Hanno preso in ostaggio il nostro futuro, è il momento di farsi sentire di nuovo.
Molti amici di Taranto e di altre zone inquinate d'Italia hanno mostrato entusiasmo per questa idea di tornare in piazza.
Facciamolo, tutti insieme!
Quello che é accaduto a Taranto in questi ultimi mesi è davvero tanto, troppo.
Le tristi conferme sui dati epidemiologici, sulla mortalità in aumento. Il rapporto sui tassi di malattie dei bambini, i cui indici sono drammatici. La morte di Giacomo Campo. L'incertezza di quello che accadrà con la fabbrica, tra audizioni, processo di vendita, incognite pesanti che gravano sul futuro.
Tutto sembra immobile, eppure si muove. In una direzione che non é certamente quella che speravamo. Perché avremmo voluto, a questo punto, a fine 2016, poter contare su una scelta chiara a monte: l'ILVA va chiusa perché nuoce gravemente alla salute e in più è in perdita continua, quindi andiamo avanti sulla strada della riconversione e del cambio di paradigma?
Oppure l'ILVA il Governo la vuole tenere aperta e quindi la rimette a nuovo, chiude gli impianti a caldo, i parchi minerali, impermeabilizza il suolo, e la rende (se ciò sia possibile o meno è una discussione da fare non su Facebook e non in un post, ma richiede un confronto aperto e maturo che mi piacerebbe fare) compatibile con la vita?
Non c'è stata nessuna scelta.
Siamo andati avanti per inerzia, il Governo bloccato in uno stallo ormai endemico che non rende possibile più null'altro che la scelta obbligata di continuare in una non-decisione. Perché nessuno mi venga a dire che l'ILVA la si vuole davvero tenere aperta: se la volontà fosse stata chiara, ci sarebbero stati investimenti e si sarebbe messa in piedi una vera politica di gestione dello stabilimento, per gli anni a venire. Cosa che, mi pare, manchi.
Invece la non-decisione regna. Si va a tentativi. Mentre le persone muoiono, la città soffoca e la crisi sociale a Taranto é in piena esplosione.
Non è mia intenzione affrontare qui il discorso sulle scelte politiche, discorso che pure andrebbe affrontato in modo consono alle sfide che dobbiamo affrontare e con la partecipazione di tutte le forze che esprimono dissenso per la attuale gestione della "res publica". Il mio intento qui è un altro.
Vedo, osservando Taranto spesso da vicino ma anche da lontano, da Bruxelles, che è arrivato il momento di dare un segno tangibile del nostro dissenso. Mi spiego.
Nella mia attività con Peacelink, ho la fortuna di potermi intrattenere con esponenti di diverse forze politiche e di poter parlare di Taranto (nei suoi diversi aspetti) con Commissione e Parlamento europei.
Bene. Ho maturato in queste ultime settimane la convinzione che siamo ad un punto di stallo grave. E che la città deve dare un segno. Che non sarà un segno di svolta (per quello ci sono le elezioni prossime, prima occasione) ma un segno di vita: battiamo un colpo! per dire che ci siamo, che non siamo d'accordo!
Adesso c'è già chi starà pensando che una manifestazione non cambia nulla, c'è chi dira che siamo divisi e che non si potrà fare, c'è chi dirà che non serve a nulla, chi dirà che c'è il referendum e l'attenzione per Taranto non è alta ( come se lo fosse mai stata).
Ma da qui, mentre cerco di fare quel poco che posso per interessare Parlamento, Commissione e rappresentanti di partiti vari alle sorti di Taranto, mentre cerco insieme ai miei amici e fraterni colleghi di Peacelink piccole- grandi risposte che possano portare visibilità al dramma tarantino, vi dico: battiamo un colpo. E' arrivato di nuovo il momento di far sentire che ci siamo!
Propongo alle altre associazioni, a nome di Peacelink, l'organizzazione di una grande manifestazione pacifica con lo scopo di dimostrare il dissenso di Taranto per lo stato di oblio nella quale è stata gettata e per la pessima gestione della questione ILVA.
Hanno preso in ostaggio il nostro futuro, è il momento di farsi sentire di nuovo.
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