Cassa integrazione senza sussidio "Così torniamo a lavorare in nero"
La disoccupazione sta esplodendo: su 200 mila abitanti, 22 mila sono i senza lavoro. Da gennaio ad agosto - secondo gli ultimi dati dell'Inps - le domande per ricevere l'indennità di disoccupazione sono cresciute del 52 per cento. I metalmeccanici in cassa integrazione, compresi quelli dell'Ilva (quasi cinquemila) sono poco più di diecimila. Un terzo dell'industria metalmeccanica "è in ginocchio", sostiene Beppe Lazzaro, segretario generale della Fim-Cisl locale.
Il futuro, come il presente, dipende molto dall'Ilva di Emilio Riva, che ha riaperto da pochi giorni l'altoforno numero 2, che sta gradualmente recuperando gli ordini dopo una discesa della produzione fino al 30 per cento e un'impennata del ricorso alla cassa integrazione. Il mercato mondiale dell'acciaio sembra dare segni di risveglio, ma questa è una ripresa lenta, molto lenta.
E allora come si fa a vivere senza soldi, pur con lo status di cassintegrato?
Pasquale Richella ha 44 anni, anche lui operaio, racconta che in casa ora entrano solo 600 euro, quelli che prende la moglie, addetta alla pulizie in una scuola. 600 euro al mese che servono per pagare il prestito che hanno con la banca. Poi? "Faccio dei lavoretti, quello che capita". La verità è che dietro la cassa integrazione che non arriva o che è insufficiente per sostenere tutte le spese, riemerge il nero.
Una sorta di "sommerso popolare", fatto nelle piccole, piccolissime imprese. Quello dei lavoretti, appunto. Che un tempo facevano, per fare esperienze, i ragazzi e che ora cercano gli over 40, già segnati dai ritmi e dai fumi della fabbrica. Li fanno quasi tutti i lavoretti. "Il nero? Hai voglia! Ora è consentito...", sostiene Carmelo Leggeri, 54 anni, dipendente della Eutectique, impresa metalmeccanica di ripristino delle attrezzature sempre all'Ilva, che ha chiesto la cassa integrazione per ristrutturazione. Il che comporterebbe anche qualche investimento, difficile, però, da immaginare quando si è prosciugata la liquidità.
Carmelo riceve un'indennità per un'invalidità permanente causata da un incidente sul lavoro: 500 euro. Spiega che ormai paga solo la bolletta della luce. Punto. Nonostante le banche gli chiedano di rientrare dal rosso. "Mi chiamano, ma io che posso fare?". Ha quattro figli (uno dei quali ha perso il lavoro) che lo aiutano.
Lavoro nero, dunque. Giuseppe Liverano, 46 anni, dipendente della Dbl (montaggi industriali): "Non puoi che arrangiarti. Sei obbligato a lavorare in nero anche se sei a rischio". Lui aiuta qualche carrozziere, perché era quello il suo mestiere. Poi fa l'imbianchino, il muratore. Si va al mercato a scaricare la casse della frutta. Si vive alla giornata e si cercano aiuti tra i famigliari o tra gli amici non in difficoltà. Non si pagano più i debiti. E si vive in casa: il sabato non la pizza ma C'è posta per te con Maria De Filippi. E - per chi può - si ritorna in famiglia, almeno all'aiuto dei parenti. Chi non ce la fa, ricorre a nuovi debiti in una città piena (troppo piena) di agenzie finanziarie. Strozzinaggio.
In questo violento indietreggiare, torna anche la prospettiva dell'emigrazione. D'altra parte è lo Svimez che nell'ultimo rapporto parla di 300 mila giovani che ogni anno dal sud vanno al centro-nord a cercare lavoro e che circa 120 mila di quelli cambia definitivamente la residenza. Fabrice Polito ha 32 anni, è figlio di immigrati. È nato in Francia ed ha già lavorato in Germania e - come dice - "in alta Italia". "Certo che ci penso a emigrare". Ha tre figli e una moglie che non lavora. Aspetta la cassa integrazione, poi si vedrà.
Si torna indietro: dall'occupazione come quella di Valeria Scapati che lavorava alla Dogre, società appaltatrice di servizi comunali, alla disoccupazione. Il Comune - si sa - è fallito. Valeria sarebbe in "mobilità in deroga", ma ha ricevuto l'indennità a singhiozzo. Le avevano anche spiegato che sarebbe stata ricollocata: welfare to work, outplacement, formazione, li chiamano. Nulla. A Taranto - ma non solo - ora è di nuovo il tempo del lavoro nero, prodotto tutto italiano.
Articoli correlati
- Procedura AIA (autorizzazione integrata ambientale) per lo stabilimento ILVA di Taranto
Il Parere Sanitario del Sindaco di Taranto
E’ stato reso pubblico dal Ministero dell’Ambiente il parere con cui il Sindaco di Taranto ha espresso dissenso motivato nei confronti delle prescrizioni dell’AIA contenute nel PIC (parere istruttorio conclusivo) per lo stabilimento siderurgico. Si possono qui leggere le ragioni sanitarie.1 settembre 2025 - Alessandro Marescotti - Acciaierie d'Italia, accertato stato passivo per un valore di 5,4 miliardi euro
I debiti di chi gestisce lo stabilimento ILVA al 2025 ammontano a 5,4 miliardi di euro
Presso il Tribunale di Milano è stata tracciata la mappa dei creditori del Gruppo Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria. E' il quadro complessivo dell’indebitamento fino a ora accertato. - Una traccia di lavoro da precisare e arricchire
Richieste al Sindaco di Taranto in materia di salute pubblica e impatti ambientali
Le richieste avanzate non hanno solo un valore conoscitivo ma anche un forte impatto politico e giuridico. Il Sindaco, quale autorità sanitaria locale, ha poteri in materia di tutela della salute. Ad esempio sarebbe importante che acquisisse i dati del Registro degli esposti a sostanze cancerogene.25 agosto 2025 - Alessandro Marescotti - Resoconto della conferenza stampa del 21 agosto 2025
Tutti i dubbi sulla "decarbonizzazione" dell'ILVA
Incontro a Taranto presso il Convento San Pasquale. Qui vengono condivisi i materiali di informazione per i giornalisti.21 agosto 2025 - Redazione PeaceLink
Sociale.network