioni di latte (uno per una nuova verifica nella stessa azienda il cui primo campione aveva dato esito positivo) ed uno di ricotta in altre due aziende della zona di Statte. Ma, dopo il latte alla diossina e Pcb prodotto dalle pecore e dalle capre lasciate al libero pascolo nelle campagne tra la grande industria e Statte, ora si indaga anche sull'olio.
E' stata, infatti, individuata ieri l’azienda produttrice di olio d’oliva alla quale sono state trasportate le olive raccolte in un oliveto che insiste sempre nell’area a ridosso della zona industriale. Un campione è stato prelevato ieri nell’azienda individuata dagli ispettori del Servizio di igiene e sicurezza degli alimenti dell’Asl - come conferma il direttore del Dipartimento di prevenzione, Michele Conversano - e spedito, insieme ai nuovi campioni di latte e ricotta, all’Istituto zooprofilattico di Teramo. Lo stesso che sta eseguendo in questi giorni le indagini sulle mozzarelle di bufala prodotte in Campania. I risultati delle analisi sull'olio potranno essere pronti nella prossima settimana.
Il rischio diossina nell’olio dovrebbe essere, però, inferiore rispetto alla possibilità di trovare queste sostanze nel latte e nei derivati, spiegano gli ambientalisti di Peacelink che per primi hanno lanciato l’allarme diossina nel formaggio, dopo aver ricevuto riscontro positivo in un campione fatto analizzare. Il fenomeno di bioaccumulazione, che favorisce il deposito di diossine nelle sostanze grasse, è tipico degli animali attraverso cui le diossine entrano nella catena alimentare. Questo però non vuol dire che le olive non siano esenti da rischi alcuni. Più frequente, infatti, come sarebbe già emerso in precedenti indagini, che l’olio pugliese sia influenzato da Pcb (policlorobifenili) e soprattutto dagli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici), tra cui il benzoapirene.
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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