Taranto come Gela: è caccia all’arsenico
TARANTO - L’Università di Bari a «caccia » di arsenico dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi dagli ambientalisti di Peacelink. I fondi ci sono o ci sarebbero secondo Giorgio Assennato direttore dell’Arpa: «Analisi sui cittadini per accertare la presenza della sostanza inquinante (prelevando campioni di urina, ndr). Le risorse finanziarie alle quali attingere potrebbero essere quelle del Dipartimento di Medicina del lavoro; l’Arpa in questo caso non c’entra». Assennato chiarisce che l’idea ha bisogno di irrobustirsi «attraverso il confronto con l’Università».
Per effettuare le analisi occorre, però, una richiesta da parte del Comune di Taranto. Gli ambientalisti di Peacelink si sono già rivolti al sindaco Ezio Stefàno segnalando i rischi derivanti dalla presenza inquinante delle grandi industrie. Peacelink ha incalzato Stefàno oltre la diossina, ricordando la sua veste «di supremo garante della salute dei cittadini» e gli effetti su uomo ed ecosistema dei metalli oggetto di studio: arsenico, mercurio, piombo. Gli ambientalisti ricordano: «Sono alcune delle sostanze emesse nella zona industriale di Taranto».
Il sindaco non può restare a lungo in silenzio. Qualche settimana fa una sentenza del Tar d Lecce, accogliendo il ricorso di un altro gruppo ambientalista, il comitato «Taranto Futura», ha intimato a Stefàno a prendere i provvedimenti necessari a tutelare la salute dei cittadini entro 90 giorni pena la nomina di un commissario ad acta e il reato di omissione di atti d’ufficio dietro l’angolo. Nella lettera inviata al sindaco qualche giorno fa, i leader degli ecologisti, Alessandro Marescotti e Biagio De Marzo, rammentavano le ricerche del Cnr e dell’Oms: a Gela, in Sicilia, dove è massiccio come a Taranto l’insediamento di industrie, i dati allarmanti giungevano proprio dalle tracce di arsenico nei campioni di urine: «Una presenza del 1600 per cento oltre il limite».
Secondo gli ambientalisti, «le analisi compiute sugli abitanti di Gela devono essere effettuate anche su quelli di Taranto perché la città ha subito un’industrializzazione selvaggia con una presenza poliedrica che va dall’acciaio al petrolio fino al cemento e alla produzione di energia. A Gela le emissioni stimate di arsenico sono di 264 chili mentre a Taranto ammontano a ben 1116 chilogrammi all’anno secondo i dati del registro Ines».
Sulle analisi e sul rischio arsenico il direttore dell’Arpa Giorgio Assennato puntualizza: «Dico sì al monitoraggio, ma non credo che a Taranto si sia di fronte a un caso paragonabile a quello di Gela. Ci sono dati raccolti recentemente dall’Ispesl che lo confermano». Assennato si riferisce alle indagini compiute nel 2007 secondo le quali l’esposizione all’arsenico di lavoratori dell’Ilva e cittadini risulta «nei limiti» o addirittura «al di sotto dei limiti» previsti dalle organizzazioni internazionali. I campioni di quella indagine: 195 lavoratori dell’impianto siderurgico, 105 cittadini residenti in prossimità dello stabilimento Ilva e 144 a residenti a 20 chilometri dall’impianto. Gli ambientalisti di Peacelink tuttavia insistono: «L’arsenico è come la diossina ed entra nel corpo attraverso la catena alimentare. Acqua, pesci, molluschi, crostacei, se le stime parlano di ingenti quantità sversate in mare queste dove vanno a finire?».
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