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Comunicato di PeaceLink per Corriere del Mezzogiorno

Persiste a Taranto l'inquinamento da PCB: controllate l'Ilva

L'apirolio è un materiale usato in passato e conteneva una consistente percentuale di PCB (policlorobifenili). Si ritiene erroneamente che a Taranto la contaminazione da PCB venga solo dal passato e non anche dal presente.
Fonte: Questo comunicato è stato pubblicato, con adattamenti, sul Corriere del Mezzogiorno il 4 marzo 2010 - 03 marzo 2010

Il Corriere del Mezzogiorno del 3 marzo ("Non c'è solo diossina, il vero pericolo è l'apirolio) riferisce che il PCB “è materiale non prodotto nei processi industriali e nelle combustioni, come la diossina, ma è contenuto in apparecchiature chiuse”. E si chiede “come sia finito nell’erba di cui si sono cibate le pecore finite nel mattatoio”.

L'apirolio è un materiale usato in passato che conteneva una consistente percentuale di PCB (policlorobifenili). Da questa impostazione sembra emergere che il "pericolo" venga solo dal passato e non anche dal presente.

Noi possiamo dimostrare che i PCB continuano a provenire in prevalenza dall’area industriale. Non è vero che l’inquinamento da PCB è terminato a Taranto con la rimozione dell’apirolio dei vecchi trasformatori. Questo è un luogo comune che va sfatato. Abbiamo i numeri per dirlo con chiarezza. Infatti le recenti analisi “ventoselettive” dell’Arpa Puglia sulla masseria Fornaro, richieste da Altamarea, attestano in modo inequivocabile che sono ancora attive sorgenti di PCB provenienti dall'area industriale. Le attuali e persistenti emissioni di PCB risultano prevalenti quando il vento soffia dall’area industriale verso la masseria Fornaro.

I "numeri" dei PCB sono evidenti. Sistema di campionamento ventoselettivo dell'Arpa Puglia. Sullo sfondo il camino E312 dell'Ilva.

I PCB, quando provengono dall’area industriale, sono infatti pari a 61 femtogrammi a metro cubo. Scendono a 19 femtogrammi quando il vento spira in direzione opposta, e va dalla masseria Fornaro verso l’area industriale.

Fin qui stiamo conteggiando i PCB diossina-simili (in totale 12 tipi di PCB).

Se invece consideriamo i 209 PCB totali arriviamo a 6303686 femtogrammi al metro cubo sottovento e a 861499 femtogrammi al metro cubo sopravento. Sarebbe importante che si facesse un’accurata indagine sui PCB appunto perché non sono “scomparsi”, come alcuni erroneamente credono, ma continuano a provenire dall’area industriale. E’ opportuno chiedersi: come mai?

I PCB sono stati ad esempio riscontrati nelle polveri degli elettrofiltri del camino E312 dell’Ilva, nelle deposizioni atmosferiche dei Tamburi e della Masseria Fornaro.

A riprova del fatto che i PCB sono ancora presenti nell'area industriale, va annotato che dalle emissioni convogliate del camino E312 (sulla base dei prelievi Arpa del febbraio 2008) risultano emessi circa 30 chili di PCB totali ogni anno.

Anche i terreni dell’Ilva risulterebbero contaminati dai PCB come da rilevazioni dell’Arpa del 2008-9. C’è quindi informazione a sufficienza per dire che il capitolo dell’inquinamento da PCB è ancora aperto e vanno opportunamente individuate le ragioni della persistente contaminazione nei pascoli. La direzione di provenienza prevalente degli inquinanti, comunque, è ormai accertata. Vedere invece nel deposito ex-Matra la "madre" di tutti i PCB e di tutto l'inquinamento dei pascoli è francamente risibile. Verificare la debolezza di questa ipotesi non è difficile. Basta piazzare un sistema di campionamento ventoselettivo fra la Matra e l'Ilva: chiediamo ai periti della Procura di fare questa prova.


Biagio De Marzo

Alessandro Marescotti

Associazione PeaceLink

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