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Il rifiuto del problema, obiettivo rifiuto zero

Il WWF di Taranto è fortemente preoccupato per l’annuncio dell’AMIU circa la rimessa in funzione dell’impianto di incenerimento dei rifiuti e ne esprime la propria contrarietà.
23 marzo 2009
Gaetano Barbato (WWF TARANTO ONLUS)

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Nel prendere atto degli sforzi che l’Azienda sta facendo per cominciare a porre le basi per un virtuoso sistema di smaltimento dei rifiuti, il WWF ritiene che sia palesemente errata la strada che prevede, anche se, come dichiarato, l’utilizzo dell’inceneritore o termovalorizzatore ne rappresenterebbe solo l’ultimo stadio.

E’ ormai noto che l’inceneritore, oltre a comportare costi notevoli che ricadono sulla collettività, rappresenta un moltiplicatore di rifiuti, di cui, ancor peggio, aumenta la pericolosità e le difficoltà di smaltimento.


I materiali di risulta sono infatti classificati come rifiuti speciali, e come tali richiedono adeguati trattamenti: ceneri, carboni attivi, fanghi, concentrano cloro, fluoro, zolfo, metalli tossici, ossidi di azoto, ecc. e contengono composti pericolosi, generatisi nel processo di combustione, si tratta quindi di inquinanti come diossine, furani, PCB, fenoli, ecc., non presenti in origine nei rifiuti, estremamente persistenti e bioaccumulanti, che numerose statistiche mostrano aver causato danni sanitari molto rilevanti. Pertanto questi materiali vanno riposti in discariche per rifiuti pericolosi.

L’inceneritore quindi, oltre ad essere uno strumento economicamente non conveniente, non evita la discarica, ma anzi richiede il ricorso a discariche speciali, la cui localizzazione e gestione presenta difficoltà notevolmente superiori rispetto a quelle per rifiuti urbani.

Né esso può essere considerato un mezzo per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto: i rifiuti non sono una fonte rinnovabile di energia e la loro combustione non abbassa le emissioni totali di CO2.

E’ evidente che non esiste nessuna soluzione tecnica che possa efficacemente far fronte allo smaltimento del quantitativo di rifiuti prodotto attualmente, a causa di un modello sociale che riduce il ciclo di vita delle cose con la pratica dell’”usa e getta”.

L’eccessiva produzione di rifiuti e l’eccessivo consumo di risorse non rinnovabili sono le due facce insostenibili dello sviluppo delle società industrializzate. La consapevolezza che le risorse ambientali non sono illimitate e che non può essere illimitata neppure la possibilità di accumulare rifiuti deve indurci ad affrontare con un approccio unitario queste sfide fondamentali.

Le frequenti situazioni di emergenze che caratterizzano soprattutto le aree dell’Italia meridionale sono il segno tangibile di politiche sbagliate, che mirano più ad accontentare l’industria dell’incenerimento, economicamente vantaggiosa per pochi soggetti, che a porre le basi per una corretta gestione dei rifiuti.

Nessuna seria soluzione può prescindere da una forte politica di riduzione dei rifiuti all’origine. Affrontare a monte il problema significa entrare con spirito critico nella logica che ha portato il nostro sistema economico all’aberrante esaltazione dello spreco di materiali ed energia, considerandolo addirittura una misura del benessere.

Siamo convinti che i fondi utilizzati per il ripristino dell’impianto andavano spesi per avviare una massiccia campagna in favore di quella tanto auspicata raccolta differenziata “porta a porta”, che ormai contraddistingue le economie dei Paesi più evoluti.

Né siamo convinti che l’inceneritore avrà una funzione da ultimo stadio, proprio in virtù delle cospicue risorse economiche investite, anzi esso costituirà una barriera nei confronti degli sforzi di riduzione e riciclaggio.

E’ ormai giunto il tempo che il nostro territorio si liberi di industrie che inquinano e provocano morte; ben vengano gli imprenditori capaci di cogliere le opportunità offerte dalla rivisitazione delle economie, provocata dalla crisi finanziaria mondiale, con la creazione di attività industriali innovative e rispettose dell’ambiente.

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