Dagli allenatori la riscossa contro il doping

Sandro Donati a Lecce per "I Cento Passi" verso il 15 marzo
15 febbraio 2008

Sandro Donati e don Raffaele Bruno al Coni di Lecce


Ha suscitato l’interesse e la curiosità dei bambini come degli addetti ai lavori, il maestro dello sport Alessandro Donati, il 13 febbraio nel Salento per un trittico di incontri, due volte a Lecce, alle 10 nell’aula magna “Dante” dell’itc Costa e alle 19 presso la sala convegni del Coni, e nel mezzo all’auditorium comunale di Casarano.
Impegnato contro il doping da quasi trent’anni, Donati è divenuto un punto di riferimento di rilievo internazionale, nell’assoluta ed eloquente latitanza di tutti gli attori di qualsiasi livello, sportivo e politico: fondamentali i dossier pubblicati per l’Agenzia mondiale anti-doping (Wada), anche in collaborazione con Libera e la rivista Narcomafie, nonché l’impegno istituzionale presso il ministero per la Solidarietà sociale.
L’esordio dell’incontro in serata al Coni prende tutti in contropiede: “La lotta alla droga è fallita, quella al doping rischia di seguirne le sorti”. A sostegno di tale affermazione lo soccorrono i dati: il progetto europeo coordinato dal Cnr, Espad, sul consumo di alcol, tabacco e sostanze stupefacenti da parte dei ragazzi, dimostra come le dimensioni del fenomeno siano enormi. Tra i consumatori di alcol e tabacco aumenta di sei volte il potenziale consumo di altre doghe rispetto a chi è indifferente ai primi due elementi.
E lo sport, stereotipo di vita sana e regolata, non cambia le statistiche: messi a confronto, i giovani tra i 15 e i 19 anni e gli atleti della stessa fascia d’età restano pressoché nello stesso calderone.
Quali sono le risposte? Per contrastare il doping il grande show dello sport in televisione dedica diciotto ore l’anno, mentre per la droga sono appena sette le ore impiegate: una sproporzione enorme se si pensa che il doping riguarda circa l’1,3percento degli italiani, mentre droga e cannabis raggiungono quota 30percento.
La questione è complessa e coinvolge molti attori: società senza scrupoli, allenatori conniventi, medici e lobbies che perseguono il solo scopo del profitto.
Un'altra questione scottante è proprio quella della comunicazione:“L’altra faccia dello spettacolo-commenta Donati- sta anche in questo: trasformare il doping in prodotto, così lo sport prende interamente sulle sue spalle un carico che non è solo suo”.
Infatti non appena la volontà politica di incidere sul problema si sono avuti seri risultati: il progetto di prevenzione del doping nelle scuole partito nel 2001, nel giro di tre anni ha dimezzato l’entità del problema proprio nella fascia di età più a rischio: 15-19 anni, passando dal 2 all’un percento dei giovani coinvolti.
Ancora una volta le istituzioni primarie della società, in primis la famiglia, risultano decisive e non devono essere lasciate sole. In questo particolare settore, poi, è importante il ruolo degli allenatori, sempre più educatori che hanno una forte influenza sugli atleti e conoscono i punti sui quali fare leva: se il modello è quello di una vittoria a qualsiasi costo, qualsiasi sia l’obiettivo, lo scudetto in A come la vittoria in un torneo amatoriale, è necessario riaffidarsi al senso del limite ed al valore ultimo dello sport, salute e partecipazione.
Significativa la conclusione dell’intervento di Donati: “Non ho interesse a divenire l’allenatore dell’universo, come si fa a dare a dei giovani un veleno che non si darebbe mai ai propri figli? Ho un senso della vita molto più grande, o forse più piccolo e meno ambizioso, per rovinarla con il doping”.

Note: Libera Puglia http://www.liberapuglia.it

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