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Taranto, una legge regionale contro il degrado

Una legge pensata per Taranto. Uno strumento individuato per «rigenerare» la Città vecchia. No, non è azzardato affermare che la legge regionale approvata lo scorso 29 luglio sia stata scritta su misura per il Borgo antico di Taranto.
8 settembre 2008
Fabio Venere
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

- TARANTO - A confermarlo è proprio l’assessore regionale all’Urbanisti ca, Angela Barbanente. «Sì, ha proprio ragione - risponde così alla «Gazzetta» - alcune significative parti di questa legge sem brano cucite addosso alla Città vecchia di Taranto così affascinante, così ricca di potenzialità ma così tanto abbandonata da decenni di incuria.

Soprattutto negli Anni Novanta quei vicoli sono stati dimenticati. Che scellerati! Basti pensare, solo per un attimo, con quale cura in altre nazioni europee si conservino e si valorizzino aree di minore in teresse storico ed artistico ri spetto alla Città vecchia». Poi la stessa Barbanente aggiunge un altro particolare. Un tassello che autorizza a pensare che questa legge sulla «rigene razione dei centri urbani» sia stata scritta pensando anche al degrado in cui ci imbatte oltre passando il ponte Girevole.

«Sì - conferma - a giugno, nei miei uffici a Bari, ho incontrato l’assessore comunale al Restauro della Città vecchia, Lucio Pierri e l’architetto Franco Blandino, padre del piano particolareggia to sulla Città vecchia che porta il suo nome». L’esponente della giunta Vendola conosce Blandi no «da più di vent’anni, abbiamo fatto parte dell’Istituto naziona le di urbanistica e poi ci acco muna una cultura orientata al recupero del patrimonio esisten te. E’ un professionista - sottolinea l’assessore regionale - serio e stimato. Il suo piano, all’epoca, fu studiato in molte Università italiane ed europee. Era rivoluzionario per quei tem pi». Blandino è persona notoria mente schiva agli onori della cronaca e, quindi, ha garbata mente rinviato un’intervista a quasi quarant’anni dal suo pia no (fu elaborato nel ‘69). Per que sto, è ancora l’assessore Barba nente a descrivere «l’architetto Blandino come una persona, da un lato, sconfortata per aver visto in questi decenni il suo piano solo parzialmente (molto parzialmente) applicato e, dall’al tro, pronta ad accettare nuove sfide». Per amore della Città vec chia, naturalmente. Già, anche perchè (come sottolinea l’asses sore Pierri) il noto professioni sta non ha voluto incarichi o consulenze retribuite.

Tornando alla legge, la Regio ne intende promuovere la riqua lificazione di parti significative di città e sistemi urbani con in terventi organici di interesse pubblico. I programmi si fonda no su un’idea-guida di rigene razione legata ai caratteri am bientali e storico-culturali dell’ambito territoriale interes sato, alla sua identità e ai bi sogni e alle istanze degli abitanti. In particolare, l’obiettivo del la legge è quello di definire un insieme coordinato d’interventi per affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e di sagio socio-economico che includono problematiche ambientali, sociali, urbanistiche. Rileggendo questi sette articoli si ha netta la percezione di una buona legge ma, verrebbe da dire, anche Urban II prospet tava un buon quadro d’interventi eppure a parte la ristruttu razione dei palazzi storici la situazione non è cambiata di molto.

«Questa legge - controreplica l’assessore Barbanente - deve far uscire le aree periferiche ed i centri storici dalla straordina rietà. Ecco, un luogo così degra dato come la Città vecchia di Taranto deve avere una risposta organica con una strategia mirata. In questo, si misurano i limiti di Urban. Per attenuare il disagio sociale, per esempio, cercheremo di inserirci nei fondi strutturali 2007-2013».

E’ sempre l’assessore regionale all’Urbanistica ad illustrare le linee-guida di questa legge. «I rapporti pubblico-privato ven gono disciplinati meglio. Ci sono degli incentivi per i privati che intervengono per risanare il patrimonio edilizio abitativo (de stinandolo principalmente all’edilizia residenziale sociale oppure favorendo l’insediamento di strutture turistiche, culturali, commerciali, artigianali) o per migliorare le condizioni am bientali o sociali della zona (eli minando le barriere architetto niche, sostenendo l’istruzione). I comuni - possono ridurre l’Ici o altre imposte comunali e gli oneri di urbanizzazione secondaria. I comuni, infine, possono cam biare - conclude l’assessore - destinazione d’uso di immobili di smessi».

Assessore Pierri: «Gli stabili privati restano la nota dolente»

«La vera nota dolente, in effetti, resta quella degli immobili privati che versano sempre di più in condizioni di degrado. Abbiamo alcune strade, alcune ipotesi da valuta re».

Lucio Pierri, assessore comunale al Recupero e Restauro della Città vecchia, riflette su quella che può essere considerata la «madre di tutti i problemi». Assessore, la situazione degli immobili privati resta difficile. Una nota dolente. «Già, è proprio così. Abbiamo, come ho già detto più volte, un osta colo davanti quasi insormontabile che si chiama multiproprietà. Ci sono immobili della Città vecchia, ormai fatiscenti e degradati, che hanno anche 40-50 proprietari. Ci sono eredi che magari risiedono anche in altri Paesi europei o in Argentina che sono comproprietari di immobili. E così, per noi è davvero difficile intervenire. Sino a quando contattiamo tutti questi proprietari passano mesi».

D’accordo ma cosa può fare il Comune per ristrutturare questi immobili privati? «Ripeto, abbiamo alcune strade davanti. L’assessore regionale all’Assetto del territorio, Angela Barbanente, mi ha promesso l’approvazione di una legge regionale grazie alla quale potrebbero essere previsti dei contributi economici per il rifacimento delle parti portanti degli immobili de gradati. Si tratta, peraltro, degli interventi maggiormente costosi. Il Comune, però, potrebbe seguire anche un’altra strada».

Di cosa si tratta? «Potremmo proporre ai privati di ristrutturare degli immobili de gradati di proprietà comunale dando loro quale contropartita una parziale cessione degli stessi edifici. Faccio un esempio, un privato ci ristruttura a sue spese 10 appartamenti e così ne ottiene in cambio 2. Ecco, in questo modo, l’edilizia privata potrebbe essere spinta ad intervenire finanziaria mente ed il Comune (senza spendere un euro) avrebbe degli immobili ristrutturati per uffici comunali o abitazioni». L’edilizia residenziale pubblica è un altro ostacolo da superare. «Posso annunciare che, con fondi Erp, potremmo ristrutturare il comparto di via Nuova. Sono circa 28 alloggi».

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