«A Taranto rischiamo lo stop ai controlli sulla diossina»
 
 
Alessandro Marescotti, Peacelink è preoccupata. Il direttore dell’Arpa Assennato denuncia la carenza di personale dallo scorso aprile. Perché, secondo voi, l’allarme è serio?
«Perché i controlli sulla diossina emessa dai camini Ilva vanno fatti attraverso lo spettrometro. L’apparecchiatura, acquistata dalla Provincia, viene messa in funzione da due tecnici dell’Arpa: un chimico e un tecnico. Tra pochi giorni i loro contratti a termine scadranno e non saranno rinnovati per mancanza di risorse. Perciò l’allarme di Assennato è serio. Senza spettrometro non sarà possibile verificare se l’addizionamento di urea, attraverso l’impianto costruito dall’Ilva, ha ridotto effettivamente le emissioni portandole ai livelli previsti dalla legge regionale. Così si trasforma in una beffa la stessa legge per la quale sono scesi in piazza migliaia di tarantini».
Ma fu proprio Assennato a dire che l’aiuto sarebbe giunto dall’Ispra, l’organismo tecnico del ministero dell’Ambiente.
«L’Ispra non è attrezzato. Ci sono tetti alla spesa pubblica imposti dalla Legge finanziaria di Tremonti e Brunetta. E’ assurdo pensare a vincoli per l’ambiente. L’Arpa è sottodimensionata. Che dice la Regione? Che dice il sindaco Stefàno? Abbiamo parlato con l’assessore provinciale Michele Conserva ed abbiamo fatto presente la grave situazione del laboratorio diossina dell’Arpa di Taranto. Cosa vuole che dica, noi continueremo la nostra battaglia perché Assennato non sia lasciato solo e perché l’Arpa non torni ad essere uno scatolone vuoto, ma occorre l’impegno di tutti».
E le risorse?
«Prima mi faccia dire che bisogna fermare gli sprechi e non porre vincoli ai controlli vitali per la salute e per l’ambiente. Si risparmi sulle missioni dei militari all’estero, sull’acquisto dei bombardieri F 35, non sulle analisi della diossina».
Qualcuno potrebbe chiedere: la Regione Puglia dov’è?
«Recentemente si è parlato di due milioni di euro per l’Arpa da parte della Regione. Si è detto: finalmente i soldi assegnati all’Agenzia per l’ambiente. Ma sembra che non sia vero, anzi. L’Arpa si dibatte nelle difficoltà che sappiamo: a corto di uomini e di fondi al punto di non poter rinnovare i contratti. Possiamo dire che la questione dei due milioni di euro è una bufala».
E il presidente Vendola? E l’assessore al Bilancio, il tarantino Michele Pelillo?
«Già, Vendola e Pelillo. Chiediamo alla politica di risolvere i problemi e in campagna elettorale di dimostrare la massima serietà».
Come?
«C’è un problema di volontà politica? Io dico di sì. In altre regioni l’Arpa riesce a fronteggiare le emergenze, anche quella del personale. Perché in Puglia no? Occorre un tavolo di concertazione che metta insieme gli assessori all’Ambiente, alla Sanità e al Bilancio della Regione. Sì, proprio l’assessore tarantino, l’assessore Pelillo. Ma prima c’è il presidente Vendola. In questi momenti di campagna elettorale bisogna ricordare i problemi e non dimenticarli né agitarli in maniera propagandistica. Rischiamo di vanificare la battaglia fatta, di perdere posizioni acquisite. Ecco perché devono muoversi tutti in maniera corale. E’ impensabile non trovare le risorse per rinnovare i contratti all’Arpa. Così si abbandonerebbe la trincea, si fuggirebbe di fronte al nemico inquinamento...».
...Che però diminuisce. C’entra il calo di produzione all’Ilva?
«In questo momento ci sono meno emissioni, è vero. Ma la diossina, come le sostanze radioattive, non è biodegradabile e si accumula nel tempo. Se le emissioni annue oggi sono cinque volte inferiori rispetto a quelle del 1970, sono però aumentate complessivamente, invece, dal 1970 in poi proprio per la logica di accumulo. E' importante avviare il campionamento in continuo della diossina prodotta dai camini dell’Ilva. In questo modo si eviterebbe anche al personale Arpa di lavorare a singhiozzo, una settimana sì e una no, con un enorme spreco di danaro. Il campionamento in continuo costerebbe meno e consentirebbe di vigilare su diossina, mercurio, idrocarburi, pcb e i cosiddetti “transitori”, cioè le disfunzioni degli impianti che producono le “nuvole viola”. Ma l’Ilva, che paga i monitoraggi, preferisce quelli settimanali pure più costosi. Perché?».
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