David McBride: due volte obiettore di coscienza, due volte punito
La vicenda di David McBride ha raggiunto un nuovo, drammatico capitolo: il ricorso dell’ex avvocato militare australiano è stato respinto dall’Alta Corte, chiudendo così l’ultima possibilità di annullare la sua condanna per diffusione di documenti riservati ai giornalisti. La decisione, riportata dalla principale emittente pubblica australiana, la ABC, merita di essere raccontata anche in Italia, dove il caso è passato quasi inosservato.
McBride non è un semplice whistleblower: è un obiettore di coscienza che ha pagato due volte per la sua scelta morale. La prima volta, come altri obiettori, per non aver voluto collaborare ad azioni militari che considerava ingiuste; la seconda, in maniera ancora più radicale, per aver violato i segreti militari, consegnando 235 documenti, 207 dei quali classificati come “segreti”, a giornalisti, con l’intento di denunciare crimini di guerra commessi dalle truppe australiane in Afghanistan. I documenti hanno poi alimentato l’inchiesta della ABC nota come Afghan Files, che ha fatto emergere violazioni gravi sul campo.
La sua condanna è arrivata mentre i responsabili dei crimini non finivano in carcere. Ora McBride deve scontare una pena di cinque anni e otto mesi.
Anche noi pacifisti abbiamo ignorato la dimensione morale del suo gesto: McBride ha agito in obbedienza alla propria coscienza e alla verità, tentando di proteggere il principio che “seguire ordini” non può mai giustificare crimini contro l’umanità, richiamando esplicitamente i principi del Tribunale di Norimberga.
E poi diciamola tutta, l'informazione su questo caso è stata veramente limitata. Il movimento pacifista italiano, salvo rare eccezioni, ha seguito poco o nulla questa vicenda. Forse perché non si è compreso appieno che qui non si trattava solo di un caso di rivelazione di segreti militari, ma anche di un gesto etico radicale: denunciare crimini di guerra dall’interno delle forze armate, pagando il prezzo della legge e della punizione due volte.
Il rigetto del ricorso dell’Alta Corte segna un momento triste per la giustizia e per chi crede nel diritto-dovere della coscienza di parlare e agire contro le ingiustizie. La storia di McBride dovrebbe essere un caso emblematico, un richiamo per tutti i pacifisti: ci sono uomini e donne che rischiano tutto non per notorietà o ideologia, ma per il rispetto della verità e della dignità umana. Ignorare la loro esperienza significa rinunciare a sostenere chi difende la pace anche contro il proprio stesso Stato.
David McBride resta dietro le sbarre a in Australia e non potrà accedere alla libertà condizionata prima di agosto dell’anno prossimo. La sua vicenda, silenziosamente eroica, merita attenzione e riflessione, soprattutto in chi si dice di credere nella pace e nei diritti umani.
https://www.theguardian.com/australia-news/live/2025/oct/09/australia-politics-live-opera-house-rally-palestine-gaza-parliament-senate-estimates-anthony-albanese-sussan-ley-question-time-ntwnfb
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